Giovani artisti a Musica sull’Acqua con Diego Matheuz

Il progetto MACH – Music Art Creativity Hub –  che ha aperto la XIV edizione di Musica sull’Acqua – raccoglie i frutti dell’esperienza del Sistema Abreu

Prove - MACH
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Lo scorso 30 giugno Diego Matheuz ha diretto la nuova orchestra formatasi grazie al progetto MACH – Music Art Creativity Hub –  che ha aperto la XIV edizione del Festival Internazionale Musica sull’Acqua, fino al prossimo 25 luglio in diverse località intorno al lago di Como, con la presenza di artisti di fama internazionale e, soprattutto, di molti giovani. Grazie infatti alla collaborazione della Hilti Foundation – che ha messo a disposizione borse di studio per giovani musicisti di ogni nazionalità (per ora italiani, serbi, boliviani, colombiani e venezuelani) – è iniziato nei giorni prima del Festival a Colico un intenso lavoro di preparazione. Con l’idea di raccogliere i frutti dell’esperienza venezuelana del Sistema Abreu e combinarla con quella che in Europa si è sviluppata, grazie alla volontà di Claudio Abbado, intorno all’Orchestra Mozart.

Per parlare di questa novità, ma anche di tutto il programma del Festival di quest’anno, abbiamo incontrato lo stesso Diego Matheuz e Francesco Senese, violinista dell’Orchestra Mozart e direttore artistico del Festival. Approfondendo, con quest’ultimo, innanzitutto, il titolo particolarmente suggestivo (Sogno) scelto come fil rouge di collegamento tra tutti gli appuntamenti musicali del 2018.

Diego Matheuz
Diego Matheuz

«Questo tema – spiega Senese – è stato pensato partendo da un’idea nella quale far confluire tre parole: il viaggio (più specificamente il viaggio dell’eroe, con i suoi archetipi), il sogno e la notte. Per combinare questi tre elementi ci è poi sembrato che come titolo il "sogno" potesse essere quello più evocativo, anche se oggi un po’ inflazionato e aperto a mille implicazioni diverse. Abbiamo allora immaginato – grazie anche alla collaborazione di Guido Barbieri, che ha voluto ricordare nella sua presentazione del Festival la terribile esperienza dei Night Commuters ugandesi, bambini in continuo spostamento notturno per sfuggire ai rapimenti della Lord Resistance Army di Joseph Kony – il "sogno" come spinta creatrice e pulsione per compiere un percorso. Ecco dunque che anche il "viaggio" è rientrato in questa visione complessiva, come pure quello della "notte", inteso come momento di passaggio da un momento di luce a un altro momento di luce. Verklärte Nacht di Schönberg, che presenteremo nell’ultimo concerto, diventa così un momento emblematico della trasfigurazione della realtà verso nuovi punti di vista, mentre non poteva mancare un omaggio alla notte con la Serenata di Mozart che presenteremo nel concerto inaugurale, nel quale poi abbiamo voluto anche ricordare Leonard Bernstein a cento anni dalla nascita».

Come è nata l’idea del progetto MACH?

«Erano anni che con Diego Matheuz parlavamo di un progetto da fare insieme, qui a Colico, dopo la collaborazione che c’era già stata nel 2011 intorno a Mahler. Ci chiedevamo però come fare per poter disporre di un’orchestra di adeguate dimensioni. Chiamare un’orchestra esterna non ci interessava, perché questo Festival cerca viceversa di avviare sul luogo dei progetti che possano poi svilupparsi e crescere. Dopo un riflessione durata quasi due anni siamo gradualmente arrivati a una soluzione: abbiamo considerato la reciproca conoscenza esistente per via dell’esperienza nell’Orchestra Mozart di Claudio Abbado, grazie al quale questa realtà è venuta pure a contatto con il bellissimo progetto che il M° Abreu aveva sviluppato in Venezuela, El Sistema. Ci siamo chiesti: perché non provare a gettare un ponte tra queste due esperienze? Così è nata un’orchestra in cui prime parti provenienti dal Venezuela, come pure dall’Orchestra Mozart, da quella del Festival di Lucerna e infine dall’Orchestra dell’Accademia di Santa Cecilia, si sono incontrate e hanno iniziato a lavorare, come tutors, con dei giovani musicisti».

