L'ultima serenità di Carosone

Renato Carosone è morto lo scorso 20 maggio, nella sua casa romana, a 81 anni che aveva compiuto il 3 gennaio.

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Renato Carosone è morto lo scorso 20 maggio, nella sua casa romana, a 81 anni che aveva compiuto il 3 gennaio. Scompare, con lui, uno dei grandi "riformatori" (egli stesso, con umiltà e acume, si era definito tale) della canzone italiana che, per tutto il corso degli anni Cinquanta, seppe rinnovare profondamente. Brani oggi proverbiali, popolari in tutto il mondo come Tu vuo' fa l'americano, Pigliate 'na pastiglia (che ben sintetizza il suo humour agrodolce), Torero, la splendida Maruzzella, tutti confezionati con il paroliere Nicola Salerno, in arte Nisa, apparvero come una ventata d'aria fresca nell'Italia canora dell'epoca, dominata da melodie plumbee e convenzionali, da testi conformisti e mielosi, da Papaveri e papere e E la barca tornò sola, che Carosone sbeffeggiò aggiungendovi, nella sua reinterpretazione, un "e a me che me ne 'mporta?". Era, la sua, una miscela esplosiva fatta di swing e melodie arabeggianti ("scapricciatelle", direbbe Carosone) che rinverdiva la tradizione "all'americana" dei grandi Natalino Otto, Alberto Rabagliati, Ernesto Bonino. E che duellava, a colpi di successi discografici, con Fred Buscaglione, l'altro formidabile "americano" degli anni Cinquanta. E se "il grande Fred" se ne andò all'alba del 3 febbraio del '61, in un incidente automobilistico, il cantante e pianista napoletano aveva messo sotto choc l'Italia pochi mesi prima, annunciando il suo ritiro in una trasmissione televisiva. Era il 7 settembre 1960 e l'artista, in quel momento all'apice di una popolarità immensa, non rivide la sua decisione. "Ritornò" 15 anni dopo, e poi altre volte. Ma sempre a modo suo: con semplicità e onestà intellettuale, distillando le presenze e rifiutando offerte anche allettanti per dedicarsi alla famiglia, alla pittura, negli ultimi decenni sempre più centrale nella sua espressività.