Le pulsazioni di Valcuha

Napoli: Al San Carlo con il violinista Sokolov

Valcuha e Sokolov
Valcuha e Sokolov
Recensione
Teatro San Carlo, Napoli
Valcuha e Sokolov
11 Novembre 2018

Profondo studio, dominio tecnico e grande talento. Ma per chi non avesse mai ascoltato Valcuha dirigere compositori russi (Glazunov, Prokofiev, Rachmaninov) il resoconto fin qui potrebbe far pensare ad interpretazioni moderne si, ma anche convenzionali, dove a catturare sono più le atmosfere che la musica. Invece no. Non esiste un codice univoco sul podio, ma uno stile di certo sì. Domenica 11 novembre al Teatro San Carlo di Napoli Valcuha fa scuola Russa. Fa ciò che la musica chiede, senza rischi, senza errori - e la sua attitudine per certi repertori a volte dai timbri spigolosi permette un risultato sempre semplicemente bello. L'interpretazione è pensata, ma non idealista. Il gesto è sobrio, piuttosto fermo, contenuto in ampiezza, mai troppo esagerato anche nei respiri e nelle arcate più lunghe dei canti appassionati come nel Valzer da concerto N. 1 op. 47 di Aleksandr Glazunov, che apre il concerto. Giusto e sempre efficace. 

A seguire, il concerto n. 2 op. 63 per violino di Prokofiev, e la verità è che Valchua ha la capacità di far suonare Prokofiev su di una soglia impercettibile tra pulsazioni ritmiche e intensità melodica, e in questo sinfonismo, e forse così solo come in Prokofiev, si esalta. Valeriy Sokolov al violino mai frenetico, asciutto, con timbro e scolpitura del fraseggio che riempiono la sala. Una prova piena di carnalità e virtuosismo per Sokolov che mostra un vero dominio di questo repertorio. La partitura, cesellata dal giovane violinista, su arcate mirate, su gesti ritmici caratteristici dello stile di Prokofiev, su intrecci tra temi e volumi, suona con eleganza nell'insieme, interpretando al meglio colori e sfumature. Ecco le Danze Sinfoniche op.45 nella seconda parte, un concentrato di energia e concretezza esecutiva, accolta da applausi trionfali. Valchua si proietta in un Rachmaninov sperimentale, disegnando fraseggi come fossero cantati, con giochi di dinamiche e ricomposizioni. La forma, così fluida e robusta in Rachmaninov, non era proprio reinventata, riconduceva a volte nel fraseggio ad una punta di Čajkovskij, altre a Shostakovich, e così storicizzato cavalcava bellezza timbrica in una lettura avvolgente. Mai spigolosa, plasmata in tutte le sue rivelazioni incantanti. Un plauso all'orchestra che ha suonato benissimo, balzante nell'Andante con moto, con apici di volumi e grande compattezza in Lento Assai, e dove l'Allegro Vivace risultava una vera e propria maestria d'insieme. L'orchestra del teatro napoletano sembra ormai pienamente nelle mani di Valcuha, aspettando Muti a breve.