Davide Ambrogio, una Mater nullius fra passato e presente
Nuovo album per la francese Viavox per il musicista calabrese, che si conferma fra i nomi più interessanti nelle "nuove musiche di tradizione"
14 novembre 2025 • 3 minuti di lettura
Davide Ambrogio
Mater nullius
Rainer M. Rilke, nelle Lettere a un giovane poeta scriveva: “Il futuro entra in noi, per trasformarsi in noi, molto prima di essere accaduto”. Splendido e acuminato affondo di pensiero che si attaglia perfettamente alle riflessioni necessarie su quelle musiche “popolari” o “tradizionali” che molti continuano beotamente a collocare fuori dal tempo, quando invece il tempo non solo lo abitano, ma lo prefigurano al futuro, spesso.
In questo senso, per nostra fortuna, e tanto per smentire ancora una volta i laudatores temporis acti, chi si incallisce nel retrivo rimpianto di un bel tempo farlocco che fu, si può oggi nella Penisola far conto su una nutrita schiera di giovani musicisti che nulla intendono svendere al mero ricalco nell'affrontare materiali “tradizionali”, e inventano a getto continuo nuove possibilità per suoni che hanno abitato i secoli.
Ci vuole consapevolezza (e per questo oggi serve anche preparazione antropologica, storica, musicologica), ci vuole entusiasmo autentico, a costo, ogni tanto, di perdersi e lasciarsi andare, occorre saper fare con le mani sugli strumenti e con la voce. Il calabrese Davide Ambrogio, da Cataforìo, sa fare tutto questo.
Non è una meteora apparsa dal nulla: s’è costruito con lo studio e con l'amore per il proprio strumentario e un rispetto assoluto per quanto si sentiva narrare e cantare attorno. È il punto d'arrivo, oggi, di una ricerca in quella punta meridionale d'Italia che potremmo collocare al mezzo secolo fa di Re Niliu.
Davide Ambrogio con il suo primo disco Evocazioni e Invocazioni, affresco poderoso in bilico esatto tra tradizione e visionaria sperimentazione (c'era perfino un riferimento agli Area di Demetrio Stratos!) ha convinto tutti. E non solo in Italia, con diversi meritati premi all'attivo. Una delle frasi più belle sul suo operato, “un artista che crea nuovi percorsi per riconnettere passato e presente”, è arrivata dalla rivista Songlines, e coglie in poche parole il senso del suo agire. Era il 2021.
Adesso arriva un nuovo lavoro, Mater Nullius, per l'etichetta francese Viavox, ed è decisamente il caso di mettersi in ascolto. La “madre di nessuno “ del crudo titolo cartografata in quattordici stazioni (come quelle della via crucis, bell’indizio, e il finale è un miserere) è la terra “desacralizzata” di oggi, vittima e carnefice di se stessa e degli algoritmi, sempre più lontana dal contatto con l'inconscio, il lato primitivo e archetipico, la wilderness, il simbolico.
Siamo dalle parti delle “favole del reincanto” necessarie, come ce le ha raccontate l'antropologa Stefania Consigliere in un libro che porta proprio quel titolo.
Inestricabile la fusione quasi alchemica tra dolenti testi originali di Ambrogio, in collaborazione con Anna Ida Cortese e Gianvincenzo Pugliese, e i lacerti lucidi, crudeli e possenti tratti dai rituali della Settimana santa del nostro Sud.
Ambrogio oltre alla sua derapante voce di testa e melismatica suona tamburo, troccole, chitarra, percussioni; Walter Laureti maneggia l'elettronica e il sound design, aggiungendo significative pennellate ambient e post rock, partecipa alle registrazioni anche Vincenzo Gagliani.
Se c'è una dialettica fondante in questo lavoro che poggia l'asticella dell'eccellenza ancora più in alto del primo capitolo, è il perfetto coniugio tra un’essenzialità scabra di “canto sul tamburo”, la voce spesso moltiplicata anche su intervalli dissonanti a diventare la polifonia antica di se stessa ("Turba", "Vasha", "Ballu di diavuli"), e certe ballate visionarie che sembrano allentare la tensione, mentre in realtà la moltiplicano ("Arsa", "Vai di notti", "Orbi", che fa reagire filastrocca antica e rap, per poi scatenare sul finale una coda maestosa di tastiere con evidente specchio nella "A Saucerful of Secrets" floydiana).
Un disco labirintico, maestoso, gonfio di potenza, asperrimo e raffinato: resterà.