The Weather Station sotto le stelle del jazz

La canadese Tamara Lindeman pubblica How Is It That I Should Look at the Stars: gemello diverso del precedente Ignorance

The Weather Station
Disco
pop
The Weather Station
How Is It That I Should Look at the Stars
Fat Possum
2022

A Ignorance, album pubblicato poco più di un anno fa e acclamato da alcuni – “New Yorker”, “The Observer” e “Uncut” – quale migliore in assoluto del 2021, la trentasettenne canadese Tamara Lindeman, impegnata sul fronte musicale con la denominazione The Weather Station dal 2008, dopo essere stata attrice cinematografica e televisiva, abbina ora un disco gemello, How Is It That I Should Look at the Stars, che sta al predecessore – parole sue – come la Luna al Sole.

Ciò all’ascolto è reso evidente dalla differenza negli arrangiamenti: quasi opulenti e spesso sintetici la volta scorsa, adesso invece essenziali e in larghissima misura di natura acustica. Benché originate dal medesimo flusso di scrittura, le dieci canzoni qui incluse sono state sviluppate in un secondo momento e tutt’altro modo, registrando cioè in presa diretta per tre giornate nel marzo 2020 in compagnia di strumentisti reclutati nella scena jazz di Toronto.

– Leggi anche: The Weather Station: ecologismo e sentimenti

Punto di snodo fra le due opere è il brano che dava titolo alla precedente pur figurando in questa: una ballata esile e malinconica per voce e pianoforte, con minime decorazioni di fiati. L’intestazione del nuovo lavoro cita viceversa l’incipit di “Stars”: persino più essenziale di “Ignorance”, racconta di un Capodanno nel deserto in cui i fuochi d’artificio divengono metafora dall’insipienza umana (“Manda un'altra stella in cielo solo per vederla morire, cadente attraverso il nero in un arco luminoso, lo giuro su Dio, questo mondo mi spezzerà il cuore”). La vocazione ecologista espressa nell’album “ignorante” non è affatto accantonata, ma rimane ora sullo sfondo: “Sono pigra, voglio parlare solo d’amore”, confessa in “To Talk About”, dove si concede di duettare al microfono con il pianista e flautista Ryan Driver.

Al principe dei sentimenti allude anche “Endless Time”, altro pezzo forte della raccolta, ancorché riferito alla fine di una relazione: “Ridevamo tanto da farci venire le rughe intorno agli occhi, lo puoi vedere in quella foto di noi di molto tempo fa, come siamo cambiati, ed è successo così lentamente che nemmeno lo si sarebbe detto, devo trovare quella foto, voglio guardarla di nuovo”.

Il portamento è classico, tale da eludere una precisa collocazione cronologica: How Is It… suona affine a certe cose di Laura Nyro o Joni Mitchell distanti ormai un abbondante mezzo secolo, eppure la sua fragile grazia confidenziale non può che lasciare incantati.

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