Zacara rivelato

Zacara da Teramo, sorprendente e originale compositore del tardo Trecento italiano, raccontato da Michele Pasotti e Francesco Zimei

Antonio Zacara da Teramo
Antonio Zacara da Teramo
Articolo
classica

Dopo quattro anni di intenso lavoro svolto da Michele Pasotti con il suo ensemble La Fonte Musica, all’inizio di settembre è stato pubblicato un cofanetto di quattro dischi contenente l’opera completa di uno degli autori più originali della tarda Ars Nova. Si tratta di Zacara da Teramo, un personaggio straordinario sotto tutti i profili, che ha anticipato tecniche musicali e tratti stilistici che sono divenuti comuni nel corso del Rinascimento, e che dominava magistralmente diverse arti e discipline.

 

Antonio Zacara - Enigma Fortuna

Scriba e miniatore, oltre che cantore e compositore, Zacara era nato in Abruzzo, ma si trasferì giovanissimo a Roma, dove divenne maestro della cappella pontificia. Le sue musiche sono sorprendenti per diversi aspetti e grazie a queste incisioni sarà possibile conoscere opere che non erano mai state eseguite in epoca moderna, soprattutto nel campo della sua interessantissima produzione sacra, la quale presenta tratti di osmosi con la sua produzione profana, anticipando quella che nella seconda metà del Quattrocento verrà definita la tecnica della parodia.

Antonio Zacara da Teramo e il suo tempo

Ora la raccolta di saggi a cura di Francesco Zimei pubblicata dalla LIM nel 2004, Antonio Zacara da Teramo e il suo tempo, trova finalmente il meritato e prezioso riscontro sonoro attraverso il quale si comprende l’eccezionale originalità di un musico fuoriclasse nella cui opera si rispecchiano le vicende personali e quelle storiche di cui fu testimone.

Il disco quadruplo è stato presentato ufficialmente durante il Festival di musica antica di Utrecht in occasione del concerto dell’ensemble La Fonte Musica del 4 settembre 2021, ed ha già avuto importanti riconoscimenti internazionali tra cui il francese Diapason d’Or e l’inglese Gramophone Editor’s choice.

In questa conversazione Pasotti e Zimei parlano diffusamente della figura di Zacara da Teramo che è una fonte di continue sorprese e meraviglie poetiche e musicali, e che finalmente si possono ascoltare nella loro interezza.

Quando avete iniziato a interessarvi e fare ricerche su Zacara da Teramo?

Francesco Zimei «L’interesse musicologico è nato all’inizio degli anni Novanta. Ero molto curioso di scoprire chi fosse questo Zaccaria, nome che circolava, ma che non corrisponde al suo nome originario. L’occasione della pubblicazione del codice di Lucca curata da Agostino Ziino, e una serie di articoli, conferenze e seminari, mi hanno consentito di iniziare a capre qualcosa del personaggio. In quegli anni grazie ai contributi di Ziino e soprattutto di Nádas si cominciò a riunire sotto un unico nome il repertorio musicale che era stato attribuito a tre diversi musici. Inoltre mi aveva colpito particolarmente il riconoscimento del suo ritratto nel Codice Squarcialupi: i problemi fisici evidenti nella miniatura hanno contribuito a stimolare la curiosità nei confronti della sua figura. Nel necrologio aprutino si dice che nonostante avesse dieci dita tra mani e piedi, tuttavia scriveva elegantemente».

Francesco Zimei «…mi aveva colpito particolarmente il riconoscimento del suo ritratto nel Codice Squarcialupi: i problemi fisici evidenti nella miniatura hanno contribuito a stimolare la curiosità nei confronti della sua figura…»

Michele Pasotti «Nel mio caso la curiosità nasce dal punto di vista musicale. Sono partito dalla monografia curata da Francesco nel 2004, che faceva il punto della situazione ed è uno strumento indispensabile per chi si vuole avvicinare a Zacara. La sua musica mi è sempre sembrata molto originale. Si tratta di un autore che ha una vasta gamma di registri, da quello comico che possiamo definire basso, a quello sublime delle preghiere più alte, che troviamo nelle parti di messe come Credo e Gloria. L’interesse musicale mi ha spinto alla follia di immaginare di poter eseguire la sua opera omnia, anche perché penso a quanto sono conosciuti i suoi contemporanei, come ad esempio Ciconia, ma per qualità e vastità della sua produzione Zacara non ha nulla da invidiare ad altri compositori. Molte delle innovazioni attribuite a Ciconia, sono in realtà frutto dell’opera di Zacara, perché fino agli anni Ottanta del secolo scorso si pensava che il compositore di Liegi fosse nato prima, ma in realtà è il contrario. In effetti anche la lettura del libro di Apel sulla notazione antica aveva attirato la mia attenzione su di lui, e sul brano che lo studioso considerava come il non plus ultra della complicazione musicale: Sumite karissimi. A suo tempo Apel aveva affermato che fosse possibile eseguirlo solo grazie alle macchine… Un brano con una poliritmia così marcata non si trova fino al XX secolo, e questo ha contribuito a scatenare il mio interesse, perché mi è sempre piaciuta la musica complessa… e anche i tratti biografici eccentrici».

