A Ravenna la trilogia d’autunno nel nome di Händel

Pizzi e Dantone raccontano Orlando, Alcina e il Messiah, titoli proposti dal 12 al 16 novembre per l’appendice autunnale di Ravenna Festival

AR

09 novembre 2025 • 5 minuti di lettura

Orlando (foto Luca Concas)
Orlando (foto Luca Concas)

L’ormai tradizione appuntamento con la Trilogia d’autunno di Ravenna Festival quest’anno è titolata “L’invisibil fa vedere Amore” ed è dedicata alla figura di Georg Friedrich Händel. Coetaneo di Johann Sebastian Bach e di Domenico Scarlatti, tra i più rilevanti compositori del tardo barocco Händel è quindi il protagonista dell’appuntamento ravennate che viene rinnovato dal 2012 e che per questo 2025 propone sul palcoscenico del Teatro Alighieri due nuove produzioni di Orlando (12, 14 novembre, ore 20.00) – dramma musicale messo in scena per la prima volta a Londra nel 1733 – e Alcina (13, 15 novembre, ore 20.00) – titolo che ha debuttato della stessa città nell’aprile 1735 – completando la trilogia con il Messiah (16 novembre, ore 17.00), oratorio composto nel 1741.

Alcina (foto Zani-Casadio)
Alcina (foto Zani-Casadio)

Non a caso il titolo della trilogia è ispirato ai versi – «Quel che l’uom vede, Amor gli fa invisibile / e l’invisibil fa vedere Amore. / Questo creduto fu; che’l miser suole / dar facile credenza a quel che vuole» (Canto I, 56) – dell’Orlando furioso di Ludovico Ariosto, a sua volta fonte delle stesse opere di Händel proposte a Ravenna. Impegnati sul palcoscenico troviamo Filippo Mineccia nei panni di Orlando e Francesca Pia Vitale in quelli di Angelica; Elmar Hauser è invece chiamato a interpretare Medoro mentre Martina Licari sarà Dorinda e Christian Senn Zoroastro. Nella seconda produzione, invece, i ruoli di Alcina e Ruggiero sono affidati rispettivamente a Giuseppina Bridelli e a Elmar Hauser, mentre Delphine Galou veste i panni di Bradamante. Il ruolo di Melisso viene affiato a Christian Senn, quello di Morgana a Martina Licari mentre Oronte è interpretato da Žiga Čopi.

Orlando (foto Luca Concas)
Orlando (foto Luca Concas)

Dopo essersi confrontati negli anni scorsi con Monteverdi e Purcell, Pier Luigi Pizzi alla regia e Ottavio Dantone alla direzione musicale tornano a lavorare insieme per queste due nuove produzioni di Orlando e Alcina, mentre per il Messiah lo stesso Dantone – sempre sul podio dell’Accademia Bizantina – guiderà il Coro della Cattedrale di Siena Guido Chigi Saracini (preparato da Lorenzo Donati) e i solisti Alysia Hanshaw, Delphine Galou, Žiga Čopi e Christian Senn.

A pochi giorni dall’avvio di questa trilogia d’autunno 2025 abbiamo rivolto alcune domande agli stessi Pizzi e Dantone.

Pier Luigi Pizzi (foto Zani-Casadio)
Pier Luigi Pizzi (foto Zani-Casadio)

Pier Luigi Pizzi, dopo Monteverdi e Purcell lei e Dantone vi confrontate con Händel: che cosa caratterizza questa trilogia d’autunno 2025?

«Recitar cantando e teatro barocco sono la proposta di quest’anno al Festival ravennate d’Autunno, coerentemente col tema dello scorso anno. Ancora una volta felicemente insieme con Ottavio Dantone e l’Accademia Bizantina, per me garanzia assoluta di eccellenza e di stile».

Pensando ai caratteri drammaturgici di Orlando e di Alcina, quali sono i punti di contatto e i segni distintivi delle due opere?

«Orlando e Alcina sono i protagonisti di due episodi dello stesso poema di Ludovico Ariosto, l’Orlando furioso. È naturale accomunare in un unico progetto le due opere di Händel che ne derivano. Hanno lo stesso impianto drammaturgico, la stessa scrittura musicale, sono facilmente adattabili allo stesso dispositivo scenico, vi si ritrovano gli stessi affetti, amore e tradimento, anche se ogni opera ha un suo clima particolare: la perdita dell’intelletto in Orlando e quella del potere magico in Alcina. Tutta colpa di Amore che viene continuamente citato e invocato e che io ho portato in scena come testimone , provocatore, catalizzatore di tante passioni, capricci, smarrimenti, pazzie».

Qual è la visione fondante che l’ha guidata nella sua visione registica per questa produzione?

«L’organizzazione dello spazio è alla base del concetto che guida la rappresentazione. Personaggi che si inseguono, si rincorrono alla ricerca di amori illusori e si ritrovano allo stesso punto di partenza in un tempo perduto di sogni irrealizzati. La narrazione prevede rapidi passaggi da un luogo all’altro in una sorta di labirinto senza via d’uscita. Ho cercato di realizzare queste mutazioni a vista con l’uso di un ledwall, che rende possibili queste magie. Tutto avviene in uno spazio della memoria, senza tempo, all’interno di pareti specchianti che moltiplicano le immagini e, specialmente in Alcina, rendono irreali i luoghi dell’azione».

Ottavio Dantone (foto Zani-Casadio)
Ottavio Dantone (foto Zani-Casadio)

Ottavio Dantone, chiedo anche a lei, anche sulla scorta delle esperienze precedenti: qual è l’elemento distintivo della trilogia d’autunno 2025?

«La musica di Händel rappresenta un universo affascinante, dove innovazioni stilistiche si intrecciano a stilemi consolidati, fino a vere e proprie invenzioni inedite. In questo quadro i tre titoli scelti per questa Trilogia d’autunno trovano la propria coerenza, il proprio filo conduttore nella multiforme maestria compositiva dello stesso Händel, partendo dalla spinta innovativa di Orlando – non compresa fino in fondo sia dai contemporanei del compositore sia dai posteri, almeno fino alla ripresa di questo titolo avvenuta nel 1922 alla Händel-Fest di Halle – passando dalla consolidata eleganza di Alcina, fino alla vera e propria invenzione dell’oratorio in lingua inglese rappresentato dal Messiah».

Cosa contraddistingue Orlando da Alcina?

«Orlando è un’opera che non raccolse particolare apprezzamento presso il pubblico, sebbene fosse stata gradita dai critici e dallo stesso re Giorgio II che assistette a più di una rappresentazione. Un mancato successo attribuibile probabilmente alla sua struttura, innovativa per quegli anni. Come un altro capolavoro qual è il Serse, infatti, l’Orlando ha un impianto strutturale e formale segnato da una drammaturgia stringata, non sempre rispettosa della canonica scansione di recitativo e aria: diverse arie sono prive del “da capo”, ci sono molti ariosi, diversi recitativi accompagnati e scene dall’impianto rapido. Una struttura drammatica che sembra quasi anticipare quella “riforma” che troverà il suo sviluppo nella seconda metà del Settecento con Gluck. Con Alcina, per contro, il compositore non solo sfrutta di nuovo la possibilità di creare situazioni capaci di intrigare il pubblico dell’epoca, alquanto sensibile alle macchinerie e a tutti i possibili effetti speciali evocati dall’opera dedicata alla misteriosa maga, ma torna anche a uno stile meno innovativo, che potremmo definire “pre-Orlando”. Pur mantenendo una certa agilità drammaturgica, Händel recupera la consueta struttura formale aria-recitativo rispettando i “da capo”, offrendo così una struttura drammaturgica più riconoscibile e rassicurante per il pubblico dell’epoca».

Alcina (foto Zani-Casadio)
Alcina (foto Zani-Casadio)

In cosa consiste l’elemento di novità nel Messiah?

«Con l’oratorio in lingua inglese Händel crea un vero e proprio nuovo genere, un modo per rispondere alla crisi che stava vivendo la sua impresa teatrale. Nell’oratorio egli tratta l’argomento biblico e sacro mantenendo le stesse forme dell’opera ed esaltando la maestria della scrittura strumentale e vocale. In questo modo riesce a creare qualcosa di inedito rimanendo pienamente riconoscibile nel proprio stile. Una scrittura musicale nuova e profondamente händeliana la quale, intrecciando l’esperienza maturata con l’opera italiana, la propria estrazione tedesca e la conoscenza degli usi musicali francesi, può essere vista come lo “stile perfetto” di questo compositore».

La Trilogia d’Autunno 2025 è realizzata con il sostegno del Comune di Ravenna, della Regione Emilia-Romagna e del Ministero della Cultura e con il contributo della Fondazione Cassa di Risparmio di Ravenna; Eni è partner principale di Ravenna Festival.

Tutte le informazioni sulla Trilogia d’Autunno di Ravenna Festival sono disponibili qui.