Les Arts Florissants, il colore nella musica di Gesualdo

Les Arts Florissants inaugura con un successo di pubblico la nuova stagione della IUC

Les Arts Florissants
Les Arts Florissants
Recensione
classica
Roma, Aula Magna della Sapienza
Les Arts Florissants
15 Ottobre 2019

Proporre la musica di Carlo Gesualdo praticamente a ridosso del giorno – la data è quella del 16 ottobre – in cui nel 1590 il Principe di Venosa diede la morte alla propria moglie, Donna Maria d’Avalos, e al suo amante Fabrizio Carafa duca d’Andria, ha probabilmente reso ancor più avvincente l’esecuzione dei madrigali che il gruppo de Les Arts Florissants ha proposto al pubblico dell’Aula Magna della Sapienza.

Ma in realtà il merito del successo della serata va ascritto sia alla bellezza del repertorio proposto sia all’interpretazione di alto livello che il gruppo di solisti guidati da Paul Agnew ha offerto dalla prima all’ultima nota del compositore italiano. Bello innanzitutto vedere una direzione dall’interno – essendo lo stesso Agnew impegnato come tenore – piuttosto che dall’esterno, a ricordare come la pratica madrigalistica sia nata principalmente per il diletto degli stessi esecutori, ma anche segno di un coinvolgimento esecutivo in prima persona come pure della capacità di interagire con gli altri interpreti in un regime di totale parità. Sei cantanti dunque che, essendo a sei voci solo l’ultimo brano in programma – il madrigale Donna, se m’ancidete che conclude il Terzo Libro –, durante tutto il concerto si sono proposti nella formazione del quintetto, creando un’alternanza soprattutto tra le voci dei due soprani, Hannah Morrison e Miriam Allen, alternanza che ha donato un colore leggermente diverso ai madrigali proposti (una selezione dai primi due libri e l’integrale del Terzo Libro): più integrata la voce della Morrison rispetto a quella della Allen, a volte un po’ troppo in primo piano anche se di indiscutibile bellezza.

In ogni caso il risultato espressivo è stato sempre incantevole, una linea interpretativa molto "british" – vista la prevalenza di esecutori di lingua inglese – che non ha fatto rimpiangere la maggiore attenzione alla dizione che i gruppi italiani possono offrire, puntando piuttosto al colore vocale e all’atmosfera sempre cangiante a seconda degli affetti. Con risultati entusiasmanti, come quando si sono rincorsi i sospiri amorosi, i pungenti strali e i dolci desideri che affollano i testi musicati dall’aristocratico musicista.

Bene ha fatto il direttore artistico dell’Istituzione Universitaria dei Concerti – Giovanni D’Alò – a immortalare, al termine della sua introduzione, il folto pubblico presente nell’Aula Magna, circa un migliaio di persone, accorso per un programma musicale che sulla carta poteva risultare impegnativo. L’augurio è che, al di là del richiamo che immancabilmente le inaugurazioni esercitano, l’intera stagione concertistica della Sapienza possa raggiungere altrettanti risultati di pubblico.

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