Marionette all'Opera

Un convegno a Londra raccontato da Alberto Jona (Compagnia Controluce)

Articolo
classica
"Puppetry in Opera" cioè marionette, ombre, burattini nel mondo del melodramma, questo il titolo della due giorni che il Puppet Centre di Londra, diretto da Linda Lewis, ha organizzato al Barbican Centre il 9 e 10 novembre scorsi, in collaborazione con il Centre of Research into Objects and Puppets in Performance (CROPP) e la Central School of Speech and Drama (CSSD) insieme al Trinity Laban Conservatoire of Music and Dance e al Barbican Centre. Sono stati due giorni per ragionare attorno al rapporto fra l'opera e teatro di figura; studiare come questo rapporto si è articolato nel corso del tempo e soprattutto investigare quali strade può intraprendere nel teatro contemporaneo. Ne è risultato un viaggio alle radici del melodramma che si è concluso mostrando come l'accostamento al teatro di figura non sia solo un'idea di messinscena in più ma anche un modo di entrare nelle profondità dei meccanismi narrativi dell'opera e darne una nuova lettura.

Il convegno era diviso in una prima giornata di relazioni e interventi teorici, accompagnati da proiezioni di filmati e materiali video di grande interesse, mentre la seconda era dedicata a workshop sul campo. Un nutritissimo gruppo di giovani cantanti e marionettisti ha potuto mettersi in gioco sotto la guida di docenti illustri e sperimentare possibilità di dialogo fra i due generi. Linda Lewis insieme a Louise Jeffreys, direttrice della programmazione del Barbican, ha aperto ufficialmente i lavori in una sala gremita di pubblico, soprattutto cantanti, studenti di canto e marionettisti; una sala dell'enorme centro culturale londinese, affacciata sui giardini tropicali della corte interna. A dare inizio agli interventi è stato Daniel Snowman, storico del teatro d'opera e autore de "Il Palco d'oro" tradotto anche da poco in Italia per le Edizioni Elliot. Snowmann ha offerto un acuto sguardo critico abbracciando un arco storico che iniziava dalle prime forme di teatro popolare di strada agli spettacoli di corte, dalle opere del Settecento per marionette fino alle esperienze di "puppet opera" di Salisburgo o Praga. Anche il secondo intervento è rimasto in ambito storico: Penny Francis, fondatrice del Puppet Centre nel 1974, ha proposto un'analisi delle due forme, opera e teatro di marionette, soffermandosi e comparando gli aspetti di stilizzazione e artificio comuni alle due forme dal Cinquecento in poi. Gioco e canto, due tra le attività dell'uomo più naturali e più radicalmente umane, sono da sempre gesti culturali, immediati e complementari che trovano appunto nell'opera e nel teatro di marionette la ideale evoluzione artistica. William Kentridge, artista visivo e regista sudafricano (sua la regia del Flauto Magico l'anno passato alla Scala di Milano e sua l'istallazione che a novembre si è inaugurata negli impressionanti Tanks della Tate Modern di Londra) ha presentato il suo lavoro con la Handspring Puppet Company su "Il ritorno di Ulisse in Patria" di Monteverdi, proponendo un momento di altissima riflessione sul rapporto fa opera e puppet, sul tempo della narrazione musicale e teatrale, sulla genesi artistica di una messinscena. Kentridge ha svelato la complessità e la stratificazione dell'Ulisse - strutturato con marionette mosse dai cantanti stessi, proiezioni video e interazione fra musicisti (strumentisti e cantanti) e marionettisti- cogliendo i punti fondamentali non solo del rapporto fra musica e marionetta, ma del concetto stesso di teatro. Affascinante è stata l'interpretazione di Kentridge della potenza del gesto del respirare della marionetta quale segno di vita, finzione, rappresentazione e morte. David Pountney, regista e direttore del Festival di Bregenz, insieme a Stefan Fichert (Puppet Players) ha presentato il lavoro sul "Faust" di Gounod per la Bayerische Staatsoper e con l'ulteriore aiuto di Mark Down, della compagnia inglese Blind Summit, ha raccontato il prossimo lavoro che inaugurerà nel 2013 il Festival di Bregenz, una versione affascinate e gigantesca del Flauto Magico mozartiano.

