Un Falstaff per capriccio inaugura Bologna

Gatti sul podio e regia di Pizzi per il nuovo allestimento verdiano: tra i mattoni delle perfierie inglesi tardottocentesche vince il tono della melanconia del grande vecchio in una lettura "sombre" che trova un eccellente Pertusi al debutto del ruolo protagonista.

Recensione
classica
Teatro Comunale Bologna
Giuseppe Verdi
23 Novembre 2001
Scriveva Bruno Barilli, a proposito d'altro, che "L'Arte è sempre in regola con il passato e tuttavia in perfetto orario con l'avvenire". Può starci, per Falstaff. Che è un cardine tra un'esperienza di tradizione quintessenziata e l'invenzione di un possibile nuovo teatro per musica. Ma alla fine, presi magari dalla fregola di rendere filigrane simboliche all'ultima opera del grande vecchio e al comico shakespeariano fuori del tempo, e aiutati in tale percorso dall'ulteriore simbolica emergenza della chiusa dell'anno verdiano (passato in verità e purtroppo senza colpo ferire o poco più), si può finire per dare a un testo stupendo e una partitura perfetta, quali questi sono, qualche valore in sovrammercato. Uno di questi valori in sovrammercato è parso, nella nuova produzione che Bologna, inaugurando stagione, coproduce con Bordeaux, il velo melanconico col quale per qualche verso Daniele Gatti, ma soprattutto Pier Luigi Pizzi, ammantano la lettura di Falstaff. Un Falstaff che sembra volere uscire, di necessità, come un Capriccio straussiano à la manière de Verdi, sguardo all'indietro del vecchio che sa di dovere incontrare presto l'infinito (ma avrebbe impiegato ancora parecchio, la fibraccia verdiana, per raggiungere l'infinito). Gatti legge l'opera con la sicurezza che gli si riconosce, in questi anni, di fronte al repertorio di spessore post romantico che va indagando in continua, progressiva maturazione. L'orchestra bolognese lo segue con merito, spesso trova toni setosi, il coro che Piero Monti ha fatto molto crescere fa la sua parte, il cast regge guidato da un eccellente Michele Pertusi, Falstaff per la prima volta con qualità di comprensione del ruolo che s'addicono appieno alla grande caratura del basso parmigiano. Ma Gatti ha deciso che il comico non ha granché a che vedere, con Falstaff. E potrebbe starci. Ci sta un po' meno quel moralistico tirare il freno al dinamismo travolgente che la drammaturgia boito-verdiana porta con sé. In questa operazione "a trattenere" gioca un ruolo fondamentale Pizzi. La sua regia lascia la bocca buona perché il maestro infila un ottimo quadro notturno, chiudendo in bellezza nella foresta di Windsor. C'è la massa, il controluce, qualche lanterna cinese globalizzata che fa la sua parte in una suggestione da tableau vivant di marca quasi britteniana che restituisce il miglior Pizzi. Ma ciò accade dopo due atti nei quali si soffre l'eccessiva sobrietà di regia, nonché l'incapacità degli interpreti (tolto Pertusi) nel far guizzare un gesto, nel dare nervi al teatro anche "fisico", dinamicissimo, di Boito e Verdi. Bei costumi, con scene adeguate alla dislocazione temporale della vicenda all'epoca boitoverdiana, in periferie inglesi a laterizio, con pendenti verzure plasticate che potevano essere partorite con maggiore affetto. Cambi di scena a vista, macchinismi nei brevi tempi morti, ma ti chiedi un po' il perché di questa deprivazione seduttiva, e il perché del trono-ascensore di Falstaff, che va su e giù in casa propria alla maniera di Alberico in discesa a Nibelheim. Pertusi ha passato la prova con grande merito, e con lui hanno cantato bene e in ruolo più d'un collega, dal Fenton di Giuseppe Filianoti, su cui Bologna sta investendo, alla Nannetta di Eva Mei; sostanzialmente riuscito anche il Ford di Roberto Frontali, ma dove si sarebbe dovuto avere di più è nel ruolo di Alice, che incontrava una Dessì un po' vaga e costretta a cavarsela talora con la forza dell'esperienza (a presentazione di stagione, nel ruolo era annunciata Fiorenza Cedolins). Cast nel complesso equilibrato secondo abitudine del Comunale, che negli altri ruoli ha proposto Mario Bolognesi, Paolo Barbacini, Mariana Pentcheva, Debora Beronesi e Andrea Silvestrelli.

Note: nuovo all.

Interpreti: Barbacini, Beronesi, Bolognesi, Filianoti/Grigolo, Frontali/Vitelli, Mei/Bicciré, Pentcheva, Pertusi/Joll, Silvestrelli, Dessì/Vassileva

Regia: Pier Luigi Pizzi

Scene: Pier Luigi Pizzi

Costumi: Pier Luigi Pizzi

Orchestra: Orchestra del Teatro Comunale di Bologna

Direttore: Daniele Gatti

Coro: Coro del Teatro Comunale di Bologna

Maestro Coro: Piero Monti

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