Le strane coppie: duetti vintage a Sanremo

30 anni fa il primo Sanremo dei duetti internazionali, con alcune delle accoppiate più improbabili della storia della musica pop

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Ci prepariamo alla serata dei duetti di Sanremo 2020 ricordandovi che... non è la prima volta.

Le pagelle delle canzoni di Sanremo 2020 (prima serata)

Le pagelle delle canzoni di Sanremo 2020 (seconda serata)

Era il 1990. Il regolamento del Festival di Sanremo di quell’edizione – erano gli anni di Aragozzini – prevedeva che ciascun cantante fosse abbinato a un cantante internazionale, che avrebbe cantato la stessa canzone, ma in inglese (o lingua d’origine). Una formula che era già stata sperimentata negli anni Sessanta, ma che tornava come una vera e propria novità, insieme al ritorno dell’orchestra.

Era l’anno di “Uomini soli” dei Pooh, del Masini di “Disperato” che sbaraglia le Nuove Proposte, del “trottolino amoroso” tra Minghi e Mietta e della Oxa di “Donna con te”. E di una lunga sfilza di duetti e abbinamenti, alcuni dei quali sono rimasti nella storia, altri invece si sono persi nel dimenticatoio.

Nel cast internazionale troviamo nomi come Miriam Makeba, Eddie Kendricks (l’ultima “Temptation di Christian” verrebbe da dire…), Toquinho e gli America, Nicolette Larson (che coglie l’afflato country di Grazia Di Michele) e Sarah Jane Morris. Interpreti abituati probabilmente non solo al detto pecunia non olet, ma anche a non fare troppo gli schizzinosi alle prese con materiali pop che spesso hanno similitudini in ogni angolo del globo.

Abbiamo scelto per voi i 5 momenti più iconici di quel Sanremo.

1. Ray Charles + Toto Cutugno

Uno degli abbinamenti più improbabili è quello tra un mito dell’R&B come Ray Charles e l’italiano vero Cutugno. Inaspettato e sorprendente è anche l’esito: la prevedibile “Amori” pur armonicamente ariosa, si trasforma sotto le dita di Charles in una stratosferica ballad, in cui chi ascolta allibito davanti al teleschermo fa fatica a riconoscere l’originale.

Cutugno racconterà che Charles si era basato sulla registrazione di un provino diverso dalla versione definitiva. Ma la chiave di questo “miracolo” – oltre che nel calibro dell’interprete – sta nel fatto che il musicista americano non cade nella trappola di costruire un testo sulla metrica dell’originale italiano (trappola in cui cadranno in tantissimi), ma inventa per “Good Love Gone Bad” una melodia e un andamento più consoni al proprio stile e alla lingua inglese. Oltre che molto più belli.

2. Dee Dee Bridgewater + I Pooh

Quell’edizione vinsero i Pooh. Gruppo già amatissimo e famoso, che azzecca con “Uomini soli” uno dei loro pezzi più iconici, grazie anche all’urlo “Dio delle cittuààà” di un Roby Facchinetti in consueta paonazza trance oculare. L’abbinamento con una cantante di classe come Dee Dee Bridgawater garantisce di mantenere il livello vocale su livelli d’eccellenza, anche se l’esito è più prevedibile.

3. Nikka Costa + Minghi & Mietta

Alla coppia trottolinica Minghi & Mietta spetta un’icona novelty come Nikka Costa, che tornava diciottenne, dopo un lungo periodo di inattività dovuto alla morte del padre, l’arrangiatore Don Costa (e si spera anche a studiare), 9 anni dopo il successo da bambina con “On My Own”.

Il pezzo perde le parole di Panella e l’alternarsi delle due voci, irrigidendosi in un arrangiamento tipicamente mainstream, ma la Costa canta comunque bene.

4. Jorge Ben + Ricchi e Poveri

Festival non fortunatissimo per i Ricchi e Poveri, che erano abituati a combattere nei piani alti e che con “Buona Giornata” (brano che contiene l’immortale verso “a quelli che pensano che domani non sia solo un avverbio di tempo” si piazzeranno invece in zona retrocessione. L’abbinamento con un mito della musica brasiliana come Jorge Ben è però azzeccata, perché l’energia funk dell’artista – nonché la naturale capacità di maneggiare materiali alti e bassi – dona al pezzo un “tiro” meno da Manhattan Transfer della sagra paesana.

 

5. La Toya Jackson + Marcella e Gianni Bella

Come nel caso di Nikka Costa, anche nel caso di La Toya Jackson, che riprende “Oltre l’ignoto” di Marcella e Gianni Bella, viene a mancare l’intreccio delle due voci. Ma, anche grazie a scelte metrico/testuali che ricalcano pedissequamente l’italiano (e sembrano un po’ scolastiche e rigide in inglese), nonché a causa della qualità non eccelsa di interprete della sorella di Michael, non è difficile preferire l’originale, con una Marcella verace e vocalmente di gran lunga superiore alla collega d’oltreoceano.

 

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