Nick Drake, una disgregazione ricomposta

Un libro di Ennio Speranza propone un’analisi di Pink Moon, ultimo disco del cantautore scomparso 46 anni fa

Nick Drake Pink Moon Ennio Speranza
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Quella proposta da Ennio Speranza nel suo libro Nick Drake e Pink Moon. Una disgregazione (Galaad Edizioni 2020, 146 pp., 15 €) è una sorta di scomposizione e ricomposizione del terzo e ultimo lavoro discografico del musicista inglese, una lettura che va al di là dell’aura mitologica alquanto ridondante che si è depositata sulla figura di Drake a partire dalla sua morte, avvenuta il 25 novembre di quarantasei anni fa.

Autore poliedrico – musicologo, sceneggiatore, drammaturgo, regista e conduttore radiofonico – già docente alla “Sapienza” di Roma e alla SP Escola de Teatro di São Paulo in Brasile e ora insegnante al Conservatorio “Licinio Refice” di Frosinone, Ennio Speranza ci ha abituati al suo approccio originale al mondo della musica: basti pensare, per esempio, al saggio Una pianta fuori di clima. Il quartetto per archi in Italia da Verdi a Casella (EDT, 2013).

Anche in occasione di questo volume, pubblicato qualche mese fa dalla casa editrice Galaad di Teramo, Speranza ci propone uno sguardo personale sulla musica di un artista originale come Nick Drake, una delle figure della popular music degli anni Settanta che più hanno subito la retorica del poeta lacerato, del genio incompreso, dell’anima bella annegata nelle brutture del mondo. Un immaginario al quale hanno contribuito fantasiosi paralleli con altri personaggi più o meno “maledetti” dell’epoca – tirando in ballo, per esempio, Syd Barrett, figura che, a dire il vero, mi pare abbia poco a che fare con Drake, a parte una certa sfortuna – e soprattutto una crescente popolarità che ha dilagato nei decenni successivi nutrita da testimonianze di musicisti-influencer ante litteram quali Peter Buck dei R.E.M. o Robert Smith dei Cure, fino ad arrivare al pianista jazz Brad Mehldau che in più occasioni ha riletto brani del cantautore inglese.

Nick Drake Pink Moon Ennio Speranza

Speranza cerca di fare piazza pulita di ogni concrezione mitologica o retorica depositata sull’oggetto del suo discorso, chiarendo fin dall’introduzione che lui si è «innamorato del mistero della musica di Nick Drake, non del mistero della sua vita». Dopo una prima parte di contestualizzazione e ricostruzione storica per così dire alquanto “frammentata” – “Introduzione in forma di frammenti”, “Frammenti di una vita. Ovvero, leviamoci di torno la biografia”, “Frammenti in forma di frammenti…” – dove l’autore si diverte a giocare con lo stile di scrittura, tra anafore e ironia un poco sorniona, il nucleo centrale del lavoro si concentra sull’analisi musicale. Si tratta di una lettura puntuale degli undici brani – “Frammenti di analisi” – che compongono la mezz’ora scarsa di musica custodita nell’album Pink Moon, terza fatica discografica di Drake dopo Five Leaves Left e Bryter Layter, registrata nel 1971 in occasione di due sessioni notturne dal cantautore in compagna di John Wood.

«Pink Moon è, mutatis mutandis, come una sinfonia romantica: inizia con il buio e si conclude con la luce. È come un poema sinfonico tardo ottocentesco o primo novecentesco: inizia con la morte e finisce con la trasfigurazione».

Titolo dopo titolo, il percorso di analisi affronta il testo ma soprattutto la materia musicale che infonde le composizioni stilisticamente variegate che segnano questo album plasmato solo con la chitarra e la voce di Drake (se si esclude la sovraincisione del frammento di pianoforte nel primo brano). Dalla canzone eponima alla conclusiva “From The Morning”, Speranza ci offre quindi un racconto che diviene limpido, preciso, lucido nel delineare le valenze se vogliamo drammaturgiche delle successioni armoniche, i caratteri timbrici delle accordature “aperte”, i segni ritmici del fingerpicking, e così via. Una sorta di operazione chirurgica, per così dire “a cuore aperto”, dove emerge anche il lato più paradossalmente sentimentale dell’autore: «Pink Moon è, mutatis mutandis, come una sinfonia romantica: inizia con il buio e si conclude con la luce. È come un poema sinfonico tardo ottocentesco o primo novecentesco: inizia con la morte e finisce con la trasfigurazione».

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