Tutti i Brandeburghesi a Roma

Per la Iuc con l'Orchestra Barocca Zefiro

Orchestra Barocca Zefiro
Orchestra Barocca Zefiro
Recensione
classica
Aula Magna Sapienza Università di Roma
Orchestra Barocca Zefiro
19 Ottobre 2019

I “Six Concerts Avec plusieurs Instruments” di Bach, universalmente noti come  Brandeburghesi per via del loro dedicatario, sono una summa dell’arte del concerto  che riunisce anche elementi di altri generi formali, quali la suite e la sonata a tre, come ha dimostrato con chiarezza l’Orchestra Barocca Zefiro diretta da Alfredo Bernardini nel lungo concerto che si è svolto nell’Aula Magna dell’Università di Roma “Sapienza”. La scelta di eseguirli tutti e sei si è rivelata vincente e il pubblico ha risposto affollando completamente la sala e seguendo senza alcun calo di attenzione quello che Bernardini ha definito un viaggio nei “concerti atipici per la loro epoca”. L’aver disposto il Primo e il Secondo Brandeburghese scritti per un pieno organico orchestrale a inizio e conclusione del concerto, a incorniciare gli altri quattro di natura cameristica varia, ha contribuito a mettere in risalto l’inventiva e l’originalità dei dialoghi timbrici delle diverse combinazioni di strumenti solisti, grazie anche al talento e alla qualità degli interpreti.

Che rappresentino o no un ciclo unitario concepito organicamente, o siano il frutto di differenti momenti di ispirazione creativa, i Brandeburghesi sintetizzano stili, linguaggi e modelli adottati da Corelli, Vivaldi e Handel e rielaborati da Bach attraverso una luminosa ed estrosa logica musicale nella quale cantabilità e contrappunto si fondono magistralmente.

Oltre al punto di forza di Zefiro costituito dagli strumenti a fiato che rappresentano il nucleo originario dal quale è nata questa orchestra che proprio con i Brandeburghesi sta festeggiando sia in Italia che all’estero i suoi trenta anni di attività, nella  esecuzione dei sei Concerti hanno brillato tutti gli archi e il gruppo del continuo imperniato su una abile condotta clavicembalistica. Il tempo è così volato tra un concerto e l’altro, toccando diverse corde emotive messe in risonanza dalla malinconica cantabilità dell’oboe nell’Adagio del Primo, dall’espressività delle due viole da braccio nell’intimità del Sesto con il pathos del suo Andante, dal virtuosismo del violino dell’Allegro del Quarto in dialogo con i due flauti dolci, dalla bellezza assoluta dell’Affettuoso del Quinto con flauto traverso, violino e cembalo concertato, dalla moltiplicazione della ternarietà del Terzo con i suoi motivi che si rincorrono  vorticosamente fra i tre violini, le tre viole e i tre violoncelli, e dai forti contrasti timbrici fra la brillante tromba in Fa e flauto dolce, oboe e violino quali solisti del Secondo. L’esecuzione curata nei minimi dettagli, senza fare sfoggio di virtuosismi fini a se stessi, ha messo in luce la magistrale capacità di sintesi espressa dai  Brandeburghesi che oltre ai modelli italiani, nei movimenti finali di buona parte dei concerti amalgamano anche elementi della scuola barocca francese con il suo spiccato gusto per i ritmi di danza che solo Bach riesce a trasformare in pura gioia del fare musicale.

 

 

 

 

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