Un pedal piano per Prosseda

Il 12 marzo a Venezia

Prosseda al pedal piano
Prosseda al pedal piano
Articolo
classica

Artista colto e appassionato di ricerca anche organologica, Roberto Prosseda ritorna a Venezia  nell'ambito della Stagione di Musikàmera proponendo il 12 marzo un recital alle Sale Apollinee interamente dedicato al repertorio per Pedal Piano. Strumento in voga nella prima metà dell’Ottocento, il Pedal Piano è stato riportato alla luce proprio da Prosseda che attualmente è l’unico esecutore a tenere concerti con il modello da lui stesso commissionato alla ditta Pinchi. 

Gli abbiamo chiesto di farci conoscere meglio le peculiarità e le possibilità di sviluppo di questa riscoperta.

 

Come è nata l’idea di commissionare a Pinchi la pedaliera che consente di ottenere un piano-pédalier?

«L’idea è nata nel 2012, quando, dopo i primi concerti in Italia con il pedalpiano, mi sono presto reso conto che avevo bisogno di una soluzione logisticamente più pratica per potere svolgere tournée internazionali, usando quindi normali pianoforti a coda che si trovano nelle sale da concerto. Inoltre, mi interessava la possibilità di differenziare il timbro della pedaliera rispetto a quello di un normale pianoforte, e ho quindi chiesto all’organaro Pinchi, su consiglio dell’amico organista (e claviorganista) Claudio Brizi, di concepire un sistema in grado di ottenere un pedalpiano sovrapponendo due pianoforti a coda, ma anche di caratterizzare il timbro della pedaliera abbinando i registri (16’, 8’, e 4’), così da raddoppiare le note della pedaliera all’ottava e alla 15ma. In tal modo, il suono della pedaliera, quando raddoppiato, risulta sempre ben distinto rispetto al normale pianoforte, e crea una maggiore profondità prospettica all’ascolto».    

Quale differenza vi è tra questo modello e il Doppio Borgato?

«Il Doppio Borgato è uno strumento che nasce come pedalpiano: non è abbinabile ad altri pianoforti, e non ha i registri alla pedaliera. Il Pinchi Pedalpiano System, invece, non è uno strumento “all-in-one”, ma consiste in un’interfaccia in grado di combinare due pianoforti a coda (o mezza coda) di qualsiasi marca, e, come dicevo prima, ha anche tre registri indipendenti per differenziare il timbro della pedaliera. Anche l’Erard di Charles Valentin Alkan aveva la possibilità di raddoppiare all’ottava le note della pedaliera, e Alkan, che è stato il più prolifico e innovativo compositore per il pedalpiano, spesso indica “double” nella parte della pedaliera, a prescrivere, appunto, l’uso del raddoppio». 

 

Quali nuove esplorazioni sonore consente di ottenere questo strumento nel repertorio che proporrà domenica sera alle Apollinee?

«Sarà interessante ascoltare l’abbinamento di un Fazioli F 308, il modello più lungo di quelli fabbricati da Fazioli, che si trova di stanza alle sale Apollineee, con un Fazioli F 212 alla pedaliera. È la prima volta che suono un pedalpiano composto da un Fazioli F 308, e sono certo che il risultato sonoro sarà entusiasmante. Oltre a brani specifici per pedal piano di Schumann e Alkan, suonerò anche la Fantasia K 475 di Mozart in una versione per pedalpiano. Sappiamo, infatti, che Mozart improvvisò due Fantasie al pedalpiano in un concerto al National Hof-Theater di Vienna il 10 Marzo 1785, nel quale suonò anche il Concerto K 466 per pianoforte e orchestra. La Fantasia K 475, composta proprio nel 1785, è particolarmente adatta ad essere suonata al pedalpiano, in quanto i forti sbalzi dinamici e di registro tra basso e acuto, già presenti nella partitura, vengono resi al pedalpiano con ancora maggiore intensità. Lo stesso vale per la Fantasia quasi Sonata “après une lecture de Dante” di Liszt: anche Liszt disponeva di un pedalpiano negli ultimi anni della sua vita, e il potenziamento dei bassi rende ancora più sinfonica e narrativa la scrittura della sua Fantasia quasi Sonata di ispirazione dantesca».    

 

Aveva ragione Schumann quando considerava il piano-pédalier “il pianoforte del futuro”?

«Evidentemente la profezia di Schumann non si è (ancora) realizzata: ma la sua intuizione visionaria, che vedeva nel pedalpiano una naturale evoluzione del pianoforte, è ancora attuale. Inoltre, a ben vedere, la costruzione del pianoforte si è comunque evoluta nella direzione di una espansione dei registri (e del registro grave in particolare) e delle capacità di risonanza della cordiera. Per certi aspetti, potremmo inoltre considerare il pedalpiano con i registri meccanici (quello che suonerò a La Fenice) come un lontano progenitore dei moderni sintetizzatori a tastiera, e l’idea di applicare nuove risorse e tecnologie per offrire ai compositori e agli interpreti strumenti sempre più completi ed efficaci per comunicare al meglio le intenzioni musicali mi pare una prospettiva sempre attuale e stimolante, ieri come oggi». 

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