«Non abbiamo puntato – interviene Diego Matheuz – solo all’incontro tra professionisti provenienti da varie orchestre, ma abbiamo voluto rivolgerci anche a dei ragazzi, per insegnare loro come stare all’interno di una formazione così ampia. Non dimentichiamo che, nella filosofia che anima El Sistema, suonare in un’orchestra è la cosa più importante, è il luogo per comunicare, confrontarsi e sentirsi al centro di una comunità, usando la musica come strumento educativo. Non immaginavo che qui avremmo avuto così tanti giovani, stiamo suonando con circa trentacinque ragazzi su un’orchestra di una cinquantina di elementi totali».

«Un bel risultato – prosegue Senese – se consideriamo che abbiamo comunicato questo progetto e il relativo bando appena alla fine di aprile. Lo abbiamo reso visibile sul nostro sito ma anche sui social e abbiamo avuto una risposta davvero incoraggiante che ci lascia ben sperare nella futura continuazione di questa iniziativa, nella quale vive ancora una volta l’esperienza de El Sistema».

Approfittiamo allora per chiedere a Diego Matheuz quale sia la situazione attuale di questo progetto in Venezuela.

«Tutti i musicisti delle orchestre che si sono formate grazie all’attività di Abreu, a iniziare dalla Simon Bolivar stanno letteralmente cercando di scappare dal nostro paese, perché in questo momento non è proprio possibile vivere. Molti si sono spostati, sia in Europa sia negli Stati Uniti o in Messico, per cercare lavoro. Per fortuna il progetto continua rivolto soprattutto ai bambini, è una risposta alla difficile situazione sociale e alla grave crisi economica del Venezuela. Ma per i "ragazzi" dell’orchestra Simon Bolivar – quelli insieme ai quali sono cresciuto, che ora hanno intorno ai trentacinque anni e stanno iniziando ad avere una propria famiglia, dei figli – è davvero impossibile trovare lì un lavoro. Antonio Abreu comunque ha preparato e lasciato, perché prendesse le redini del progetto dopo la sua scomparsa, uno staff di persone a guida de El Sistema».

Oltre al nuovo progetto MACH, esiste però la realtà dell’Orchestra Giovanile del Festival.

«Il primo atelier orchestrale – ricorda Senese – è nato nel 2006, con gli allievi della Scuola di musica “R. Goitre” di Colico. Questa attività, oltre che nel settore musicale, si è sviluppata in modo articolato anche attraverso laboratori percettivi, di mimo, di danza antica, di percussioni (questo in particolare guidato da Christian Guyot che è con noi quest’anno anche come compositore), e ha portato l’Orchestra a realizzare dei concerti importanti negli scorsi anni, come quello del 2017 insieme a Sara Mingardo. Grazie al lavoro che le prime parti (cioè i musicisti di più ampia esperienza) hanno svolto con i ragazzi – di età che va dagli undici ai diciassette anni – abbiamo oggi una formazione con una qualità artistica che lascia stupiti tutti i grandi solisti invitati a collaborare con noi».

«Quest’anno presenteremo un concerto, sempre diretto da Diego Matheuz, nel quale il tema del viaggio dell’eroe rivivrà grazie alla nuova opera del percussionista e compositore venezuelano Felix Mendoza. Il titolo è Il viaggio di Aurora, debutterà in prima assoluta il 7 luglio all’Abbazia di Piona, e si avvarrà anche del progetto di scrittura creativa sviluppato insieme alla Grande Fabbrica delle Parole. L’idea è stata quella di inventare una storia che mettesse in scena, grazie a un racconto, ciò che i ragazzi avevano scoperto all’interno del laboratorio di talent coaching guidato da Patrizia Belotti (esperta di programmazione neurolinguistica) affrontando le tappe del loro viaggio personale. Se pensiamo che alla realtà nata col progetto MACH e all’Orchestra giovanile va aggiunta anche la nostra orchestra "infantile" ci rendiamo conto del fervore che le attività del Festival portano a Colico in questi giorni, di fatto grazie a un’invasione di giovani che partecipano anche a tutte le attività dei vari laboratori o atelier. Oltre dunque che dal desiderio di unire le esperienze provenienti dal Venezuela e dalle Orchestre nate grazie all’attività di Claudio Abbado, il progetto MACH prende ispirazione dall’esperienza portata avanti in questi anni, non ultimo grazie ai vari atelier – tra i quali anche quelli di arti figurative e di musicologia – nati per dare ai giovani degli ulteriori elementi con cui arricchire il loro approccio alla musica».

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