Kings of Convenience: pace o amore?

Il dilemmatico ritorno dei Kings Of Convenience, vent’anni fa alfieri del New Acoustic Movement

Kings of Convenience - nuovo album
Disco
pop
Kings of Convenience
Peace or Love
Virgin
2021

Caso vuole che a inizio giugno sia uscito nelle librerie britanniche When Quiet Was the New Loud: libro in cui il critico Tom Clayton rievoca il momento magico del cosiddetto New Acoustic Movement, parafrasando nel titolo quello dell’album d’esordio dei norvegesi Kings Of Convenience, che in qualche modo ne costituì il manifesto discografico.

Il duo originario di Bergen torna proprio in questi giorni con il quarto lavoro della carriera, distante esattamente vent’anni dal debutto, interrompendo così un silenzio che durava da Declaration of Dependence, datato 2009. La copertina li raffigura impegnati in una partita a scacchi, gioco che praticano abitualmente: «E vince sempre lui», mi ha confessato di recente Erlend Øye, il più irrequieto della coppia (ricordiamo l’avventura parallela in The Whitest Boy Alive e l’attività da DJ), ormai siracusano d’adozione, mentre il socio Eirik Glambek Bøe è rimasto nella città nativa, dove ha messo su famiglia e con la compagna alleva tre figli.

L’ennesimo calembour coniato per nominare questo disco, dopo la “quiete” come “nuovo baccano” o la “rivolta in una strada vuota”, ponendo in alternativa “pace” e “amore”, allude forse alle differenti scelte esistenziali compiute dagli autori. E del resto “l’amore è dolore e sofferenza”, ammonisce un verso di “Love Is a Lonely Thing”: pensosa ballata nella quale affiora la voce vellutata della cantautrice canadese Leslie Feist, unica intrusa cui i due concedano l’uso del microfono.

Accadde già ai tempi di Riot on Empty Street, nel 2004, quando fecero il botto pure in Italia a suon di “Misread”, anche in quella occasione per un paio di episodi: qui il secondo è “Catholic Country”, dal delizioso andamento di bossa nova, ingrediente impiegato sovente per insaporire la ricetta, consuetudine confermata nella circostanza dall’altrettanto squisito “Angel”. Nel Reame della Comodità in apparenza nulla è cambiato, insomma: canzoncine in punta di plettro, arrangiamenti garbati ed essenziali, un’eleganza informale. All’alba del secolo, insinuandosi alla chetichella tra il fragore elettrico del nu metal e la ruvidezza verbale del rap allora in voga, avevano stimmate da anticonformisti (e perciò divennero un caso), ma adesso?

Ascoltare Peace or Love dà accesso a una “zona di conforto”, tipo l’equivalente sonoro della coperta di Linus: valga ad esempio il brano incaricato del ruolo di apripista, “Rocky Trail”, con guizzante riff di violino e inconfondibile grafia melodica.

Nel testo ricorre intenzionalmente l’espressione “una volta ancora”, che indica sia la rinnovata partnership fra Erlend ed Eirik sia l’“altra possibilità” richiesta e concessa spesso nella vita di relazione. Poiché in definitiva di questo si occupano i Kings Of Convenience, geografi dei sentimenti: “Hai la febbre, perché ti sei divertita troppo con qualcuno che ora se n’è andato, e io non posso prendermi cura di te”, recita l’incipit di un altro dei pezzi forti della raccolta, temperando il risentimento con l’antidoto di una svagata malinconia.

È diverso il punto di osservazione, tuttavia: “Adesso sono più saggio di quando avevo 21 anni”, puntualizza in chiusura “Washing Machine”, avendo distillato in apertura una dose d’ironia agrodolce (“Ho perso il conto di quante volte sono finito inciampando dentro la tua lavatrice, appendendomi ad asciugare per riconquistare un po’ della mia autostima”) anziché buttarla in tragedia per una storia andata a rotoli (“Vattene e trova qualcun altro”).

E allora, cosa scegliete: la pace o l’amore?

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