L’uomo dagli occhiali a specchio

Una colonna sonora per ricordare Giancarlo Gazzani e Sandro Brugnolini

L'uomo dagli occhiali a specchio
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La recente scomparsa di Giancarlo Gazzani, arrangiatore, compositore e didatta tra i più preziosi della library music e del jazz italiano, mi spinge alla riscoperta della colonna sonora di uno sceneggiato giallo Rai in 2 puntate del 1975, L’uomo dagli occhiali a specchio, la cui colonna sonora, scritta da Sandro Brugnolini – anche lui scomparso non molti anni fa – è arrangiata proprio da Gazzani.

Lo sceneggiato (oggi si chiamerebbe miniserie!) catapulta un investigatore delle assicurazioni in una laguna veneziana enigmatica e ricca di misteri, nell’intento di risolvere il caso di una motonave affondata. Dirette dallo sceneggiatore Mario Foglietti, le due puntate si risolvono con un ingegnoso colpo di scena che lasciamo, eventualmente, alla vostra visione.

Quanto alla colonna sonora, al momento in cui scriviamo una copia della prima edizione in vinile della Vroommm Records ve la potete portare a casa con soli (!) 1.999 euro...

Nel 2015 la Cinedelic e, nel 2022 la Redi (in un’edizione limitata in vinile trasparente per il Record Store Day) l’hanno però rimessa in circolazione.

Il lavoro svolto da Brugnolini, come spesso accadeva a illuminati professionisti di quegli anni, così come la sapienza polivalente di Gazzani, consentono alle tracce della colonna sonora di destreggiarsi agilmente tra gli stili: il tema principale, “La notte muore”, viene proposto sia in una classica prospettiva easy-orchestrale (non priva di una sua efficace vena malinconica), sia in variazioni per solo piano che nell’immancabile psych-wah wah pop del periodo.

Ma è nei pezzi più d’azione, come nel frenetico “Tallonato”, che la temperie del jazz creativo del periodo si fa largo nel tessuto orchestrale, grazie anche a un bell’assolo di Giancarlo Schiaffini al trombone.

L’astrazione di “Preludio al delitto” o “Tempus Fugit” sono piccole gemme sperimentali, “Eventi progressivi” e “Colluttazione” puro swing che guarda alla asciutta coolness del Davis di Ascensore per il patibolo, “Aggressione” si distorce in un rock allucinato.  Altri momenti sono più smaccatamente didascalici, in quel fervente dialogo tra chitarre e archi, tra elettricità e tradizione, inquieti ostinati di pianoforte e struggenti melodie che è una cifra di chiara derivazione Morriconiana. 

Ma è costante lungo entrambe le facciate del disco una felicissima armonia tra le necessità drammaturgiche, la creatività di Brugnolini e quella di Gazzani, che non si limita – come non si è mai limitato – a svolgere diligentemente il proprio compito, ma immette con intelligenza nelle partiture tutta una serie di elementi originali che testimoniano meglio di ogni supposizione teorica, la naturale fluidità degli ambienti creativi di quegli anni. 

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