La musica a Bologna è Senzaspine

Conversazione con Tommaso Ussardi sul progetto musicale partecipativo nato nel 2013, presto in scena con Don Giovanni al Teatro Duse | IN COLLABORAZIONE CON SENZASPINE

Orchestra Senzaspine
Orchestra Senzaspine
Articolo
classica

Il prossimo 5 novembre al Teatro Duse di Bologna va in scena il Don Giovanni di Mozart con la direzione di Tommaso Ussardi, la regia di Giovanni Dispenza e le scene realizzate in collaborazione con l’Accademia di Belle Arti di Bologna sotto la supervisione di Chiara Guadagnini, e con l’Antoniano di Bologna per i costumi curati da Monica Mulazzani. Di Don Giovanni se ne vedono molti, ma questo un po’ particolare è, perché ad allestirlo sono quelli di Senzaspine, per i quali la musica più che una professione è una missione: non è solo suonare in un’orchestra, ma il loro obiettivo è cambiare l’approccio del pubblico nei confronti della musica classica e quello dei musicisti rispetto al momento performativo. Per farlo, dal 2013 hanno promosso iniziative accessibili e inclusive come flash-mob, aperisymphony, lezioni concerto e rassegne musicali che dal 2016 hanno trovato la loro dimora nel Mercato Sonato, un tempo mercato rionale nel quartiere bolognese di San Donato.

Di Senzaspine, della sua dimensione artistica ma soprattutto di quella sociale abbiamo parlato con Tommaso Ussardi, direttore musicale del Don Giovanni e storico fondatore dell’Orchestra con il collega Matteo Parmeggiani.

Matteo Parmeggiani (a sinistra) e Tommaso Ussardi (a destra)
Matteo Parmeggiani (a sinistra) e Tommaso Ussardi (a destra)

Maestro Ussardi, cos’è Senzaspine?

«Senzaspine è un progetto culturale e sociale nato dalla crisi “esistenziale” di un gruppo di giovani musicisti che, usciti dai conservatori, si sentivano spaesati, senza lavoro, senza esperienza, incompresi e anche un po' inutili per la società in cui vivevano. Così nel 2013, mossi da una spinta rivoluzionaria, armati dei loro strumenti unplugged – “senza spine” appunto - hanno cercato di riposizionarsi, di ritagliarsi un ruolo attivo come operatori culturali con l’obiettivo di riportare la musica classica al centro, così l’opera, la danza e tutti quei tesori artistici che troppo spesso rischiano di non essere neanche presi in considerazione dalla maggior parte delle persone, perché ritenuti inaccessibili. Senzaspine nasce proprio per cercare di spezzare le “spine” che fanno male alla cultura, alla musica, ai musicisti, alle persone, alla società. Senzaspine suona per abbattere i muri che escludono e allontano le persone dall’immenso patrimonio artistico, il nostro più prezioso bene comune».

Qual è il pubblico al quale si rivolgono le attività multiformi di Senzaspine?

«L’eccezionalità di Senzaspine è avere un pubblico a 360 gradi, non perché si debba per forza piacere a tutti, ma per le proposte artistiche, culturali e sociali che proponiamo, cercando di abbracciare tutte le comunità. Da un lato, i neofiti della musica classica, migliaia di persone che finalmente si sentono “legittimate” ad entrare in teatro senza sentirsi fuori luogo o non all’altezza. Dall’altro, i musicofili più attenti e pretenziosi, alcuni dei quali all’inizio erano forse un po’ restii dall’ascoltare e invece poi si sono ricreduti avvicinandosi con curiosità a Senzaspine, anche grazie ai riconoscimenti e ai traguardi che sta raggiungendo.
Poi ci sono tutte le persone che transitano dal Mercato Sonato, la nostra casa, un luogo dove ogni giorno accade qualcosa di nuovo e dove i pubblici si incontrano, si mescolano, si fondono. C'è inoltre lo staff Senzaspine, che sta davanti e dietro le quinte. Si tratta di giovani professionisti del settore che trovano in Senzaspine un lavoro e una possibilità di crescita professionale, sia dal lato artistico che dal lato tecnico-amministrativo. Infine, non per importanza ma per anagrafica, ci sono i bambini, che grazie alla nostra Scuola vivono la musica in tutte le sue forme, dai primi passi con lo strumento sino ai concerti nei teatri dove si esibiscono i loro stessi maestri».

