Evan Parker, una guida all'ascolto in 10 dischi

In occasione della sua esibizione al festival Jazz Is Dead! di Torino, ripercorriamo la carriera di uno dei maestri del jazz europeo

Evan Parker - Jazz Is Dead!
Evan Parker (foto di Caroline Forbes)
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Tra i protagonisti dell’edizione 2019 di Jazz Is Dead! a Torino c’è anche Evan Parker.

Il sassofonista inglese sarà impegnato il 26 maggio all'ex Cimitero di San Pietro in Vincoli con Setoladimaiale Unit, stimolante sintesi di artisti legati all’etichetta di Stefano Giust.

Jazz Is Dead! vive, per la terza volta

Per l’occasione, abbiamo scelto per voi 10 dischi per conoscere meglio Evan Parker. Una scelta certo non facile (e certamente parziale) per un’artista che ha attraversato ormai oltre 50 anni di avventure creative europee, con progetti a proprio nome o insieme a altri, sempre con il proprio inconfondibile approccio al sax tenore e a quello soprano, che ha esplorato con l’uso della tecnica della respirazione circolare.

Musicista legato alla scena dell’improvvisazione e del jazz inglese, ma – come vedremo – spesso accanto anche a sperimentatori di altri linguaggi, Parker è un maestro della musica del nostro tempo, che va assolutamente ascoltato dal vivo, ma che ha lasciato nella corposa discografia segni fondamentali.

Queste le nostre scelte, nell’augurio che vi spingano a esplorare anche il resto.

 

1. Evan Parker con Derek Bailey e Han Bennink, The Topography of the Lungs (Incus, 1970)

Uno dei capisaldi dell’improvvisazione europea, insieme a altri due giganti come Derek Bailey alla chitarra e Han Bennink alla batteria. Sine qua non.

2. Evan Parker, Derek Bailey, Hugh Davies, Jamie Muir.The Music Improvisation Company (ECM, 1970)

Ancora con Bailey, l’elettronica di Hugh Davies e le percussioni di quel Jamie Muir che ritroveremo con i King Crimson di lì a poco, Parker incide uno dei dischi più avventurosi della prima ondata ECM.

3. Schlippenbach Trio, Pakistani Pomade (FMP, 1973)

Il trio di Alexander Von Schlippenbach con Parker e la batteria (pazzesca) di Paul Lovens è una delle formazioni più longeve del free europeo. Anche recentemente sono usciti dischi bellissimi di questo triangolo delle Bermuda delle certezze, ma difficilmente superano l’esordio, di scintillante bellezza, di Pakistani Pomade.

4. Evan Parker, Monoceros (Incus, 1978)

Strumento scomodo, il sax soprano. Si contano sulle dita di una mano gli artisti che ne hanno saputo trarre mondi inaspettati: Coltrane certo, ovviamente Steve Lacy, Lol Coxill e poi Parker, con la sua inconfondibile tecnica estesa e la magia delle spirali di suono. Il viaggio nel solo può incominciare qui.

5. Globe Unity Orchestra & Choir Of The NDR-Broadcast, Hamburg '74 (FMP, 1979)

Tra le tante orchestre e collettivi europei che sono nati dal fervido incontro tra gli improvvisatori tedeschi, inglesi, olandesi e di altri paesi, la Globe Unity è probabilmente la più celebre, una sorta di All Star dell’esplorazione senza limiti. Questo live amburghese con il coro è un classico del suo genere. Ovviamente Evan Parker c’è.

6. Spring Heel Jack, Masses (Thirsty Ear, 2001)

Uno dei progetti più intriganti (e ingiustamente un po’ obliato) dei primi anni Duemila è quello in cui John Coxon e Ashley Wales, duo elettronico inglese noto come Spring Heel Jack, pubblicano una serie di fantastici dischi in cui costruiscono la musica con improvvisatori e jazzisti tra i più aperti e significativi. Evan Parker è uno di questi. Da riscoprire.

7. Evan Parker Electroacoustic Ensemble, Eleventh Hour (ECM, 2005)

L’esplorazione del reame tra composizione, improvvisazione, elaborazione in tempo reale, trova nell’Electroacoustic Ensemble di Parker (con diversi ottimi dischi ECM a disposizione) il terreno per una musica che porta le intuizioni libere dei decenni precedenti dentro contesti di ulteriore complessità. Eccellente.

8. David Sylvian, Manafon (Samadhisound, 2009)

Per uno dei suoi dischi più “difficili” e sperimentali, David Sylvian chiama con sé il meglio della musica di ricerca, da Keith Rowe a Fennesz, da Otomo Yoshihide ai Polwechsel. E poi c’è Evan Parker…

9. Evan Parker & Alexander Hawkins, Leaps in Leicester (Clean Feed, 2016)

Di dischi in collaborazione con jazzisti di ogni angolo del globo Evan Parker ne ha incisi tanti, spesso molto belli. Questo recente incontro con il mago del pianoforte Alexander Hawkins è di bellezza che supera la somma delle parti.

10. Dave Holland, Uncharted Territories (Dare2, 2018)

A volte ritornano. Maestro riconosciuto del contrabbasso jazz, Dave Holland ritrova dopo mezzo secolo i linguaggi dei suoi primi anni, per questo super quartetto con Evan Parker (con cui si erano incontrati nello Spontaneous Music Ensemble), Craig Taborn al pianoforte e Ches Smith alla batteria. Che meraviglia.

Il giornale della musica è media partner di Jazz Is Dead! 2019

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