10 canzoni per il Primo Maggio

Perché si può festeggiare la Festa dei lavoratori anche senza il Concertone

Canzoni lavoro - primo maggio
La copertina dell'LP Amore mio non piangere di Giovanna Daffini, I Dischi del Sole (foto di Roberto Maderna)
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Ogni festa ha i suoi riti: per molti, il Primo Maggio – Festa dei lavoratori – ha sempre significato corteo e, al rientro a casa, appisolarsi sul divano, nella noia del Concertone di Piazza San Giovanni. 

Quest’anno, per la prima volta, non potremo fare né l’una e né l’altra cosa (e certo qualcuno potrebbe dire che la perdita del Concertone, dirottato sullo streaming, non sia poi di quelle da strapparsi i capelli).

10 canzoni sulla Resistenza per il 25 aprile

Dunque – dopo aver selezionato 10 brani per il 25 aprile – oggi abbiamo scelto 10 bellissime canzoni italiane sul lavoro e sui lavoratori: canti di lotta, canti d’amore, canti di denuncia – per festeggiare il vostro Primo Maggio senza corteo (né Concertone).

1. “Inno del Primo Maggio”, Pietro Gori 

Tra i brani più famosi di Pietro Gori, intellettuale anarchico, c’è il testo per questo “Inno del Primo Maggio”, sull’aria del “Va’ pensiero”. Qui lo ascoltiamo nella versione del Coro Inni e Canti di Lotta della Scuola Popolare di musica del Testaccio, diretto da Giovanna Marini. Un pezzo datato, certo (Gori lo scrisse nel 1892, in carcere). Ma quando si parla di certe cose, niente funziona bene come l’arte retorica ottocentesca.

«Innalziamo le mani incallite
e sian fascio di forze fecondo
noi vogliamo redimere il mondo
dai tiranni de l'ozio e de l'or».

2. “Canzone triste”, Cantacronache

Una delle più belle canzoni di Italo Calvino, con la musica di Sergio Liberovici. Compare nel primo EP del Cantacronache, del 1958, ed è basata su un racconto dello stesso Calvino, intitolato L’avventura di due sposi (incluso nella raccolta Gli amori difficili). È uno degli inizi di una nuova canzone “realista” in Italia, in grado toccare «anche argomenti d’amore, ma senza far sottointesi» (come cantava Fausto Amodei in un altro brano del gruppo). La storia dei due sposi che si incontrano solo per fare colazione nel cambio tra i due turni emoziona ancora oggi. Nella versione originale era cantata da Franca De Rienzo, e fu incisa anche da Margot. (Il Cantacronache, tra l'altro, debuttò proprio in occasione del corteo del Primo Maggio 1958, a Torino).

«Soltanto un bacio in fretta posso darti 
bere un caffè tenendoti per mano
il tuo cappotto è umido di nebbia
il nostro letto serba il tuo tepor».

3. “Se otto ore”

Un grande classico del repertorio delle mondine, riportato in auge da Giovanna Daffini e dal Nuovo Canzoniere Italiano. Qui lo ascoltiamo nella bella versione di Anna Identici (con tema fischiettato).

«Se otto ore vi sembran poche
provate voi a lavorar
e proverete la differenza
di lavorare e di comandar».

4. “La lega”

Prima che “lega” significasse quell’altra cosa, il termine indicava le associazioni dei lavoratori nelle campagne. Uno dei canti più belli che racconta quell’esperienza è proprio “La lega”, ritornato in auge con il folk revival degli anni Sessanta, e in particolare grazie alla sua inclusione nello spettacolo-scandalo del Nuovo Canzoniere Italiano, Bella ciao (la voce allora era quella di Sandra Mantovani). Noi scegliamo questa splendida versione dal “nuovo” Bella ciao messo su da Riccardo Tesi nel 2014 per i cinquant’anni dalla prima rappresentazione di Spoleto, che accentua l’elemento “femminista” della canzone con tre delle più belle voci del folk italiano tutte insieme: Elena Ledda, Lucilla Galeazzi e Ginevra Di Marco.

«Sebben che siamo donne, 
paura non abbiamo
abbiamo delle belle buone lingue 
e ben ci difendiamo».