Ogni intervento è stato presentato e commentato da John Fulljames, direttore associato della Royal Opera House e da Peter Glanville del Little Angel Theatre, dando spazio a domande e commenti del pubblico. La sessione è continuata in modo informale nel break di mezzogiorno, in cui relatori e pubblico hanno potuto confrontarsi fra insalate, panini e bicchieri di vino, in una situazione assolutamente friendly ma nello stesso tempo stimolante. La sessione pomeridiana è stata aperta da Stefan Fichert dei Puppet Players, storica compagnia anglo-tedesca che per anni ha lavorato con Hans Werner Henze in alcuni progetti importanti per la Biennale di Monaco di Baviera. Fichert ha fatto un excursus del lavoro della compagnia soffermandosi su alcuni lavori come "Lisistrata" - per altro presentata a Torino al Festival Incanti nel 1998 - o come "Judith und Olofernes", lavori che hanno segnato fortemente la ricerca e il rapporto fra i due generi. Anna Karinsdotter, direttrice della sezione educativa della Royal Swedish Opera di Stoccolma ha presentato un lavoro intitolato The Boy and His Love for Three Oranges che riprende il tema dell'opera "L'amore delle tre melarance" di Prokofief, affrontando le problematiche del teatro musicale rivolto a un pubblico infantile e illustrando il percorso dell'Opera di Stoccolma fondato su un rigoroso lavoro di didattica musicale e teatrale. A questo punto ho parlato io come rappresentante della Compagnia Controluce Teatro d'Ombre di Torino e ho potuto parlare di lavori che, in quasi venti anni di attività e ricerca, coniugano musica, in particolare opera, e teatro d'ombre. Partendo da alcuni aspetti teorici che hanno guidato fortemente le produzioni di Controluce ho analizzato due spettacoli della compagnia, Didone e Enea di Purcell del 1999/2007 e Aida del 2011, presentando alla fine un progetto di ricerca in campo operistico che troverà attuazione in Germania nella prossima stagione operistica 2013. Ha concluso la sezione pomeridiana Noriyuki Sawa, marionettista giapponese che da anni vive a Praga e gira in tutto il mondo con i suoi spettacoli. Sawa ha presentato e commentato alcune sue messinscene di opere, come "Iolanta" di Cajkovskij, realizzate per la Sapporo Chamber Opera Theater in Giappone, e parlato dell'uso di tecniche di marionette bunraku e di teatro d'ombre nei suoi lavori operistici. Ha affrontato dal punto di vista tecnico anche Sawa il tema del rapporto fra cantante e marionetta, fra il cantare e allo stesso tempo manipolare una marionetta, che può dare risultati stupefacenti come nell'Ulisse di Kentridge, ma che non sempre è facile da realizzare per le diverse esigenze, richieste e abitudini dei cantanti. Il pomeriggio si è concluso con una tavola rotonda, guidata dalla regista Annabel Arden, in cui Stefan Fichert, Anna Karinsdotter, Noriyki Sawa e chi scrive hanno potuto confrontarci fra di loro, con i colleghi e con il pubblico in un momento finale molto utile soprattutto per mostrare le grandi potenzialità del rapporto fra opera e teatro di figura e le molteplici strade che si aprono. E' stata sicuramente una giornata molto proficua e stimolante organizzata in modo ottimo da Linda Lewis e da tutto lo staff del Puppet Centre. Dal Barbican si usciva entusiasti, con la voglia di mettere in campo e approfondire le sollecitazioni ricevute e di continuare a dialogare e discutere sulle possibilità immaginifiche di questo straordinario rapporto. E mi auguro che ci sia ancora la possibilità di farlo.

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