Francesco Zimei «La ballata Deducto sey, era stata attribuita a Ciconia, ma si è scoperto che è di Zacara, grazie ad un trattato anonimo di Vercelli studiato da Maria Caraci Vela. Più vado avanti nei miei studi, e più mi sento attratto dai personaggi eccentrici…».

Zacara, il cui vero nome era Antonio, è vissuto in un epoca di grandi eventi storici.

Francesco Zimei «Zacara è un nomignolo caricaturale, che richiama il personaggio dello Zacchero presente in Basile, ossia un uomo piccolo e brutto. Probabilmente arrivò a Roma verso i tredici o quattordici anni, perché potrebbe essere nato tra il 1362 o 1363. Nel 1391 era già cantore pontificio, e fino al 1406 o 1407 continuò a svolgere anche il compito di amanuense. La sua vita è un manifesto della sua poetica. L’evoluzione dello stile va di pari passo con il suo vissuto che si rispecchia nella sua produzione letteraria e musicale, dove troviamo un’ampia gamma di tecniche espressive. Zacara è vissuto in un’epoca complessa e controversa, l’epoca del Grande Scisma, dal Concilio di Pisa in poi, ed è stato testimone della propaganda pontificia, almeno quella di parte romana. Oggi con un certo anacronismo diciamo che Giovanni XXIII era un antipapa, ma in realtà aveva pieno titolo per essere considerato il pontefice legittimo».

Michele Pasotti «L’aspetto dell’autobiografia in musica ribalta l’idea del Medioevo fatto di personaggi anonimi. Dal punto di vista interpretativo spesso è stata chiamata musica dell’autunno del Medioevo, ma va ricordato che questa definizione di Huizinga si riferisce ad una zona dell’Europa che non ha nulla a che fare con l’Italia. Zacara, Matteo da Perugia e altri autori della tarda Ars Nova, sono immersi in una cultura che ha già visto emergere la modernità che poi si svilupperà nei successivi studi umanistici. L’Ars Nova è una esplosione di vitalità, di colori, di novità…».

Michele Pasotti «L’aspetto dell’autobiografia in musica ribalta l’idea del Medioevo fatto di personaggi anonimi… L’Ars Nova è una esplosione di vitalità, di colori, di novità…»

Si potrebbe definire un umanista ante litteram.

Francesco Zimei «Direi che nel caso di Zacara, si tratta di un umanesimo antiretorico. I suoi testi sono pieni di riferimenti al mondo classico, a Petrarca, a Boccaccio, e le sue impressionanti conoscenze sono usate in senso antiretorico. E’ una scrittura a più livelli, con un sapiente uso dei linguaggi simbolici».

Francesco Zimei «Direi che nel caso di Zacara, si tratta di un umanesimo antiretorico».

Michele Pasotti «Ma insieme alla dimensione alta, c’è anche quella bassa, che è la componente del gioco antintellettualistico. Nel registro comico, c’è una vena tipicamente italiana connotata regionalmente, con espressioni locali. Nel registro che potremmo definire quasi popolaresco c’è una padronanza e una stilizzazione che vanno ben oltre di quella degli autori del suo tempo, ed è simile a ciò che accadrà più avanti con il clima di strambotti, frottole e villanesche».

Francesco Zimei «Ben lo sa dio, composto verso il 1410, circolò poi fino all’inizio del Cinquecento, ed è un fatto quasi impensabile per l’epoca, e caratteristico solo delle musiche di registro popolare che si trasmettono oralmente. L’altro aspetto di questo registro venne reso esplicito da una lettera del vescovo di Teramo, che nel 1463 disse che le sue invenzioni venivano  percepite quasi come oracoli, qualcosa di mitico e leggendario che non si capisce fino in fondo cosa voglia dire, dove vi è un mistero da interpretare...»

Questo ha ispirato il titolo dato alla raccolta discografica delle sue musiche.