5. Guarda giù dalla pianura

“Guarda giù dalla pianura” è un canto operaio che potrebbe risalire alle lotte del 1897 in Valsesia e nel Biellese, almeno nella versione in piemontese riportata da Roberto Leydi nella sua raccolta Canti popolari italiani. Nella versione in italiano divenne il titolo di un LP degli Stormy Six del 1973, dedicato ai canti di protesta nel mondo.

«Nelle miniere scaviamo l'oro 
nelle soffitte ci manca il pan 
e fate presto rivoluzione 
che noi siam stanchi ma di soffrir».

6. “Miniera” (Bixio-Cherubini)

Pur con tutti i limiti del contesto in cui viene composta – l’anno è il 1927, agli albori della radiofonia nazionale e nel pieno del regime fascista – “Miniera” riesce a parlare di una morte sul lavoro lontano da casa con alcuni spunti di toccante realismo. Nella prima versione (sarà poi interpretata da molti, da Claudio Villa a Gianmaria Testa) è cantata da Gabrè, sul tango composto da Cesare Andrea Bixio (il testo è invece di Bixio Cherubini).

«Cielo di stelle, cielo color del mare
tu sei lo stesso cielo del mio casolare».

7. “Ballata della Fiat”, Alfredo Bandelli

La “Ballata della Fiat” è tra i brani più famosi del repertorio di Lotta Continua. Nella prima pubblicazione era firmato – come d’abitudine per il gruppo – come «parole e musica del proletariato», ma è opera in realtà di Alfredo Bandelli, che la inserirà poi nel suo LP del 1974 Fabbrica galera piazza

«Vedi il crumiro che se la squaglia
senti il silenzio nelle officine
forse domani solo il rumore della mitraglia tu sentirai». 

8. “Vincenzina e la fabbrica”, Enzo Jannacci

Composta nel 1974 per Romanzo popolare di Mario Monicelli, “Vincenzina e la fabbrica” segna una delle vette della produzione di Enzo Jannacci. Un pugno di strofe, un congiuntivo sbagliato («come se non c'è altro che fabbrica») che è il più famoso, e il più bello, di tutta la canzone italiana.

«Zero a zero anche ieri ’sto Milan qui,
’sto Rivera che ormai non mi segna più,
che tristezza, il padrone non c’ha neanche ’sti problemi qua»

9. “'A Flobert”, Gruppo Operaio ‘E Zezi di Pomigliano d’Arco

L’esperienza degli ‘E Zezi è fondamentale nella storia delle musiche popolari italiane e nella rilettura delle musiche del Sud in chiave politica. Il primo LP del 1976 (dove compare anche un giovane Daniele Sepe), Tammurriata dell’Alfasud, rimane un classico insuperato. Come lo è questo brano dedicato all’esplosione della Flobert, che nel 1975 portò alla morte di 12 operai.

«Viernarì unnice aprile 
a Sant'Anastasia 
nu tratto nu rummore 
sentiett' 'e ch' paura».

10. “Torino pausa pranzo”, Iosonouncane

Certo gli ultimi decenni hanno visto un declino delle canzoni di protesta, in parallelo – è facile notarlo – al declino della sinistra e delle lotte sindacali. Ci sono però grandi canzoni in grado di resistere al tempo, e a raccontare qualcosa del lavoro anche negli anni che stiamo vivendo: nel 2020 questo brano di Iosonouncane, dal suo primo album La macarena su Roma, compie 10 anni, ed è invecchiato benissimo. Racconta, con realismo a tratti disturbante, i funerali dei 7 operai della Thyssenkrupp di Torino, nel 2007.

«Torino acciaierie, pausa pranzo liberata
Nella pace bianca della zona industriale
E un minuto di silenzio negli stadi ansimanti
Che poi riesplodono in un coro di voci rassicuranti
In collegamento da bordocampo».

Bonus: “Complesso del Primo maggio”, Elio e le Storie Tese

Nel 2007, Elio e le Storie Tese smontarono pezzo a pezzo il Concertone di Piazza San Giovanni esponendone i cliché una volta per tutte in questa canzone. Il cerchio si chiuse con la loro partecipazione allo stesso concerto, poco dopo la pubblicazione del singolo, in un cortocircuito esilarante. Dal quel momento, il Primo maggio musicale non è stato più lo stesso.

«Il Primo Maggio è fatto di gioia
ma anche di noia».

 

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