Il Cavaliere della Rosa di nuovo alla Scala

Buona riuscita per Il Cavaliere della Rosa alla Scala, allestimento un poco invecchiato, ma voci e direzione d'orchestra di ottimo livello.

Recensione
classica
Teatro alla Scala Milano
Richard Strauss
15 Gennaio 2003
Operazione ottimamente riuscita questa del Cavaliere della Rosa. Sull'allestimento storico di Pizzi del 1996 per il Carlo Felice di Genova, la Scala ha costruito un'edizione del tutto nuovo. Le tre principali voci femminili sono di ottimo livello; la Marescialla di Adrianne Piczonka e l'Octavian di Kristine Jepson, insieme con la Sophie di Laura Aikin hanno tra l'altro una gradevolissima e disinvolta presenza scenica. Mentre qualche perplessità la lascia il Barone Ochs di Kurt Rydl. Il basso talvolta appare con la voce un po' logora e non sufficientemente ferma. Il soliloquio del secondo atto, specie sul valzer più famoso dell'opera, non è all'altezza di questa nuova apparizione straussiana. Per altro insidiosa di paragoni per il teatro milanese, dopo il miracolo successo nel 1976 con Carlos Kleiber sul podio. Ma il risultato è stato più che buono, la direzione di Jeffrey Tate è correttissima e precisa, senza tanti estri, ma col grande merito di aver fatto funzionare l'orchestra al meglio. La prova è stata superata a pieni voti anche nella sezione legni e ottoni. Le scene col tempo hanno assunto una patina un poco vecchiotta, non fuori luogo per l'opera, la regia invece rimane quasi sempre molto convenzionale. Non è una delle più riuscite di Pizzi. Tutto vi accade per benino, in modo sempre prevedibile come se venisse rispettato un cliché cristallizzato. Col risultato che appena se ne discosta crea degli stridori. Dalla doppia prima colazione servita in camera da un nugolo di camerieri nel primo atto, quando la Marescialla dovrebbe far di tutto per nascondere sotto il letto l'adorato Quinquin, alla catena di eventi nel finale modificati per poter concludere l'opera a letto com'era cominciata. Il divertimento studiato al millimetro da Hoffmannsthal era di lasciare la scena vuota per l'imprevedibile intervento del paggetto nero, mentre qui i due giovani, pur nascosti, dalle tendine, rimangono a spassarsela fra le lenzuola. Col risultato che il fazzoletto non è più perduto di Sophie, con una tempistica utile per il colpo di coda sul palco e in orchestra, ma dalla Marescialla che se n'è andata molto molto tempo prima. Così la gag non funziona più. Pubblico caloroso, contentissimo della bella serata e, stando ai discorsi origliati nel foyer, soddisfatto dei piccoli schermi sulle spalliere con la traduzione del libretto. Molte le chiamate anche a fine di ogni atto. Spiace solo una cosa, anzi fa venire una rabbia sorda, che ci fossero tanti posti vuoti per un capolavoro che mancava dal cartellone scaligero da ventisei anni. C'è da vergognarsi e da chiedersi se il teatro si sia sufficientemente adoperato per far crescere il proprio pubblico.

Note: all. del Teatro Carlo Felice di Genova

Interpreti: Pieczonka, Rydl, Jepson, Ketelsen, Aikin, Thompson

Regia: Pier Luigi Pizzi

Scene: Pier Luigi Pizzi

Costumi: Pier Luigi Pizzi

Orchestra: Orchestra del Teatro alla Scala

Direttore: Jeffrey Tate

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