Michele Pasotti «Abbiamo intitolato il cofanetto di quattro dischi Enigma Fortuna, perché Zacara ha la tendenza a esprimersi per enigmi, con formule complesse da decifrare. È il tratto inconfondibile del personaggio. La ballata Amor ne tossa non si può celare, la più lunga che abbia mai scritto, e della quale mancava una parte che abbiamo completato, inizia con un motto proverbiale, e dal registro popolare man mano si esprime in modo oracolare. L’autobiografia emerge costantemente con il tema della fortuna, che non è vista come una semidivinità, ma come la propria sorte, di cui parla sempre con una certa dose di autoironia. La troviamo anche in Deducto sey, che descrive la disperazione del momento più difficile della sua vita, ma che ad un certo punto fa sorridere».

Francesco Zimei «A proposito di Deducto sey, va ricordato che Zacara usa il linguaggio dei ciarlatani. Penso al libro di Camporesi, o al dizionario dei ciarlatani quattrocentesco conservato nella Biblioteca Vaticana, dove ‘calcosa’ sta per strada, e ‘marfosa’ per bocca. Pur usando le espressioni ingannevoli dei ciarlatani, la scrittura polifonica di Zacara è molto complessa, e scende nella profondità musicale del registro grave».

Michele Pasotti «È l’ambitus che usa Solage, il do subgrave. La bellezza dei grandi dell’Ars Nova, è la loro capacità e il dominio dell’arte musicale che sono assoluti. Deducto sey parla del punto più basso della sua vita, e l’anonimo trattatista di Vercelli verso il 1420 la cita come esempio di eccentricità riguardo la sua scrittura, perché si muove nel registro grave. In questo caso penso che l’interpretazione debba essere fatta con voci maschili, e quando poi l’autore si dà dello sciocco, utilizza una scrittura con molte imitazioni, con ritmi derivati da quelli delle parole. Il rapporto con la lingua italiana e fra testo e musica è estremamente evoluto e raffinato. Il senso e il significato sono fondamentali e nel punto dove si trovano le parole “sciocco mi par l’aspetto”, la scrittura è singhiozzante ed è il ritmo della prosodia che dà forma alla musica. È qualcosa di molto emozionante. È musica parlante... Nel repertorio arsnovistico, pensiamo al codice di Modena, e in particolare nel caso di Zacara, c’è una grande perfezione nell’allineare testo e musica».

Francesco Zimei «Alla fine potremmo chiamarli madrigalismi. Nel 2005 parlando ad un convegno a Bologna diversi studiosi hanno concordato con me su questa retrodatazione del fenomeno che comunemente viene associato alla polifonia rinascimentale».

Michele Pasotti «La cosa interessante come musicista, è che vi si trovano cose per la prima volta, ma che probabilmente erano già presenti nella musica italiana del Duecento che purtroppo non conosciamo».

Quanto lavoro è stato necessario per eseguire e registrare le musiche così complesse contenute nella raccolta?

Michele Pasotti «Il lavoro si è svolto in collaborazione con Jason Stoessel, il professore australiano esperto di questo repertorio, con il quale mi sono confrontato per le trascrizioni e per le ricostruzioni. Per esempio nel caso del Credo che si trova nel codice di  Cividale, è presente solo una linea, e ho dovuto ricreare le parti del tenor e del contratenor.  Ma ho lavorato anche con Andreas Janke, che si occupa di ricostruzione digitale attraverso l’analisi multispettrale, recuperando parti mancanti dai palinsesti dove la musica era stata cancellata, come nel caso di Be’llo sa dio e State a Dio. Dopo aver preparato una edizione delle musiche a partire dai manoscritti, abbiamo fatto molte prove e diversi concerti, prima di registrare. In un momento come il nostro vale la pena di realizzare delle incisioni che rappresentino un documento. Ma si tratta di un lavoro collettivo, riuscito grazie ai musicisti di La Fonte Musica. Ci vuole dedizione e disponibilità e sono i primi a dover essere ringraziati».

La Fonte Musica
Ensemble La Fonte Musica

Francesco Zimei «Credo che soltanto arrivando a questo livello di profondità si può avere un approccio condiviso. Michele è riuscito a penetrare i segreti di Zacara abbracciando tutto il suo repertorio».

Michele Pasotti «C’è il falso mito dell’anonimato, ma in quest’epoca è già presente il concetto di autore. Pensiamo ad esempio a Machaut che ha potuto curare la sua opera visionando i manoscritti che contengono tutta la sua produzione musicale e poetica. Penso alla scoperta del brano Be’llo sa Dio che è sopravvissuto nel tempo, perché si ritrova mutato, o meglio modernizzato ma riconoscibile, cento anni dopo nello Chansonnier cordiforme. Zacara è l’autore italiano che troviamo più diffuso in Europa, quasi ovunque».

