Atys balla a Ginevra
Successo per Lully firmato Preljocaj
Il Grand Thèatre de Genève propone un titolo ormai iconico dopo il répechage firmato dal tandem William Christie - Jean-Marie Villégier (1987), unanimemente considerato la scintilla che ha innescato la ‘Baroque renaissance’, Atys di Jean-Baptiste Lully. Tragédie lyrique, ossessione di Luigi XIV, narra di un quadrilatero amoroso: Atys ama Sangaride, promessa al re Célérus, ma è amato da Cybèle. Quando ci sono di mezzo gli dei, chi ci rimette sono gli umani… Rappresentazione dell’ineluttabilità del destino.
In Francia le opere sono sempre intercalate da danze. Qui la regia è del coreografo Angelin Preljocaj che legge la trama attraverso la danza: i cantanti stessi sono chiamati a questa arte; al corpo di ballo è affidata la rappresentazione del sottotesto del libretto: danza elegante e minimalista, talvolta sensuale, comunque narrativa. Dicotomia tra movimenti fluidi ed elastici dei video Bill Viola contrapposti e i gesti teatrali che terminano in pose scultoree alla Bob Wilson dei cantanti. Splendido il corpo di ballo del Teatro che si fa notare per intensità espressiva e souplesse così come il coro luminoso anch’esso chiamato all’esibizione… ginnica alla quale non si sottraggono neanche i cantanti… ballerini.
Cast di lusso. Sangaride (Ana Quintans) rivaleggia nella linea di canto con Cybèle (Giuseppina Bridelli) come Atys (Matthew Newlin) con Célérus (Andreas Wolf): luminosa negli acuti l’una, venata di sottile perfidia la voce dell’altra, brillante il timbro del primo dalla dizione perfetta nonostante non sia francofono, voce piena e rotonda del secondo. Anche i ruoli minori si fanno notare per pulizia e accuratezza.
Leonardo Garcia Alarcón alla testa della Cappella Mediterranea in stato di grazia, non si è peritato di sforbiciare la partitura perché la tensione narrativa raggiungesse il climax, che sfiora la tensione drammatica quando Sangaride muore: melodia del coro che echeggia Orfeo che piange Euridice (Gluck).
Le scene di Prune Nourry vanno dal muro megalitico del Tempio di Cybèle (come non pensare al Kotel?) a delle radici (del pino in cui Atys sarà trasformato?).
Applausi a non finire. Generoso bis cantato da tutti.
Precede l’esecuzione dell’opera l’inno ucraino arrangiato per orchestra barocca dallo stesso Alarcón.
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