E' difficile negare l'importanza di questa Bohème firmata -- è il caso di dirlo -- dal regista australiano Baz Luhrman e presentata al Broadway Theatre di New York (la prima è scattata l'8 di Dicembre, ma si anticipano repliche per parecchi mesi). Ciò vale non tanto per il successo commerciale e pubblicitario a cui lo spettacolo sembra inevitabilmente destinato, quanto per la regia, la quale invita a ripensare i fondamenti storici e estetici della messinscena operistica. L'operazione di Luhrman e soci è in parte polemica, ha cioè il fine di de-feticizzare il momento dell'esecuzione e denunciare il culto della voce e dei cantanti, mostrando come una esecuzione non più che adeguata sia in realtà più che sufficiente. Come al cinema, dove non importa che la musica venga eseguita nel migliore modo possibile dal migliore degli organici, in questa Bohème la partitura è in tutto e per tutto funzionale al portato drammatico, colto dallo spettatore non tanto con gli occhi quanto con la propria immaginazione.