I sogni in scena

Recensione
classica
Klangbogen Wien Wien
Massenet
16 Luglio 2002
L'annuale festival estivo del Klangbogen di Vienna è stato organizzato intorno alla tematica del sogno. E quale migliore occasione per presentare al pubblico un'opera lirica, che oltre a venire raramente eseguita, si costruisce e si sviluppa proprio a partire da questo tema. Tutti gli elementi della complessa rappresentazione, ci è sembrato, hanno aspirato a sottolineare questo aspetto: La regia è densa di allusioni simboliche, di riferimenti ambigui in cui la linea tra realtà ed irrealtà (finzone) tende a sfumare e, lentamente, a scomparire. A partire dalla scelta ardita di inserire un personaggio - il poeta Cervantes - che non compare assolutamente nella partitura di Massenet. Cervantes, interpretato in maniera molto singolare e originale dall'attore Tim Grobe, non canta, ma esprime in una sorta di miscuglio di mimica e recitazione parlata la complessità della figura del poeta, che introduce (leggendo sopra l'ouverture strumentale passi dell'opera di Cervantes) e allo stesso tempo osserva le vicende partorite dal suo genio creativo. Quacuno nel pubblico non ha apprezzato questa scelta di "meta-arte" e ha pensato essere cosa opportuna esternare il suo dissenso con schiamazzi e urla di delucidazione rivolte al resto del pubblico. Fortunatamente il disturbatore è stato allontanato dal teatro e la rappresentazione è proseguita senza ulteriori commenti. Come dicevamo prima della breve interruzione scandalistica, dettata dal dovere di cronaca, un tentativo di resa trasognante ha pervaso tutto lo spettacolo. I personaggi si muovono in una scenografia minimalista - un cerchio di sabbia rossa ed una scala a chiocciola nella parte anteriore della scena - che risveglia associazioni reali (il circo, l'arena), ma anche simboliche. Le luci giocano insistenti con colori notturni (il viola) e combinazioni cromatiche (come il rosso e il viola, varie tonalità di rosso) associabili all'irrealtà e singolarità dei sogni e del sognare. Buona la prestazione dei cantanti, tutti molto sicuri nella resa canora e drammatica, sebbene il testo francese fosse assolutamente incomprensibile. Anche i sovratitoli in lingua tedesca, traduzione di circa un terzo del testo, non hanno aiutato più di tanto nella comprensione dettagliata della materia poetica. Una menzione speciale merita il coro, cui Massenet dedica molto spazio musicale in quest'opera, che è stato sempre preciso ed equilibrato senza rompere gli incanti intimistici della partitura. Anche l'orchestra ha offerto una prestazione ammirevole. Il suono delle diverse sezioni strumentali è chiaro, espressivo e molto caratterizzato; la massa orchestrale risponde con suono morbido e, contemporaneamente, intenso. La paletta timbrica è ricca e variegata, il suono curato, accentuando come nella musica di Massenet già compaiano quelle nuances timbriche tipiche della musica francese del periodo successivo, a cui si da il nome, infelice, di impressionismo. L'opera è un susseguirsi di contrasti, quasi di sogni ed incubi, e tutta la rappresentazione - mai piatta, mai gratuitamente virtuosistica - si è saputa muovere con destrezza tra questi due estremi. E sebbene Don Quichotte, l'eroe, al termine dell'opera muoia, lasciando in eredità a Sancho Panza il suo universo fantastico, il finale non suscita tristezza; quasi un controsenso che ancora una volta ci vuole ricordare che 'forse tutto è solo un sogno'.

Interpreti: David Pittsinger, Richard Bernstein, Liliana Nikiteanu, Otokar Klein, Laurent Koehl, Elisabeth Kulman, Gisela Theisen, Tim Grobe

Regia: Torsten Fischer

Scene: Herbert Schäfer

Costumi: Ute Lindenberg

Orchestra: Radio Symphonieorchestr Wien

Direttore: Emmanuel Villaume

Coro: Festival-Chor KlangBogen Wien

Maestro Coro: Bernhard Schneider

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