Ma chi è?

Burial e altre identità nascoste

Recensione
pop
Ricorre ultimamente nei media con frequenza crescente il nomignolo di Banksy, graffitista di Bristol: vuoi per la recente sortita in ambito cinematografico (il film documentario “Exit Through the Gift Shop”, presentato al festival di Berlino), vuoi per la sfida territoriale col pioniere londinese della street art King Robbo. E non c’è commento che lo riguardi che non indugi sulla premeditata elusività del personaggio: il suo volto non è di pubblico dominio, infatti. E anonime sono le generalità anagrafiche. In apparenza un paradosso nella società dello spettacolo, dove l’immagine è tutto. Chi dunque aspira a non averne e maschera così la propria identità è la mosca bianca, l’eccezione che turba i sonni dei paparazzi dell’informazione. L’umanità ha perso da qualche mese Jerome David Salinger, a suo modo fulgido esempio di refrattarietà radicale alla cannibalizzazione mediatica della propria persona.
Essere artisti richiede necessariamente la sovraesposizione di se stessi? A prima vista pare non se ne possa fare a meno: la spendibilità dell’immagine nel circuito della comunicazione è considerata per convenzione fattore chiave nella chimica del marketing. Ma potrebbe essere anche il contrario. E non solo per ragioni – per così dire – “etiche”. Proprio per conferire viceversa originalità ed efficacia alla definizione del profilo esteriore di chi confeziona – e smercia – prodotti artistici.
Un soggetto meritevole di attenzione è Burial, la Primula Rossa del dubstep: colui che meglio di chiunque altro incarna ed esprime l’attitudine “rivoluzionaria” di quello stile divenuto ormai da qualche anno talk of the town nel reame della pop music. La leggenda che ne circonda le imprese artistiche è stata alimentata in misura rilevante proprio dalla sua inafferrabilità: nessuna foto, niente interviste, incognita sul vero nome, zero apparizioni pubbliche. Un’aura di mistero – coerente con l’enigmatico fascino ultrametropolitano delle sue musiche - che non solo non nuoce affatto all’andamento della carriera di Burial ma è anzi elemento essenziale del culto cresciuto intorno a lui.


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