Dal prossimo 5 novembre l’Orchestra Senzaspine ufficialmente riparte con una “produzione partecipata”: il Don Giovanni di Mozart al Teatro Duse di Bologna. Cosa significa per voi?

«Ripartire con il progetto “Don Giovanni” significa ripartire dal cuore di Senzaspine, cioè rendere l’arte accessibile a tutti. Un progetto ambizioso sia dal punto di vista artistico che progettuale: sono decine i partners coinvolti tra istituzioni, associazioni, aziende, tutti impegnati a sostenere questa meravigliosa missione. Non vediamo l’ora di aprire il sipario il 5 novembre al Teatro Duse e di poter condividere tutto quello che stiamo creando».

Cosa significa “partecipata”? E perché scegliere il linguaggio dell’opera per questa esperienza di partecipazione civica?

«“Partecipata” significa coinvolgere le persone nei processi di comprensione, ideazione e costruzione delle diverse fasi di produzione, e significa diventare protagonisti di un processo che ti fa sentire parte dell’opera. Nel nostro caso si passa dal coinvolgimento dei giovani, come i laboratori con gli scenografi dell’Accademia di Belle Arti di Bologna per la realizzazione delle scene, ai ragazzi e le ragazze del Liceo Laura Bassi per la narrazione e documentazione del progetto; poi ci sono i percorsi sviluppati insieme all’ENS (Ente Nazionale Sordi) e all’UICI (Unione Italiana Ciechi e Ipovedenti) per capire quali strumenti possono essere più efficaci per rendere accessibile l’opera a tutti. Infine, decine di percorsi aperti a tutte le persone curiose che vogliono entrare con noi nel mondo del Don Giovanni. Mostrare e condividere le fasi di costruzione di un’opera offre la possibilità di svelarne i lati più nascosti. L’opera è un organismo molto complesso da tenere in equilibrio, dove i linguaggi tecnici, artistici e organizzativi si intrecciano e si articolano in maniera così attenta e indissolubile che comprenderne il funzionamento può accendere un nuovo interesse o addirittura un nuovo bisogno. “Partecipata” significa, inoltre, concedersi, immergersi e vivere in prima persona l’esperienza artistica. Crediamo infatti che questo possa essere uno strumento di grande valore per conoscersi o meglio ri-conoscersi nel patrimonio artistico, in particolare quello operistico, un ponte tra culture ed epoche, nel quale il filo che le unisce altro non è che le storie e le emozioni di persone. Sono fili ininterrotti che si intrecciano e che ci appartengono perché, alla fine, sono le nostre storie, le nostre emozioni che non aspettano altro che riemergere attraverso il prodigio dell’arte».

La produzione bolognese del Don Giovanni sarà accompagnata da una serie di iniziative “inclusive” per un pubblico di non esperti: ne vuole parlare?

