The Limiñanas, garage-psyché alla francese

A Losanna Marie e Lionel Limiñanas hanno declinato con disinvoltura un rock stratificato e ancora visionario

The Liminañas (foto Alain Jordan)
Recensione
pop
Losanna, Docks
The Limiñanas
07 Aprile 2022

In ritardo pandemico di sei mesi, ma infine approdati sani e salvi sulle rive del lago Lemano, The Limiñanas riempiono i Docks, il club più branché e dinamico di Losanna.

Come da copione svizzero, la serata è aperta in perfetto orario dagli Olympic Antigua, quartetto dei dintorni impegnato a proporre un artigianato rock-blues sincero, incardinato negli anni Settanta, con risultati a dir la verità un po’ troppo scolastici. In tutt’altra direzione spingono i francesi Limiñanas, forti di una storia ormai solida, segnata da una decina di album e felici collaborazioni con Pascal Comelade (Traité de guitares triolectiques, 2015) e, più di recente, Laurent Garnier per il De Pelicula dell’anno scorso, portato finalmente in tour con qualche sensibile variante. L’assenza in scena di Garnier leva infatti la possibilità di disporre di una maggiore dose di spericolatezza elettronica e anche gli inserti parlati/cantati che costituiscono il filo narrativo di De Pelicula sono stati oggetto di significativi tagli e ridotti all’osso.

Ecco, se proprio vogliamo, è la precarietà delle parti vocali l’unico punto debole di uno show in generale tosto e coinvolgente. Anche perché il duo Marie (batteria) e Lionel (chitarra), insieme dai tempi del liceo e proprietari della ditta Limiñanas, dal vivo moltiplicano gli effettivi della band per giungere a un totale di sette elementi, dando luogo a un muro di suono a cui contribuiscono per larghi tratti ben quattro chitarre.

Gli ampi temi, stirati e rivoltati in progressione sino al limite delle loro possibilità, assumono il primitivismo del garage rock come dato di partenza, per poi introdurre variabili ritmiche debitrici del motorik beat in stile Neu! e Can. Termine quest’ultimo che a un certo punto appare a caratteri cubitali, probabilmente non a caso, sui tre grandi schermi verticali posti alle spalle del gruppo. Lenzuoli sui quali trascorrono in modo incessante spezzoni di film in bianco e nero, oscuri disegni di figure e volti non identificati, immagini di illusioni ottiche.

Un flusso visuale che alimenta e asseconda il lato psichedelico e allucinatorio espresso da una band assai abile, inoltre, a rovistare tra le possibilità offerte dall’uso improprio degli strumenti. Distorsioni e rumorismi assortiti hanno una parte non minima nella costruzione dei brani e concorrono alla definizione di sonorità ruvide, inquiete e inquietanti. Un’ora e venti filate di musica (più un bis) frutto di un felice connubio tra mestiere e invenzioni del momento, senza perdersi in chiacchiere e inutili ammiccamenti verso il pubblico.

Sin da piccoli ci hanno insegnato a dubitare del rock transalpino: per The Limiñanas si può fare un’eccezione, non se ne resterà delusi. Peccato che al momento il loro affollato giro europeo non preveda tappe italiane.

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