Una mostra per tre

Si è aperta in questi giorni a Roma presso l'Accademia di Francia di Villa Medici una mostra dedicata agli scenografi Luciano Damiani, Lila De Nobili e Piero Tosi che resterà aperta fino al 2 aprile.

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Si è aperta in questi giorni a Roma presso l'Accademia di Francia di Villa Medici una mostra dedicata a Luciano Damiani, Lila De Nobili e Piero Tosi che resterà aperta fino al 2 aprile. Tre importantissimi scenografi e costumisti il cui lavoro a partire dal dopoguerra ha spaziato tanto nel teatro che nel cinema, e il cui impatto ha segnato un'epoca nel nostro teatro musicale. Il melomane, magari callasiano osservante, potrà scrutare i bozzetti di De Nobili dei celebri costumi per "La traviata" della Scala del 1955 -la regia era di Visconti e dirigeva Giulini–, affiancati alle foto di scena della Callas, e molte altre sono le memorabilia. Siamo però di fronte a tre personalità che hanno trasformato quello che era considerato un semplice décor in un fatto espressivo. L'impatto dei progetti scenografici di Damiani è nella capacità di modificare in modo eloquente la percezione dello spettatore, e che a questo fosse arrivato richiamandosi alla tradizione classica e alla prospettiva rinascimentale, non cambia che la messa in discussione del punto di vista resta uno nodo della cultura del '900. Dell'altissimo artigianato di Piero Tosi, di cui tra l'altro sono esposti numerosi costumi, si sono sempre cantate le lodi: ma bisogna guardare ai preziosi raso e seta che cadono morbidi ne "La sonnambula", nella "La vera storia della signora delle camelie", e s'irrigidiscono fino a sembrare metallo nei vestiti con cui attraversare la perigliosa regia del "Don Carlo". Della mostra esce un catalogo dell'editore Skira: è un bel libro corredato da testi di Richard Peduzzi, Alvar Gonzales Palacios, Caterina D'Amico de Carvalho, François Régnault. Andrebbe segnalato anche alla bisnipote di Richard Wagner, Nike, che colleziona testi dove la Festspielhaus è collocata a Beirut, vedi a pagina 119, ma che rimarrebbe sorpresa e forse delusa dal fatto che lo stesso testo in francese posto in appendice porta la solita e banale ubicazione di Bayreuth (pg. 186). (Luca Del Fra)