Dopo la laurea si studia ancora all'AReMus Santa Cecilia

Roma: intervista a Carla Conti, ideatrice del progetto

AreMus Santa Cecilia
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In attesa che vengano definite nei prossimi mesi le modalità di accreditamento dei corsi di dottorato di ricerca per il sistema AFAM (a seguito del Decreto Ministeriale 226 del 14 dicembre 2021), si intensificano nei Conservatori di Musica italiani le proposte relative ai master di I e II livello.

All’interno dell’ampia offerta di questi percorsi altamente qualificati, spicca per originalità e  competenza  AReMus Artistic Research in Music, master annuale di II livello realizzato presso il Conservatorio S. Cecilia” di Roma.

Il progetto affianca i neo-laureati dei corsi magistrali nello sviluppo delle proprie abilità di ricerca in contesto interdisciplinare e crossmediale, aiutandoli a maturare una maggiore consapevolezza insieme teorica e pratica.

Creatrice e coordinatrice del master è la prof.ssa Carla Conti, docente presso la stessa istituzione di Direzione di coro e responsabile dell’Erasmus +, nonché parte del Board of directors alla Sibelius Society Italia e Project Manager - NEWS in MAP Strategic Partnership EU Project.

Le abbiamo rivolto qualche domanda per comprendere più a fondo l’originalità e il pregio di questa iniziativa, unica in Italia.

 

Prof.ssa Conti, come è nata l’idea di attivare il Master in ARTISTIC RESEARCH IN MUSIC?

«L’idea di un master incentrato sulla ricerca artistica in musica è nata dalle esigenza di colmare un vuoto formativo. Già nel 2013 Jan Kaila, artista-ricercatore finlandese, nel suo Emerging models for Artistic Research Across Europe, citava: Regno Unito, Finlandia, Austria, Irlanda, Norvegia, Svezia, Germania, Austria, Belgio, Francia, Lituania, Portogallo, Slovenia, Turchia, i Paesi Bassi, la repubblica Ceca e anche la Svizzera - quest’ultima per aver attivato i programmi di dottorati in arte in collaborazione con varie università austriache a seconda delle discipline - ma non faceva alcun accenno all’Italia. A Santa Cecilia dal 2018 abbiamo organizzato dei seminari introduttivi alla ricerca artistica, tenuti da docenti e ricercatori dell’Orpheus Institute di Gent con notevole impegno di entrambe le istituzioni a partire dai rispettivi direttori Roberto Giuliani e Peter Dejans. L’anno successivo è stato introdotto un modulo di “Introduzione alla ricerca artistica” che tengo per gli studenti dei bienni di Didattica della Musica e dello Strumento per avvicinarli a queste tematiche e supportarli nella prefigurazione di eventuali progetti. Per rispondere alla richiesta degli studenti che aspirano a essere preparati per il terzo livello, abbiamo attivato un biennio di “Formazione alla ricerca artistica in musica”, all'interno del dipartimento di Didattica della musica e dello Strumento, i cui corsi partiranno nel 2022/23».

 

A quali esigenze da parte degli studenti che hanno conseguito la laurea magistrale tale percorso di ricerca offre una possibile risposta?

«Gli studenti in possesso della laurea magistrale in discipline musicologiche o del diploma di secondo livello presso i conservatori, sentono l’esigenza di poter continuare gli studi e trovare risposte alle domande sulla loro pratica artistica, domande che possono trovare adeguate risposte solo nell’ambito di un contesto accademico con metodologie e contenuti improntati alle ‘buone pratiche’ già collaudate al livello internazionale. Questo percorso risponde all’interesse degli studenti di svolgere una ricerca artistica in ambito musicale, promuovendo lo sviluppo critico delle loro idee di ricerca attraverso percorsi condivisi e tutorial individuali».

 

Quali sono gli ambiti di provenienza degli studenti?

«Nella prima edizione 2020/21 gli ambiti sono stati: musica elettronica, musicologia, didattica della musica che in quanto biennio a sua volta vede studenti provenire fa un primo ciclo o un diploma di previgente ordinamento, e nel caso di AReMus provenivano dal diploma decennale di pianoforte, nonché diplomi di violino e contrabbasso. In questa seconda edizione: pianoforte, musica elettronica, musicologia, composizione, didattica, musica vocale da camera. Molti di essi accanto alla formazione musicale affiancano anche quella universitaria con lauree in letteratura italiana, giurisprudenza, musicologia, filosofia».

 

Di grande prestigio è la collaborazione con l’istituzione leader nel settore dell’Artistic Research, l’Orpheus Institute. In quali modalità si attua tale partnership? 

«La collaborazione con l’Orpheus è fondamentale per il master, dalle metodologie ai criteri di valutazione dei progetti proposti dagli studenti, e ciò grazie all’esperienza quasi trentennale che Peter Dejans ha maturato alla guida di questa istituzione attestandone il prestigio appunto. Insieme a Dejans e Tiziano Marca, che ha avuto un ruolo determinante nel master, stiamo progettando un programma intensivo per lo sviluppo di curricula transnazionali e transdisciplinari, nell’ambito delle nuove azioni Erasmus+ BIP blended intensive programmes e un atelier per la realizzazione di alcuni progetti degli studenti».

 

Quali sono le altre istituzioni internazionali che contribuiscono all’offerta formativa?

«Di un vero è proprio contributo di istituzioni internazionali, a parte l’Orpheus Institute, non parlerei in quanto abbiamo invitato singoli docenti: Lucia D’Errico del Mozarteum di Salisburgo - che avevamo già invitato per il seminari introduttivi quando era attiva all’Orpheus - e Claudia Calì della New York University».

 

Come si articola il Master durante l’anno accademico e quali discipline sono coinvolte nel piano i studi?

