Madrid riscopre La passeggera

Al Teatro Real La passeggera di Mieczyslaw Weinberg

La passeggera (Foto Javier del Real | Teatro Real)
La passeggera (Foto Javier del Real | Teatro Real)
Recensione
classica
Teatro Real di Madrid
La passeggera
01 Marzo 2024 - 24 Marzo 2024

Assistere ad una rappresentazione di un’opera come La passeggera di Mieczyslaw Weinberg automaticamente viene alla memoria il verdetto di Adorno per il quale, dopo Auschwitz, scrivere poesia sarebbe stato un “atto barbarico”. Ma nello stesso tempo non si può non rammentare anche ciò che disse a questo proposito Primo Levi: che “non si possa fare poesia dimenticando Auschwitz”.

Al Teatro Real di Madrid viene riproposto l’allestimento di quest’opera, composta nel 1968 e andata in scena per la prima volta nel 2010 per il Festival di Bregenz, con la regia di David Pountney, che la rivista tedesca Opernwelt giudicò come la migliore riscoperta di quell’anno. E continua ad essere una riscoperta per un pubblico e per una critica per il quale questo lavoro, basato sull’omonimo romanzo di Zofia Posmysz, si presenta, a più di cinquant’anni dalla sua composizione, con la sua dirompente carica espressiva e la sua densità lirica, la molteplicità di spessori musicali, allusioni folkloriche, come quelle yiddish o russa, e citazioni colte, in un continuum quasi cinematografico: c’è il senso della narrazione e nello stesso tempo un atto coraggioso di immersione nella vita di un lager, un sentito e intenso atto di omaggio alle sue radici e alla storia della sua famiglia.

La scenografia di Johan Engels demarca in maniera netta i due ambiti in cui si svolge la vicenda: quello superiore sul ponte di un lussuoso transatlantico e quello inferiore dove si snodano i flashback delle due protagoniste negli spazi del campo di concentramento, dove compaiono, con dovizia di dettagli realistici, immagini note, come i letti delle camerate, tristi pareti di mattoni, fumi che escono dai forni crematori. Analogamente in forma realistica l’azione si sviluppa in un crescendo drammatico incredibilmente efficace, rendendo perfettamente intellegibili gli scarti temporali tra i due luoghi della scena. Così la vicenda dell’incontro di una ex prigioniera di Auschwitz con una sua guardiana sul ponte di un transatlantico si alterna ad animate e cruente scene di sofferenza nella parte sottostante.

La direzione musicale della lituana Mirga Grazinytè-Tyla di una corposa compagine orchestrale si caratterizza per l’energia ed un’attenzione scrupolosa ai fraseggi, ai guizzi, alle sfumature timbriche, ai clangori di cui la partitura di Weinberg è ricchissima. Ottimo il coro e cast dei cantanti, ineccepibile, sia sul piano attoriale che vocale, con un ricco e animato gruppo di voci femminili a caratterizzare un variegato slanci, lamenti, invocazioni, a interpretare il mondo delle prigioniere. Intensa e ricca di chiaroscuri la voce di Amanda Majeski nel ruolo di Marta, la prigioniera protagonista; estremamente efficace sul piano delle sfumature e dei dettagli ambigui del personaggio, quello della carceriera Lisa, interpretata da Daveda Karanas.

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