Il variegato Novecento della Haydn

Aperta la stagione estiva della fondazione di Bolzano e Trento con un omaggio a Kurt Weill e Klaus Nomi

Orchestra Haydn, Timothy Redmond e Marco Mandolini
Orchestra Haydn, Timothy Redmond e Marco Mandolini
Recensione
Bolzano, Auditorium
Orchestra Haydn e Timothy Redmond
01 Giugno 2021

Da un lato Kurt Weill (1900 – 1950), dall’altro Klaus Nomi (1944 – 1983), in mezzo un Novecento musicale segnato da un florilegio di generi e stili che si presentano al tempo stesso come stimolante patrimonio di varietà espressiva da un lato e insidiosa trappola di rodati cliché dall’altro. Sul filo sottile segnato dal confine tra questi due panorami si è mosso il programma presentato l’altra sera all’Auditorium di Bolzano in occasione dell’apertura di Opera 2021: Once upon a time, la stagione estiva d’opera della Fondazione Haydn di Bolzano e Trento.

Nella prima parte l’orchestra Haydn guidata da Timothy Redmond ha perlustrato l’immaginario teatrale affilato e pregnante di Kurt Weill racchiuso nella galleria di ideali immagini sonore tra le più riconoscibili e riconosciute del compositore tedesco racchiuse in questa suite che vedeva impegnato quale violino solista Marco Mandolini. Il tracciato segnato dal susseguirsi dei brani proposti ha avuto il merito di rievocare l’immaginario musicale decisamente connotato di Weill, seppure qui immerso in una lettura alquanto controllata. Una chiave interpretativa che ha imbrigliato in un certo senso quei caratteri dinamicamente ora sinuosi ora sghembi e timbricamente affusolati che la musica del compositore tedesco attinge comunque dagli stilemi della musica da cabaret e dalla tradizione jazzistica coeva. Il risultato ha restituito brani che andavano da “Havanna Song”, tratto da Ascesa e caduta della città di Mahagonny, fino a “Mack the Knife”, celeberrima melodia estratta dall’Opera da tre soldi, attraverso una lente un poco distaccata, un approccio che pareva assecondato anche dalle sortite solistiche del violino di Mandolini.

Un clima che, seppure caratterizzato da una differente connotazione stilistica, abbiamo ritrovato anche nell’omaggio che Olga Neuwirth ha voluto tributare a Klaus Nomi e qui proposto in prima italiana. In questo frangente alcuni brani del repertorio del cantante e autore tedesco, che ha rappresentato una singolare figura nel panorama musicale pop elettronico tra gli anni Settata e il decennio successivo, sono stati riletti attraverso una veste strumentale a tratti intrigante, altre volte segnata da cortocircuiti stilistici alquanto legnosi, dove alcune scelte armoniche si sovrapponevano a differenti soluzioni dinamico-timbriche in maniera un poco schematica. Un quadro nel quale la voce solista del controtenore Andrew Watts, oltre a evocare un’ideale coerenza con il carattere interpretativo della stessa tessitura vocale di Klaus Nomi, è riuscita comunque a restituire con buon impegno i caratteri di brani quali, tra gli altri, “Total Eclipse” o “Simple Man”.

Alla fine il pubblico presente ha salutato con palese favore tutti gli artisti impegnati.