Una regia ricca di idee e soprattutto molto teatrale, nonostante qualche teraggine di troppo e una bella direzione per dei Contes d'Hoffmann che hanno pienamente convinto il pubblico romano

Dopo le versioni francese (rappresentata anche in Italia, a Milano, per 4 sere), inglese e spagnola e prima di quelle russa e olandese, debutta la versione italiana di Notre Dame de Paris

La bohème di Modena è stata accolta da un Comunale gremito con applausi e qualche dissenso per regia e direzione musicale. Interessante l'impostazione scenica, semplice e funzionale, rievocava un luogo immaginario ma dai riferimenti concreti. Bene la compagine vocale, giovane e spigliata sulla scena. Direzione musicale discutibile.

La rara versione originale inglese di Oberon, ultima opera di Weber e capolavoro del romanticismo musicale tedesco, realizzata in versione semiscenica allo Chatelet di Parigi da Sir John Eliot Gardiner in veste di direttore e regista. Non convince l'idea di affidare i dialoghi parlati a un recitante che narra e commenta l'azione con interpolazioni ad essa estranee, più da bravo presentatore che da catalizzatore di una drammaturgia peraltro divagante e onirica, così come appaiono defilate le scelte musicali di Gardiner, con un suono piuttosto rozzo dell'orchestra, e apprezzabili soprattutto per omogeneità le prestazioni dei cantanti. L'importante riproposta non perde tuttavia il suo incanto e fa breccia nell'attenzione del pubblico.

"La verità in cimento" torna in scena dove mancava dal 1720. È il merito del giovane gruppo francese Matheus diretto da Jean-Christophe Spinosi. Nel cast spiccano i due controtenori Philippe Jaroussky e Robert Expert. Una lunga tournée farà pure tappa alla Fondazione Cini di Venezia.

Una buona esecuzione dell'ultima opera di Rimskij-Korsaov conferma pregi (solisti e complessi d'indubbio valore) e difetti (la polvere della routine) del Bolshoj

Se il possesso dell'oro del Reno porta al massacro, il massacro dell'Oro del Reno è la parola d'ordine del regista Herbert Wernicke nel nuovo allestimento che apre la Tetralogia del nuovo millennio a Monaco, dove il prologo dell'Anello del Nibelungo apparve per la prima volta quasi centocinquant'anni fa, prima che a Bayreuth. Regia che, ricordandolo, mette in dubbio il significato stesso di una rappresentazione, risolvendola in un gioco incrociato di specchi, di citazioni e di decontestualizzazioni tra luoghi reali e immaginari del passato e del presente. Un mondo degradato a non sperare più neppure nella magia del teatro. Mehta dirige un'altra cosa, senza sapere quale valore attribuirgli, ma lo fa con imperturbabile, vacua efficienza. Cantanti che recitano senza credere, o credono senza recitare. Pubblico diviso, in una serata di esemplare schizofrenia tutta postmoderna.

L'opera di Rossini è stata riletta con gli occhi di un bambino per rinfrescare gli intrighi stantii tipici del repertorio buffo settecentesco. Molto buona la prova dell'orchestra, in particolare evidenza la sezione dei legni.

"L'Isola di Alcina", Concerto per corno e voce romagnola di Luigi Ceccarelli, ha colto un ottimo successo al Teatro Valle di Roma, avvincendo per la sua rilettura della figura di Alcina: una straordinaria Ermanna Montanari ha impersonato la maga ariostesca che, nel testo di Nevi Spadoni, esprime in dialetto romagnolo il suo furibondo scivolare verso la follia.

L'inusuale accoppiata dei due lavori di Bartók e Schönberg produce nella lettura di Willy Decker e Lothar Zagrosek una serata di grande teatro.

Una bambola di porcellana in una confezione di plastica rotante. Questa La traviata messa in scena da Zeffirelli a Busseto. La Bonfadelli è stata una Violetta vocalmente efficace, poco brillante all'inizio, ma cresciuta e a tratti emozionante. Scott Piper un Alfredo a senso unico, Bruson e Domingo (alla guida di una Toscanini mediocre) sono Bruson e Domingo, appunto. La regia ha espresso alto virtuosismo e gusto a tratti stucchevole, fascinoso ma sterile. Un mare di applausi alla fine.

Il Teatro Sâo Carlos di Lisbona ha proposto a Bob Wilson di rimettere in scena la sua regia di "Four Saints in Three Acts", la strana "opera che Gertrude Stein scrisse per la musica di Virgil Thomson: un nonsense gioioso, luminoso su Santa Teresa, Sant'Ignazio e altri santi che giocano con le parole

L'atteso Ballo in Maschera di Calixto Bieito si rivela un vero anticlimax e la sua lettura totalmente irrilevante

Prova vigorosa del tenore Alagna, anche se con delle forzature, ottima la Vassilleva e Piccoli. Regia senza spessore e direzione mediocre.

"Buuh" e contestazioni per l'Aida che ha debuttato al Carlo Felice di Genova. Sotto accusa la direzione di Patrick Fournillier, confusa e eccessivamente robusta; e la regia di Pier'Alli che ha puntato su una lettura statica e buia. Fra i cantanti Michele Crider ha regalato qualche momento interessante nella parte di Aida.

Successo al Carlo Felice di "Boulevard Solitude" l'opera con cui Hans Werner Henze cominciò nel 1952 la sua attività teatrale. Il direttore Kontarsky ha saputo cogliere con intelligenza lo spirito drammatico della partitura. Ottimo il cast con Alexandra von der Weth splendida interprete di Manon.Interessante anche la regia di Nikolaus Lehnhoff che ha tradotto la partitura di Henze in immagini di forte impatto visivo.

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Successo e qualche dissenso per il nuovo allestimento di Tosca al Regio di Parma. Regia funzionale e discreta, poco efficace nel primo atto. Direzione musicale a trtti invadente. Voci adeguate, ma nulla di eccelso, preparate dalla Kabaivanska.

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Mark Elder conferma la sua fama di interprete verdiano con una rinfrescante lettura pensata fino all'ultima semicroma.

Questo allestimento ha finalmente dimostrato che è possibile realizzare L'incoronazione di Poppea con un cast totalmente italiano. Punto di forza dello spettacolo è stata l'omoegeneità espressiva di tutto il cast, sempre puntuale nel restituire ogni accento dell'universo poetico-musicale monteverdiano

"Attila", opera di inaugurazione della trentatreesima stagione lirica di Lecce, è stata presentata come una serie di arie molto piaciute al pubblico ma senza alcuna pretesa di organizzazione drammaturgica e su scena piatta. Successo meritato soprattutto per il soprano Giuseppina Piunti e per il direttore dell'orchestra e coro di Lecce Antonio Pirolli.

Una lettura non memorabile per inaugurare la nuova sala degli Arcimboldi. Problemi acustica e mancanza di flessibilità degli interpreti.