Harding e Zimmermann alla Rai di Torino
Differenze e affinità tra Respighi e Mahler
Daniel Harding non ha bisogno di presentazioni: è uno dei più grandi direttori d’orchestra a livello internazionale e ha un rapporto assiduo con l’Orchestra Sinfonica della Rai di Torino. Frank Peter Zimmermann è un violinista tra i migliori che il panorama contemporaneo offre, ha affiancato Harding in vari concerti con alcune delle più prestigiose orchestre europee e anche di lui, presenza abituale nelle stagioni concertistiche torinesi, si può dire che non ha bisogno di presentazioni.
Chi invece ha bisogno di presentazioni è forse il Concerto gregoriano per violino e orchestra di Ottorino Respighi, ancora troppo poco conosciuto per il valore che ha. È una composizione del 1921 scritta usando gli antichi modi invece della moderna tonalità (sono gli anni alla ricerca di alternative al sistema tonale) e che si caratterizza per un fluire melodico che non tende a un punto, ma vaga per i percorsi delle scale modali con tanti giochi di prestigio armonici e con una profilatura tematica tra l’epico e il popolare, due caratteri che in epoche arcaiche andavano insieme. Zimmermann ha plasmato la monodia del violino conferendole sempre una cantabilità composta, senza troppi eccessi anche nei momenti nervosi o appassionati, e il ricordo che si ha a canto finito è di aver ascoltato trenta minuti di un grande legato, ampio come una volta di cattedrale di un Medioevo immaginario.
Di Respighi Harding ha assecondato la concezione circolare del tempo, indugiando in tempi rallentati, con morbidezze e screziature orchestrali paghe di loro stesse: una lettura opposta a quella che ha dato di Gustav Mahler, di cui ha diretto la Prima Sinfonia “Titano” come se fosse un grande romanzo (cosa che in effetti è; oggi si direbbe “come una grande serie tv”) dove la tensione narrativa non cala mai, dove vuoi sempre sapere cosa succede dopo, dove il tempo, anziché essere circolare come in Respighi, ha un inizio (il Naturlaut primordiale) e a furia di colpi di scena corre in avanti verso un finale. L’orchestra Rai ha tirato fuori i suoi colori più belli e suonato con autentico virtuosismo.
Infine, la raffinatezza nella scelta di accostare queste due partiture ha svelato 1) che entrambe concepiscono l’epico e il popolare come uniti in un immaginario mitico-arcaico; 2) che iniziano in maniera pressoché identica.
Se hai letto questa recensione, ti potrebbero interessare anche
La prima settimana della frastagliata rassegna di musica contemporanea con Saunders e Chin nel concerto di apertura, Vivaldi con la Venice Baroque Orchestra, un David Lang di guerra e un’intensa serata Ustvolskaya con Kopacinskaja e Hinterhäuser
La versione di Massenet, la congiunzione astrale e Clouzot