Un allestimento di efficace spettacolarità e ricco di spunti critici riesce a dilettare il pubblico anche se l'opera in questione è una rarità del repertorio. Il segreto di questo successo sembrerebbe celato dietro al divertito entusiasmo del cast, che ha saputo lasciarsi coinvolgere fino in fondo dal complesso e più che attuale mondo musicale e morale di Weill.

Questo allestimento si sostiene sul principio della compensazione: da una parte, una regia ridotta all'osso; dall'altra, una partitura mostrata nella sua essenza caleidoscopica. Il risultato è efficace, come se il teatro degli affetti traslocasse da tipiche ambientazioni eccessive verso il tavolo di un sezionatore alla ricerca delle dinamiche dell'immobilità.

La breve opera prima di Cattaneo e Sanguineti aveva già ricevuto una calorosa ricezione da parte di pubblico e critica in occasione della prima esecuzione assoluta alla Biennale di Monaco dello scorso anno. Nella ripresa dell'allestimento a Vienna la composizione si è nuovamente rivelata come originale commistione di musica e poesia e come intelligente tentativo di riflessione sulle possibilità del teatro musicale.

La Netrebko e una prestazione esemplare dell'orchestra portano al successo un allestimento che altrimenti sarebbe risultato noioso e pieno di contraddizioni. Tuttavia sorgono alcune domande legittime e spontanee legate alle sorti di questa nuova produzione. Cosa succederà quando la Staatsoper introdurrà in repertorio la Manon senza la Netrebko?

Il nuovo Freischütz della Volksoper di Vienna non va a segno, nonostante i buoni propositi che da tempo il team artistico cerca di presentare al pubblico. La regia ammicca al presente, ma non fa mai il passo decisivo e rimane impantanata in immagini stereotipe di un mondo anacronistico non universale. L'orchestra avrebbe necessitato di un numero superiore di prove. Ai cantanti principali, invece, è mancata potenza drammatica e vocale.

La Kammeroper di Vienna porta in scena una rarità del giovane Händel, puntando su una regia dinamica e intelligente, un cast giovane e l'esperienza del direttore Bernhard Klebel. Gli intrighi di Agrippina vengono rappresentati come in una soap opera, a suon di colpi di scena ed esagerazioni. Il concetto registico di Pawlik si rivela più che riuscito: attualizzante ma non provocatorio, divertente e mai superficiale.

La storia di Radek, ambiguo personaggio politico del Novecento, viene raccontata in un continuo, quasi febbrile, alternarsi di allusioni e citazioni letterarie e musicali. Un'opera su soggetto storico – o forse meglio di lettura storica visto che il piano interpretativo è spesso dominante – che vive e pulsa grazie all'eccelente prestazione scenica e musicale del baritono Georg Nigl.

Una regia lontana dalla spettacolarità, semplice, precisa e moderna. Una lettura della partitura sobria, con alcuni momenti di ebbrezza. Il segreto del successo di questo nuovo allestimento della Staatsoper sembra proprio celarsi in questo cauto osare, che non annoia o irrita il pubblico. Il cast vocale è solido, con una splendida Kühmeier, una Pieczonka che riempie la scena e un simpatico Bankl. Un allestimento che rimarrà in repertorio.

La tanto attesa nuova collaborazione tra Adams e Sellars, da mesi accompagnata da una onnipresente propaganda mediale, rivela contemporaneamente la grande forza e i molti limiti di una concettualizzazione estetica tutta basata e legittimata dalla vis trainante di utopia e "globalizzazione" artistica. E anche se il risultato non convince, il pubblico entusiasta porta a casa stimoli a non finire e un messaggio di nobile semplicità e immediatezza.

Il nuovo Otello della Staatsoper sembra disomogeneo, un mosaico di diversi pezzi che faticano a collimare. Il problema principale è che l'asciutta e incisiva lettura registica della Mielitz avrebbe richiesto interpreti con maggiori capacità drammatiche. Ma la produzione sta in piedi grazie alla lettura musicale di Daniele Gatti, dotata di una forza coesiva che accompagna cantanti e pubblico facendo dimenticare i problemi appena enunciati.

La Kammeroper ha presentato nell'ambito del festival Salam Islam il primo allestimento occidentale di una commedia musicale del maggiore compositore azero. Attualizzando e calcando sugli stessi temi universali di amore e felicità che hanno portato questa operetta a immenso successo negli stati della ex Unione Sovietica, il giovane cast internazionale riesce a divertire – nonostante i limiti tecnici – con semplicità e immediatezza di linguaggio.

Un progetto esecutivo di inestimabile valore storico e di divulgazione culturale che perde gran parte della sua potenza a causa di scelte interpretative non sempre convincenti e principi di regia rigidi e ripetitivi.