Avanti, Popoli!

Un'antologia uscita in Usa celebra il compositore emiliano Tiziano Popoli: è l'occasione per riscoprirlo

Tiziano Popoli - Burn the Night
Tiziano Popoli
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Dovremmo forse scusarci con Tiziano Popoli per aver aspettato che fossero discografici d’oltreoceano a valorizzarne la produzione. Emiliano di nascita, Popoli si formò al Conservatorio di Bologna, dove si laureò con lode discutendo una tesi sulla vocalità nella musica elettronica di Bruno Maderna per poi immergersi nella tumultuosa bohème cittadina, trovando interlocutori fra cineasti, teatranti, performer, fotografi e videomaker, per conto dei quali concepì e registrò composizioni da lui chiamate “funzionali”.

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Frugando appunto in quell’archivio, Popoli ha ricavato il materiale incluso in Burn the Night/Bruciare la notte: Original Recordings, 1983–1989, collezione antologica sollecitata dai titolari dell’etichetta Freedom To Spend, sussidiaria dell’indipendente newyorkese RVNG Intl., che si erano incuriositi dall’ascolto su YouTube di Scorie, album realizzato nel 1985 da Popoli insieme a Marco Dalpane (con cui replicò l’esperienza nel 1988 in Lezioni di anatomia).

Tiziano Popoli - Burn the Night

A oggi la sua discografia era limitata a quei due lavori, mentre l’attività professionale l’aveva portato frattanto a Bolzano, essendo stato nominato docente all’Istituto Musicale “Antonio Vivaldi” e direttore artistico del festival Rimusicazioni.

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Buon punto di partenza per avventurarsi nella dimensione creativa del personaggio è il brano che dà titolo alla raccolta: introdotto da un essenziale fraseggio d’archi e trainato da un pigro ritmo artificiale, “Brucia la notte” sboccia fra sonorità e voci di provenienza mediorientale che richiamano alla memoria analoghe imprese compiute dalla ditta Eno & Byrne in My Life in the Bush of Ghosts e da Holger Czukay in Movies. D’altra parte si percepisce nitidamente l’influenza dalla scuola minimalista classica, dichiarata ad esempio nell’eloquente “Minimal Dance N. 1” (più Riley di Reich o Glass) ed esposta con garbo raffinato in “Mimetico erettile”.

Tiziano Popoli manovrava tecnologie allora all’avanguardia (il sintetizzatore Yamaha DX7 e la batteria elettronica Roland TR-909) con folgorante preveggenza: “Svelf”, per dire, anticipava di un decennio abbondante lo charme retrofuturista ostentato dai parigini Air in Moon Safari, evidenziando in maniera inequivocabile lo spontaneo istinto pop che ne guidava l’azione in feconda dialettica con l’imprinting dovuto all’estrazione accademica. Nella terminologia attuale sarebbe quindi “avant-pop” ciò che scorre in “Iunu-Wenimo”, episodio in cui da una spirale ripetitiva degna del primo Battiato affiora uno stilizzato groove “disco” di marca Moroder.

L’elasticità della sua inventiva traspare anche dall’assortimento degli inserti vocali, nel quale si alternano con disinvolta ironia sacro (a pronunciare l’“Ave Maria” in “Se son rose fioriranno” potrebbe essere Giovanni Paolo II) e profano (il timbro meccanico da “Sapientino”, o altro gioco per l’infanzia che sia, in “Blues padani”).

Burn the Night offre dunque l’opportunità di (ri)scoprirne il valore, niente affatto appannato dal tempo trascorso.

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