Jazz Is Dead è diventato grande

Il festival torinese arriva alla settima edizione in grande stile: intervista al direttore artistico, Alessandro Gambo

Suzanne Ciani (foto di Katja Ruge)
Suzanne Ciani (foto di Katja Ruge)
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Mancano quasi due mesi all’inizio vero e proprio della settima edizione del festival Jazz Is Dead che però avrà un’anteprima sabato 6 aprile con il concerto di Suzanne Ciani al Cinema Massimo di Torino.

– Leggi anche: Jazz Is Dead 2023, strani pubblici e riti del rumore

Il ricco cartellone e alcune novità sulle modalità di fruizione dei concerti in programma hanno consigliato un approfondimento in compagnia del direttore artistico e altro ancora di JIS Alessandro Gambarotto, ma se non lo chiamate Gambo non vi darà retta.

Non partiamo dai contenuti ma dal contenitore: mi sembra di aver capito che quest’anno ci sono diverse novità.

«Sì, non vogliamo annoiarci e di conseguenza non vogliamo annoiare il pubblico. La parte artistica nel corso degli anni ha sempre soddisfatto gli spettatori e anche quest’anno speriamo che sia così, quindi abbiamo lavorato sull’esperienza degli avvenimenti: l’obiettivo è quello di migliorare la fruizione da parte del pubblico. Quindi abbiamo introdotto nel team delle nuove figure, una fra tutte un direttore di produzione in grado di gestire un palco più grande, e abbiamo lavorato per migliorare l’accoglienza e l’accessibilità».

«Jazz Is Dead non sarà più un festival all’interno del Bunker ma un festival all’interno della città. La presenza di un palco esterno ha fatto aumentare i costi e dunque abbiamo introdotto un biglietto per ognuna delle tre giornate. Il prezzo è molto contenuto, 10 euro a giornata, e in più chi sta vivendo un momento di difficoltà potrà pagare di meno, senza bisogno di certificazioni di nessuna natura, ci fidiamo».

«Le prime reazioni sono state positive, anche perché il biglietto opererà una scrematura tra chi è veramente interessato ai concerti e quindi vuole viverli nella maniera migliore, senza gente vociante intorno, e chi veniva al Bunker per bersi un paio di birre indipendentemente dalla musica. Il palco all’esterno sarà per i gruppi più grossi mentre i nomi da club suoneranno all’interno: si cerca di far suonare gli artisti nei posti più adatti alla loro musica e al loro pubblico. Non dimentichiamo che per tre giorni ci saranno ogni giorno 12 ore di musica, una specie di “dal tramonto all’alba”.

jazz is dead

Per fare tutto questo e farlo bene quale budget serve?

«Abbiamo dovuto moltiplicare per dieci quanto era servito per mettere in piedi la prima edizione, quindi siamo oltre i 100.000 euro. Siamo diventati grossi, inutile negarlo».

E come si rientra di questa somma?

«La biglietteria, si spera, la gestione dei bar, alcuni sponsor e poi abbiamo vinto alcuni bandi. In realtà le tre realtà coinvolte sono no profit quindi non si punta all’utile, il vero obiettivo è quello di chiudere con un onorevole pareggio. Sai, come nel calcio: "Abbiamo fatto 0-0, almeno non le abbiamo prese". Ci sono più di 50 persone che lavorano intorno a questo festival, poi ci sono gli artisti: insomma, comincia a essere un bel baraccone».

Un bel baraccone che però è riuscito a entrare nel circuito nazionale, almeno di coloro con le antenne dritte.

«Nel circuito nazionale e un po’ anche in quello internazionale, lasciamelo dire. Il festival piace perché è riuscito a colmare un buco: riesce a presentare musica bella e importante in un ambiente informale. Noi all’inizio portavamo musica di nicchia, ma, mi sento di dirlo, la crema della nicchia».

Come sono i rapporti con le istituzioni?

«Diciamo che se non altro ci sono, almeno si sono accorti che esistiamo».

Non so se sia una cosa positiva che si siano accorti della vostra esistenza: guarda cos’è successo con TOdays.

«Boh, lì si sono svegliati male e hanno fatto un po’ di casino. Abbiamo dei buoni rapporti con Torino Jazz Festival, quest’anno ci hanno contattato e insieme organizzeremo il concerto di John Zorn, evento di cui ovviamente siamo molto orgogliosi. Comunque le istituzioni non fanno più delibere con affidamenti diretti, avviene tutto tramite bandi e noi siamo riusciti ad aggiudicarcene qualcuno».

«Finora siamo sempre riusciti a chiudere in pareggio e spero che anche quest’anno…scusa, concedimi qualche gesto scaramantico».

Tra i nomi in cartellone ce n’è qualcuno che rincorrevi da tempo?

«Beh, Godflesh da millenni, Suzanne Ciani avremmo dovuto farla qualche tempo fa a Chamois con Giorgio Li Calzi e poi non se ne fece nulla, anzi ci tengo a ringraziare pubblicamente Giorgio perché per correttezza l’ho informato della possibilità di averla a Jazz Is Dead e lui mi ha dato la sua benedizione. Von Oswald per forza, mi piace la techno e mi piace il dub, una volta nella vita lo dovevo fare, il già citato Zorn, per noi irraggiungibile ma grazie a TJF siamo riusciti a realizzare un sogno. Ti confesso che stavo per chiudere per Loraine James ma non ce l’ho fatta per un giorno. In definitiva sono soddisfatto dei nomi che abbiamo messo insieme e non ho particolari rimpianti».

Che musica ascolti ultimamente?

«Oggi ancora nulla, ieri A Tribe Called Quest e Gang Starr. Ovviamente riascolto molta musica da ballare quando preparo le scalette per i miei dj set. Recentemente su una bancarella ho comprato Sauta Rabel dei Mau Mau e ho ordinato la colonna sonora di Miles Davis del film Ascenseur pour l’èchafaud di Louis Malle».

Per finire, quanti spettatori ti aspetti?

«Almeno come l’anno scorso, quando furono 2.000 a pagamento e 6.000 gratis. Quest’anno c’è la piccola incognita del biglietto, speriamo bene. Le prime notizie sono confortanti: Suzanne Ciani è quasi sold out, lo stesso vale per la sua data che faremo a Milano e per Zorn più della metà dei biglietti è già stata venduta».

«Ci tengo a ricordare che la chiusura del festival si terrà il 7 giugno, come d’abitudine al Planetario di Pino Torinese dove quest’anno avremo Gianluca Petrella, secondo me un nome perfetto per il luogo, come fu perfetto lo scorso anno quello di Mabe Fratti, musicista nel frattempo cresciuta enormemente al punto da essere ospitata in festival molto importanti (quest’anno sarà anche a C2C)».

Allora l’appuntamento è al Bunker, via Paganini 0/200, Torino, dal 24 al 26 maggio. Qualcuno ricorderà che il mio disco preferito del 2023 è stato I Came from Love di Dave Okumu & The 7 Generations: bene, Gambo, persona gentile, me/ce li porta sul palco di Jazz Is Dead. Da non perdere, datemi retta.

 

 

 

 

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