«Coinvolgere le persone in esperienze di ascolto musicale, condivisione delle idee registiche, immaginazione e costruzione delle scenografie, dei costumi, laboratori di narrazione creativa partendo dai personaggi dell'opera che diventano un pretesto per creare storie, ricordare, immaginare, vivere in prima persona parole, azioni ed emozioni con un'attenzione e quindi un coinvolgimento diverso. Tutte le fasi del progetto evidenziano le diverse sfaccettature di cosa significhi rendere inclusivo un capolavoro come Don Giovanni. Dal un lato il tema lavoro, troppo spesso dimenticato, per questo abbiamo iniziato dai percorsi professionalizzanti con i giovani scenografi dell’Accademia di Belle Arti e con una masterclass di canto lirico per giovani cantanti insieme ai Maestri Angelo Gabrielli e Simone Alberghini. In questo senso, per noi inclusivo dev’essere anche il mondo del lavoro, perché i giovani quando escono da Conservatori e Accademie devono avere le opportunità di fare esperienze concrete e iniziare così una professione. La seconda tappa è stata il MozArt Fest, una tre giorni di arte, giochi, laboratori, cibo e conferenze per entrare da diverse porte nel mondo del genio salisburghese. Si proseguirà poi con i laboratori di percezione sensoriale insieme all’Antoniano Onlus, l'Istituto Cavazza, la Fondazione Gualandi, il Teatro Duse, le lezioni concerto al Mercato Sonato, i laboratori di narrazione, danza, sartoria e costruzione. Tutte strade per superare i muri della disabilità, che prima di essere fisica, molto spesso è culturale e sociale. Ovviamente il progetto vuole rendere tutte queste esperienze accessibili anche a chi ha disabilità sensoriali come i non vedenti e i non udenti. E speriamo possa essere di esempio anche per le altre istituzioni culturali, perché spesso le persone vengono escluse, per mancanza di cura e di attenzione, e non possono in questo modo fruire della bellezza dell’arte».

Il Don Giovanni di quest’anno segue Il barbiere di Siviglia nel 2018 e Le nozze di Figaro nel 2019: come si pongono queste attività di Senzaspine in una realtà vivace e ricca di occasioni musicali come Bologna e la Regione Emilia Romagna? E come si pone il vostro pubblico rispetto ad altre realtà anche più ufficiali o istituzionali della città?

«Come ho detto, Senzaspine ha la vocazione di ingaggiare e formare un nuovo pubblico, soddisfare i musicofili più esigenti, dare lavoro ai tanti artisti di talento, rimettere al centro la musica con qualità e innovazione. A seconda degli scenari l'Orchestra Senzaspine cambia completamente aspetto: musicisti vestiti eleganti da concerto di gala con grandissimi artisti del panorama internazionale o imparruccati e travestiti ballando grottescamente sul palcoscenico, altre volte affiancati da DJ in scenari Hip-Hop e più underground, o ancora in programmi televisivi e in rassegne di musica contemporanea e di ricerca. Ovunque l'Orchestra si esibisca, mantiene la qualità e la capacità di modellarsi ed essere sempre all’altezza, a seconda dei diversi contesti in cui si trova. Siamo convinti che il nostro modo di fare Cultura faccia bene a tutte le istituzioni più “classiche”, perché il nostro pubblico è puro, si emoziona, si appassiona alla musica classica sentendo un nuovo bisogno di conoscenza, questo lo porta naturalmente ad informarsi e a seguire l’offerta musicale proposta sul territorio. Noi siamo un pretesto e per questo abbiamo una grandissima responsabilità: far scoccare quel colpo di fulmine in chi non si è ancora avvicinato ai tesori del passato. Le occasioni concesse sono pochissime, basta un errore e le persone rischiano di etichettare a vita la musica classica come noiosa e inaccessibile, troppo spesso ho assistito a scene in cui ragazzini delle scuole sbattuti in contesti "sbagliati" manifestavano un unico desiderio: scappare e non ascoltare mai più quel “genere” di musica. Ecco, questo non dovrebbe capitare più, secondo me».

Ha citato poco fa il MozArtFest, che ha preceduto la produzione di Don Giovanni in settembre. Lo avere caratterizzato come momento di “commistioni di generi e linguaggi ibridi”, com’è stata ad esempio l’iniziativa WolfGang “per giocare sulla ibridazione di due linguaggi e immaginari spesso percepiti come opposti: la musica classica e la cultura hip hop”. Che riscontro avete avuto?

«Un’esperienza incredibile, speriamo di ripeterla presto perché questi incroci di linguaggi, di generazioni, di stili, di percezioni sono assolutamente vincenti. Alla fine della serata WolfGang i musicisti classici si sono sentiti sempre più hip-hop e gli artisti “street” sempre più classici; ognuno è stato incuriosito dall’altro, e lo stesso pubblico si è lasciato affascinare dall’aspetto che meno conosce. Devo ammettere che spesso osiamo, ma lo facciamo per forzare la maglia, per vedere fino a dove funziona, fino a dove regge e infine correggere, questo perché vogliamo scoprire il limite attraverso il gesto artistico e non farci condizionare dagli stereotipi socio-culturali che confezionano la forma senza prima indagare».

Senzaspine esiste dal 2013 e dal 2015 ha trovato casa al Mercato Sonato. Sono oltre 400 gli eventi musicali che avete alle spalle: quali sono i risultati di cui siete più orgogliosi?

«Ogni evento è stato importante per motivi diversi, cerco di evidenziare solo i passi più significativi, altrimenti la lista rischia di diventare davvero lunga. Citerei il nostro primo concerto in Piazza Verdi a giugno 2013, dove abbiamo percepito l’importanza del progetto e l’impatto che potevamo avere sulle persone. A seguire, il concerto al Teatro Manzoni, il tempio della musica sinfonica a Bologna, e ancora il primo concerto al Teatro Duse completamente gestito e auto-finanziato, Bollicine, il primo vero sold out con 1000 spettatori, un format che ogni anno, ormai quasi per tradizione, riproponiamo. Dal 2014 sono iniziate le collaborazioni con artisti di fama internazionale, tutte importanti e di cui siamo orgogliosi: Sofya Gulyak, Dejan Bogdanovich, Enrico Dindo, Mario Brunello, Laura Marzadori, Domenico Nordio, Pablo Zigler, Olaf Laneri, Silvia Chiesa, Anna Tifu, Paolo Grazia, Bruno Praticò, Cinzia Forte, Cristina Melis e i tanti giovani solisti che adesso sono proiettati verso grandi carriere. Determinanti per la crescita qualitativa del gruppo e l’incremento di credibilità nel panorama nazionale sono state le partecipazioni presso importanti festival come il Bologna Festival, Anima Mundi, Stresa Festival, The New Generation Festival, Amiata Piano Festival e Figaro! Opera Camion. Significativi per la nostra crescita strutturale e motivi d'orgoglio sono senza dubbio i riconoscimenti istituzionali, come ad esempio rientrare nel FUS dal 2014 come orchestra giovanile con il punteggio più alto a livello nazionale, vincere importanti bandi pubblici e privati, partecipare al progetto "Silent City" per Matera Capitale Europea per la Cultura 2019. Una grandissima rivoluzione dal punto di vista creativo e sociale è stata nel 2015 l'apertura della nostras sede, il Mercato Sonato, luogo dove ogni giorno sperimentiamo nuove idee, immaginiamo nuove produzioni, sempre a contatto con le persone. Da qui è nato il progetto della Scuola di Musica Senzaspine, che oggi conta oltre 200 iscritti tra adulti e bambini, una scuola accessibile a tutte le famiglie perché modula le rette in base al reddito ISEE. Ma quello che oggi ci rende senza dubbio più orgogliosi è l’essere stati scelti dal Maestro Daniele Gatti, come Orchestra in residenza per il suo corso in Direzione d’Orchestra presso l’Accademia Chigiana, un grande successo artistico e probabilmente un nuovo inizio».

Cosa ci sarà nel futuro di Senzaspine?

«Ci sarà tanta Musica. Nel futuro più vicino ci aspetta, oltre a Don Giovanni, il famoso Bollicine a dicembre del 2021. Nell'inverno ripartirà anche la rassegna dei Concerti Animati per le famiglie, mentre nel 2022 inizierà una nuova collaborazione con il centro congressi la Nuvola a Roma per una rassegna di sei concerti con grandi artisti della scena contemporanea. Dal prossimo febbraio ripartiremo con la nostra stagione a Bologna, ferma ormai da quasi due anni, sei produzioni che spaziano dall’opera al balletto e sino a concerti sinfonici. E poi nell’estate prossima saremo di nuovo a Siena. Il resto si vedrà. Sicuramente continueremo a sviluppare il progetto Senzaspine in tutte le sue forme, con particolare attenzione alla Scuola di Musica, dobbiamo crescere i piccoli Senzaspine: sono loro il nostro futuro!».

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