Francesco Zimei «La musica diffusa in Europa è la musica liturgica, soprattutto grazie al Concilio di Costanza, in particolare quella scritta nell’ultimo decennio del Trecento e all’inizio del Quattrocento. Poco dopo diventerà maestro della cappella pontificia, e i nuovi  movimenti di messa che anticipano la tecnica della parodia, circolarono soprattutto in Italia. Il manoscritto Q 15 conservato a Bologna, contiene sia musiche del primo periodo, come un Gloria e un Credo di Zacara incorniciati da un Kyrie, un Sanctus e un Agnus di un giovanissimo Dufay, che certamente conosceva le musiche del collega italiano, sia quelle innovative del secondo periodo…».

Francesco Zimei «Adesso Michele può dire, con una confidenza che nessun altro ha, chi era Zacara. È l’alter ego dell’autore dal punto di vista musicale. Se tra un anno salterà fuori un nuovo pezzo di Zacara, sarà lui a poter dire l’ultima parola. Il musicologo può lavorare quanto vuole, ma il vero banco di prova è quello esecutivo del musicista».

Michele Pasotti «Per me vale anche il contrario. Penso che non sia possibile affrontare bene questo repertorio senza l’ausilio della musicologia. La performance odierna della musica medievale è ancora soggetta a interpretazioni libere. Quando si parla di musica antica si pensa quasi sempre al Barocco, ma a livello di notazione quella della ars nova è più prescrittiva. Ci sono pause, sospiri, e il rapporto testo musica è molto curato. In alcuni casi c’è l’idea utopica di poter scrivere tutto in modo molto dettagliato».

Francesco Zimei «Il Medioevo come categoria residuale e quasi archeologica è falso, e questa precisione non si ritrova per secoli. Zacara nasce come miniatore. Questo senso del dettaglio nasce dalla sua esperienza».

L’autobiografismo è un aspetto importante della poetica di Zacara.

Francesco Zimei «In una parte consistente della sua produzione profana Zacara è un testimone del suo tempo. A volte compone dei sequel, e in alcune sue ballate c’è una continuità. Per esempio in Le temps verrà, che è il manifesto di un concilio abortito, scritto probabilmente nel momento in cui la corte pontificia torna a Roma, verso la fine del brano le due voci divengono autonome e formano un dialogo tra il papa e Zacara in cui il pontefice si fa promettere dal compositore che non si lamenterà più della sua sorte. Questo presuppone che i suoi ascoltatori conoscessero le sue precedenti composizioni. In Nuda non era, che è una composizione incompleta dal punto di vista del testo, Zacara ad un certo punto utilizza le stesse note del passaggio del dialogo tra il papa e il compositore. Il testo parla del contrafactum, e gioca su una rima equivoca per riagganciarsi a quello che aveva detto in Le temps verrà, lamentandosi di nuovo della sorte. Così ci parla sia degli sviluppi della propria vita che degli avvenimenti del tempo».

Michele Pasotti «Musicalmente ci sono dei momenti in cui questo invito alla riunificazione della chiesa diviene un grido, come nel Credo Deus deorum».

Francesco Zimei «L’edizione perfetta è quella di testi e musica, perché quasi sempre componeva testo e musica praticamente simultaneamente. Zacara è sganciato dai canoni dell’epoca, e a volte non si può dire se si tratta di un mottetto o di una ballata perché non aderisce alle convenzioni delle forme del tempo. Quando scrive una caccia, crea qualcosa di un livello di teatralità e di complessità impressionante. Plorans ploravi è un madrigale straziante sulla morte di suo figlio, e ogni volta segna il punto più alto del genere… A proposito di autobiografismo, l’8 dicembre 1410 a Padova si svolse la cerimonia della laurea di un amico e conterraneo di Zacara, che scrisse una canzone politestuale con espressioni in francese, e in italiano con varie declinazioni dialettali, per celebrare in modo scanzonato e autoironico le virtù del neolaureato, Simone de Lellis, e anche le proprie, lamentandosi tra il serio e il faceto di Firenze, che evidentemente non aveva soddisfatto le sue aspettative professionali. Con Je suy navrés tant fort/Gnaff'a le guagnele cercava allo stesso tempo di accattivarsi l’interesse degli amici della curia pontificia, e nel testo del contratenor ripete in teramano ‘Zacara, Zacara, non sarai mai ricco’…».

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