Israele incontra il barocco

Un nuovo festival ad Akko

Recensione
classica
Ad Akko (San Giovanni d'Acri) in Israele nasce un nuovo festival di opera. Di opera del '700, 'Meet in Galilee Baroque Opera Festival' per iniziativa di Muriel Haïm. Medico parigino, promotrice dell'iniziativa che sulle ali della musica segue la stella polare dell'integrazione delle varie comunità che convivono nella cittadina (una delle sette ad avere una popolazione mista - arabi ed ebrei) dominata dalle rovine piranesiane del castello dei Crociati, è artefice anche del progetto 'Un Coeur pour la Paix' che si propone di dare ai bambini palestinesi di Gaza e della Cisgiordania accesso con un canale preferenziale alle cure cardiovascolari salva-vita negli ospedali israeliani di Gerusalemme.

«Sono sempre stata interessata a costruire ponti tra popoli e culture» - afferma -Meet in Galilee è un progetto sulla falsa riga di 'Les journées di Aix en Provence' che ospitano un forum economico ed un festival d’opera. 'Meet in Galilee' ha la stessa filosofia», conclude.

Akko, luogo mitico. Come tanti altri in Medio Oriente è culla della storia: greci, romani, bizantini, ottomani... Crocevia di cinque religioni (cristiana, musulmana, ebrea, drusa e Bahai). Recentemente conosce un rinascimento: protagonista sempre più presente sulla scena culturale israeliana a partire dal Festival di Opera estivo organizzato dalla Israeli Opera di Tel Aviv. Questa prima edizione del festival vede tre opere a tema mitologico (Actéon di Marc-Antoine Charpentier, Dido and Aeneas di Henry Purcell ed Alcina di Georg Friedrich Händel), questa ultima arricchita dai video di Naomie Kremer proiettati direttamente sulle rovine, imponente fondale), tutte dirette da Christophe Rousset alla testa di Les Talens Lyriques, che hanno risuonato negli ambienti grandiosi del Castello dei Crociati.

«Ho parlato con Christophe Rousset che non conoscevo - racconta Muriel Haïm -Subito si è mostrato interessato. Ha voluto venire per fare qualcosa. Ecco come è iniziato tutto»- Progetto che vede protagonisti di vaglia da Cyril Auvity (Actéon), Vivica Genaux (Dido e Junon), Sandrine Piau (Alcina), Maïté Beaumont (Ruggero). Christophe Rousset, entusiasta del progetto, lo ha immediatamente abbracciato assumendone la direzione artstica: "Meet in Galilee ha i numeri e l'ambizione di diventare la Aix del Medio Oriente". "Il castello dei Cavalieri di San Giovanni di Acri e la magnifica acustica naturale del luogo, che consentono l'esecuzione senza amplificazione, mi hanno subito conquistato". "Sono state due serate (25 e 26 settembre, n.d.r.) con un cast a livello internazionale", continua. "È stato emozionante lavorare fianco a fianco con Muriel Haïm che ci ha messo un entusiasmo particolare. La sua ambizione è fare un festival allo stesso livello dei più importanti festival europei".

Il bilancio di quella che si potrebbe definire l’edizione zero del festival (in un certo senso edizione di rodaggio per verificare il feed-back e calibrare le proposte per gli anni a seguire) indubbiamente è positivo. È il bilancio di un festival intimo e raffinato, allo scarto del turismo di massa, che si rivolge ad un pubblico motivato che abbia la curiosità di spingersi ad Akko, nel nord del Paese, ad un tiro di schioppo dalla frontiera blindata con il Libano, in una delle rare cittadine in Israele ad aver conservato il tessuto urbanistico storico nello scrigno ancora protetto dalla cinta muraria pressoché intatta. Questa è una terra ospitale che ha visto convivere religioni e popoli che hanno lasciato vestigia storiche ancora da valorizzare a pieno. Un passo in questa direzione lo muove anche il Festival che ha delle ambizioni ma per ora partito in sordina. Lo dicono i numeri: per una ristretta élite. I soli 300 posti lo rendono una manifestazione quasi familiare. Ed è questo uno dei suoi pregi! Purtroppo alieno, non è riuscito però a coinvolgere il pubblico locale senz’altro anche per i prezzi dei biglietti di standard europeo (da 100 a 400€!) che non hanno aiutato. Si immagina anche che l’opera del ‘700 non sia poi così popolare ad Akko, più in generale nel Paese. Probabilmente qualcuno dei titoli sarà stato in prima esecuzione assoluta in Israele. Il rischio è che come in altri festival la manifestazione non riesca a coinvolgere i locali che si limitano a trarre i benefici economici dal pubblico festivaliero ma non diventano essi stessi pubblico. Ma sicuramente troveranno il modo essendo Muriel Haïm una fautrice dei “ponti culturali” come ha sottolineato più volte.

