Beethoven: l’alfa e l’omega del trio

Prima tappa dell’integrale di Beethoven per violino, violoncello e pianoforte per il Trio Metamorphosi

Trio Metamorphosi - Beethoven
Disco
classica
Trio Metamorphosi
Beethoven Trio op. 1 n. 1, Trio Arciduca op. 97
Decca
2019

Se il catalogo beethoveniano si avvia con un trittico di composizioni per trio – nella fattispecie i Trii op. 1 per violino, violoncello e pianoforte, n. 1, 2 e 3 – non è detto che ciò rappresenti necessariamente un segno del destino o che racchiuda in sé un significato ancestrale o esoterico di qualche illuminata e illuminante significazione.

Mi si perdoni la prosaica premessa, ma mi sembrava doverosa al fine di dissipare qualsiasi interpretazione, anche ipotetica, che rinvenisse una qualche simbologia in un fatto dovuto più alla contingenza che non a qualche attuata divinazione del fato.

Resta il fatto che queste composizioni – pubblicate da Artaria nel 1795 – rivestono un’importanza rilevante in quanto Beethoven, allora venticinquenne, per usare le parole di Giovanni Carli Ballola, «si affermò clamorosamente come compositore, diremmo noi, d’avanguardia, attirando su di sé l’attenzione di tutto il mondo musicale viennese».

Un segno, quello rappresentato dal fresco dinamismo creativo espresso da un Beethoven “ufficialmente” esordiente, che emerge con vivace espressività dall’interpretazione offerta dal Trio Metamorphosi del primo Trio op.1, tappa iniziale di un’incisione discografica che racchiude, assieme a questa prima pagina, anche l’ultimo lavoro per questa formazione strumentale composta dal maestro di Bonn – il Trio Archduke op. 97 – in una sorta di ideale salto stilistico-interpretativo che disegna una linea che unisce, appunto, l’alfa e l’omega del repertorio beethoveniano per trio.

Prima tappa di un percorso che prevede l’incisione dell’integrale dei trii di Beethoven, questo disco evidenzia innanzitutto una vivacità espressiva che questa formazione – composta da Mauro Loguercio al violino, Francesco Pepicelli al violoncello e da Angelo Pepicelli al pianoforte – rilascia con solida leggerezza fin dall’Allegro che apre l’op. 1, animato da una vitalità che diviene subito contagiosa, e capace di condurre il percorso di ascolto dalle oasi più riflessive dell’Adagio cantabile alle sinuose dinamiche dello Scherzo, per finire nel trascinante Finale.

Un’affinità strumentale e dialettica che si fa timbricamente più compatta alle prese con l’op. 97, dove la scrittura diviene più serrata e complessa e dove l’afflato compositivo richiede una tensione espressiva più articolata. Assodata la rilevanza dell’intera composizione, punto di riferimento del trio “Arciduca” rimane quell’Andante cantabile il cui tratteggio melodico – unito alla fantasia espressa nelle variazioni – appare sommamente ispirato, e che il Trio Metamorphosi è riuscito a restituire con fragrante personalità.

Una lettura che rivela assieme una piacevole compattezza strumentale e una vivace identità interpretativa, una miscela che ci spinge ad attendere con curiosa aspettativa le successive tappe discografiche dedicate ai trii beethoveniani annunciate da questa formazione.

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