«Il Master in Artistic Research in Music, che abbreviamo in AReMus, si articola in due semestri, tra discipline di base e caratterizzanti: Artistic research and Educational Perspectives, Artistic research and Subjectivity in Music, Artistic research in context, Epistemic Experimentation Through Artistic Practice, Key Concepts of Artistic Research in Music, Music, Art, and Philosophy: Encounters in Artistic Research, Practice-based Research in Music, Research Sources and Techniques; con la presenza di due lingue straniere - inglese e un’altra a scelta tra quelle attive a Santa Cecilia».

 

Su quali tematiche si sono concentrati i progetti di ricerca degli studenti?

«I temi sono molto vari e interessanti: la prossimità della distanza tra suono e perfomer/composer nel Live-Elettronics; il ‘visual vernacular’ come pratica musicale per sordi e udenti; il disorientamento della percezione nel rapporto suono-corpo risuonante; l’ascolto empatico nella pratica violinistica; il tarantismo come rilettura delle identità nel teatro musicale; gli strumenti matematici per masterclass di direzione corale; la consapevolezza dell’impatto di fattori ambientali sull’azione artistica; la regia del teatro musicale nelle contraddizione del contemporaneo, le interrelazioni tra composizione e improvvisazione».

 

Quali opportunità vengono loro offerte durante il periodo di ricerca?

«Dal 2020 Santa Cecilia partecipa al progetto internazionale Erasmus+, coordinato dalla Hochschule für Musik und Tanz/Köln, RAPP Lab - Reflection-Based Artistic Professional Practice - incentrato proprio sulla ricerca artistica, insieme con istituzioni quali: AEC/Bruxelles, EAMT/Tallin, MDW/Vienna, NMH/Oslo, Orpheus/Gent. RAPP Lab esplora come le metodologie della ricerca artistica, basate sulla riflessione, rendano i musicisti capaci di rispondere in modo creativo all'ambiente economico-culturale con cui si trovano a confrontarsi. Il progetto si articola in una serie di incontri multinazionali, descritti come ‘laboratori’, incentrati su temi di grande attualità per la ricerca artistica: critical reflection, cognitive skills, embodiment, transculturality, autoethnography, improvisation.

Alcuni studenti del master hanno partecipato al primo Lab organizzato a Olso, online a causa della pandemia, e al secondo in presenza a Gent. Anche per i prossimi incontri a Colonia, Vienna, Tallin potranno partecipare alla selezione per un settimana formativa all’estero».

 

 

È possibile realizzare una parte del percorso di ricerca presso istituzioni internazionali? 

«Alcuni studenti che hanno completato il master AReMus stanno per svolgere tirocini presso organizzazioni e istituzioni leader nel campo specifico della loro ricerca, come l’IRCAM di Parigi per la musica elettronica, e la CREE di Bruxelles, centro all’avanguardia nella lingua dei segni. Santa Cecilia supporta economicamente queste attività di tirocinio grazie al programma Erasmus+».

 

 

Agli studi teorici vengono affiancati anche master classes ed eventi artistici?

«Sì. Nel piano dell’offerta formativa sono previsti seminari, conferenze e workshops. L’incontro degli studenti con professionisti attivi nella ricerca artistica è fondamentale per “restituire didatticamente” esperienze significative di ricerca basate sulla pratica artistica».

 

 

In cosa consiste l’elaborato finale?Sono state già pubblicate alcune tesi?

«L’esame finale prevede la redazione di un elaborato, e una performance live o registrata connessa alla ricerca stessa. La scelta dell’elaborato non è dettata dalla “ineluttabilità della parola scritta” direi per sostanziare la ricerca artistica, quanto piuttosto dall’esigenza che l’artista-ricercatore ha di comunicare e diffondere la sua ricerca. Il sito del Conservatorio ospiterà tutti gli abstract dei lavori di ricerca con le biografie degli artisti-ricercatori».

 

Quali prospettive di lavoro e inserimento nel mondo professionale sono favorite dal Master?

«La ricerca, generando nuove forme di conoscenza, è elemento determinante per raggiungere traguardi professionali più rispondenti alle aspirazioni dei diplomati di conservatorio che, grazie al master, imparano a ideare, organizzare, sviluppare progetti e possono partecipare a bandi nazionali e internazionali per accedere a fondi di ricerca; inoltre, per le carriere didattiche, AReMus contribuisce all’arricchimento del profilo artistico, oltre che in termini di punteggio».

 

Tale sperimentazione potrebbe potrebbe essere propedeutica all’apertura di un PhD dedicato all’Artistic Research? 

«Sì. Tutti i dottorati di ricerca in Music and Performing Arts all’estero sono nati da percorsi simili ad AReMus. Alcuni Paesi hanno avuto un iter breve poiché le strutture didattiche erano inserite nelle università, mentre in altri casi si è trattato di un percorso molto articolato, penso alla Finlandia i cui corsi di pre-dottorato hanno ottenuto il riconoscimento normativo di dottorati in ricerca artistica dopo dodici anni».

 

Quali sono secondo Lei le sfide che l’AFAM dovrebbe affrontare per rendere sempre più competitiva la formazione artistico-musicale di terzo livello?

»Le sfide riguardano diversi aspetti: serve rinnovare l’offerta formativa e inserire moduli introduttivi alla ricerca artistica già nei percorsi di triennio e biennio; occorre aggiornare il personale interessato a queste tematiche, con programmi intensivi/summer school ad esempio; è necessario sensibilizzare il settore imprenditoriale per finanziare almeno una parte dei progetti, che in un arco di tre anni si realizzerebbero, inoltre è indispensabile guardare alle esperienze internazionali tanto per i contenuti quanto per le buone pratiche».

 

 

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