La scelta comunque è azzeccata. Siamo anni luce distanti dalle folle… bibliche che affollavano la kermesse del Festival di Masada sul Mar Morto. Qui il pubblico entra alla spicciolata nel sito storico attraversando un lussureggiante giardino, accompagnato dal rimbombo dei passi sulle antiche volte per raggiungere il raccolto cortile luogo della rappresentazione. Può accadere che due gatti impertinenti decidano di rompere il silenzio, poi non così religioso del pubblico distratto, rumoroso e anche un po’ indisciplinato, per regolare una questione di territorialità che non può attendere o contendersi lo jus su una femmina: non è solo Alcina ad avere problemi di cuore... la realtà è la rappresentazione di un’eccellente Alcina, con Sandrine Piau, che sostituisce Karina Gauvin, protagonista assoluta. Di un’intensità drammatica ed espressiva toccanti che affronta con grandissimo rigore, tecnica e soprattutto pulizia, anche se la voce va un po’ rimpiccolendosi nel secondo atto. Ma ha raggiunto vette di lirismo nell’aria clou “Ah! Mio cor” regalando grandi emozioni. Maïté Beaumont ha il timbro un po’ androgino che la rende perfetta nel ruolo di Ruggero. La vera scoperta è la bravissima giovane Teresa Iervolino (Bradamante) che è una vera gran virtuosa: affronta gli impervi virtuosismi della coloratura ad una velocità iperbolica (“Vorrei vendicarmi del perfido cor”). Infallibile. Perfetta mantiene intatto il timbro anche nelle parti liriche sempre con una dizione intellegibile impeccabile. Meno incisive le voci maschili ma comunque all’altezza della controparte femminile. Accompagnano la rappresentazione le eleganti quanto discrete e colorate proiezioni video di Naomie Kremer proiettate direttamente sulle antiche pietre corrose dalla salsedine. Christophe Rousset è ispirato dal genius loci: regala un’interpretazione fresca, partecipata, bellissima di questa Alcina che scava nella psicologia del personaggio con il serico pennello musicale dell’orchestra e nella partitura dando colore alla seppur minima emozione, sottolineando ogni minimo stato d’animo. Simbiosi ed intesa ideali che regalano all’ascoltatore un’esecuzione che resterà nella memoria.

Diversa la serata inaugurale dove si riproponeva il programma eseguito al festival di Beaune ma con meno incisività. Si sa, la memoria tende ad edulcorare. Mentre a Beaune l’interpretazione la ricordo fresca, avvincente, qui mi è sembrata un po’ più lassa come anche Vivica Genaux che era stata splendida in Francia (aveva firmato una Didone di grande intensità così come Junon in Actéon), qui meno espressiva controllava meno quel suo timbro un po’ chiuso, nasale che rende la sua voce inconfondibile. Actéon di Cyril Auvity da manuale.

Le sponde del Mediterraneo per una volta non sono viste come un elemento di contrapposizione, di divisione, di pericolo ma come terreno comune di quei sentieri culturali che sono l'eredità più alta del background europeo che spesso paure irrazionali, il ripiegarsi su se stessi per proteggere uno status, ci fanno dimenticare. Ben vengano iniziative come queste che antepongono la dialettica illuminista all'oscurantismo integralista, l’intelligenza alla becera ottusità, in uno dei luoghi simbolo della negazione della dialettica, la fortezza dei Cavalieri di San Giovanni, dove l'Ordine coltivava con pari impegno l'ospitalità dei pellegrini in Terra Santa e la loro protezione manu militari.

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