Maschera ed Eros nella Vedova scaltra di Wolf Ferrari

"La Vedova scaltra" di Wolf Ferrari analizza con sguardo disincantato il gioco che governa l'eros umano, frutto di cultura e non di goethiana affinità elettiva.Una Venezia fuori dal tempo, in cui si intrecciano Settecento sognante e italianità degli anni Trenta, ospita la dimostrazione di un teorema che utilizza la maschera come strumento rivelatorio.

Recensione
classica
Gran Teatro La Fenice Venezia
Ermanno Wolf Ferrari
10 Febbraio 2007
Con la "La vedova scaltra",manifesto programmatico della riforma goldoniana,Ermanno Wolf-Ferrari si riaccosta al mondo teatrale del commediografo veneziano,inventando un linguaggio compositivo frutto dell'innesto tra ricerche timbriche novecentesche e suggestioni drammaturgiche d'ipirazione mozartiana.Il tema è lo sguardo disincantato sui meccanismi che governano il gioco delle relazioni umane:l'attrazione è frutto non di natura ma di cultura ed educazione. L'arte scaltra di Rosaura (una Anne Liese Sollied dalla vocalità suadente e piena di goldoniana classe e garbo)consiste nell'abilità di svelare freudianamente l'inganno a cui soggiace l'eros dei suoi quattro pretendenti(nonchè il proprio).Attraverso la maschera, infatti, che consente di porsi kantianamente dalla parte dell'altro,emerge l'intendimento nascosto dei vari personaggi,ognuno dei quali fortemente caratterizzato dalla cultura del paese di provenienza :fatuo il francese(reso con narcisismo da Emanuele D'Aguanno),geloso l'italiano (un appassionato Mark Milhofer),galante e opportunista il Milord inglese (l'elegante Maurizio Muraro), orgoglioso e supponente lo spagnolo(interpretato con accese tinte da Riccardo Zanellato).I fili dell'intreccio,governato da Rosaura e adornato dalla piacevolezza di Marionette(la vitalissima Elena Rossi)sono ricamati da un altro burattinaio d'eccezione, l'Arlecchino di Alex Esposito, mago del travestimento e dell'autoironia.Emblema di una venezianità fuori dal tempo, ben sottolineata dalle scenografie e dai costumi cromaticamente sognanti di Massimo Gasparon,Arlecchino incarna la voce segreta di Goldoni-Wolf Ferrari.Con finezza Karl Martin valorizza la levità briosa della partitura,sottolinenandone le amabili intenzioni caricaturali e l'agile scioltezza drammaturgica.Caldo successo.

Interpreti: Rosaura: Anne-Lise Sollied, Milord Runebif: Maurizio Muraro, Monsieur Le Bleau: Emanuele D' Aguanno, Don Alvaro di Castiglia: Riccardo Zanellato, Il Conte di Bosco Nero: Mark Milhofer, Marionette: Elena Rossi, Arlecchino: Alex Esposito, Birif: Claudio Zancopè, Folletto: Luca Favaron, Un servo di Don Alvaro: Antonio Casagrande

Regia: Massimo Gasparon

Scene: Massimo Gasparon, Light Designer: Vilmo Furian

Costumi: Massimo Gasparon

Orchestra: Orchestra del Teatro la Fenice

Direttore: Karl Martin

Coro: Coro del Teatro la Fenice

Maestro Coro: Emanuela Di Pietro

Se hai letto questa recensione, ti potrebbero interessare anche

classica

Nathalie Stutzmann dirige al Regio di Torino l’opera di Wagner

classica

A Colonia il festeggiatissimo concerto dell’Orchestra dell’Accademia di Santa Cecilia, terza tappa della tournée in Germania e Repubblica Ceca

classica

Due sinfonie con l’Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai