Il deserto a Rimini

Tornano i Sacri Cuori di Antonio Gramentieri, con un disco "globale"

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Un pugno di nomi che sembrano coordinate su una carta: Evan Lurie (Lounge Lizards, fra le molte cose), Marc Ribot, Howe Gelb (Giant Sand), Steve Shelley (Sonic Youth). E nei dischi passati John Convertino (Calexico), Dan Stuart (Green on Red), Hugo Race (Bad Seeds, Dirtmusic) - senza contare Robyn Hitchcock e Vinicio Capossela. Questa la "famiglia allargata" dei Sacri Cuori, e le triangolazioni musicali in cui collocarli. Ma, come già per un altro gruppo affine per spirito a quello guidato dal chitarrista e produttore Antonio Gramentieri - i Guano Padano di "Asso" Stefana - non si tratta di rimasticamenti di immaginari statunitensi, o devozione a certi suoni vintage. C'è, piuttosto, la digestione di quei sound, di quegli strumenti, di quei significati, di quelle suggestioni, e la loro reinvenzione in chiave personale e, naturalmente, italiana. Sulla scia, dunque, anche della musica da ballo (siamo pur sempre in Romagna), di Ennio Morricone, Nino Rota, Riz Ortolani, Luis Bacalov, dei primissimi cantautori... Al punto che il twang delle chitarre, le sorniona sezione di fiati, la voce "italo-australiana" di Carla Lippis, potrebbero trovarsi a loro agio tanto in una balera italiana degli anni sessanta quanto in un locale di Nashville, in un noir francese e in un western all'italiana.

In realtà, è ora di smettere di pensare a quel complesso di suoni - un genere? - che per comodità chiamiamo Americana, ma che racchiude in sè molte cose, come a qualcosa di - appunto - americano. Chi penserebbe, oggi, al jazz come a qualcosa che viene da New Orleans? I significati musicali, soprattutto da quando è il cinema a formare buona parte del nostro immaginario, non sono qualcosa che possa essere facilmente localizzato su una mappa. Così, i Sacri Cuori portano in giro una loro musica - globale, finalmente - in cui fra una "nostalgica spiaggia di Rimini" e "l'aridità invernale del deserto del Mojave" (topografia immaginaria citata nel comunicato stampa) non c'è distanza o viaggio, semplicemente perché sono già lo stesso posto.

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