I gioielli Obscure di Brian Eno

Ritornano i dischi della Obscure Records prodotti da Eno con Gavin Bryars e Michael Nyman

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Per una strana combinazione del destino, l’annuncio della pubblicazione del ponderoso cofanetto The Complete Obscure Records Collection, che raccoglie per la prima volta (in 10 lp o 10 cd + libro) tutti i dischi prodotti da Brian Eno per la sua Obscure Records, è arrivata nelle stesse settimane in cui Eno riceveva il Leone d’oro alla carriera della Biennale Musica (ne abbiamo scritto qui) e anche in quelle nelle quali iniziavo a leggere il prezioso On Minimalism: Documenting a Musical Movement, volume a cura di Kerry O'Brien e William Robin che raccoglie un’ampia antologia di scritti e articoli sul minimalismo.

A colpirmi è il fatto che non solo Eno, nel suo discorso al momento della premiazione veneziana, abbia sottolineato – come fa da sempre – la preminenza del valore del contesto culturale e della comunità creativa rispetto alla genialità del singolo, ma che anche il libro di O’Brien e Robin si proponga di “decolonizzare” le narrazioni sul minimalismo dai discorsi a senso unico su Glass, Reich, Riley e Young, per dare conto della natura più ampia, pulviscolare, delle pratiche e degli esiti di quel contesto estetico.

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E a completare questa storia collettiva, plurale, ecco appunto i dieci dischi pubblicati da Eno per la Obscure dal 1975 di The Sinking of the Titanic di Gavin Bryars al 1978 di The Pavilion Of Dreams di Harold Budd, che hanno rappresentato e tornano a rappresentare alcuni strepitosi momenti della ricerca sperimentale del periodo, una ricerca che si affrancava – ribellandosi in modo quietamente “british”, come ricorda Carlo Boccadoro nella presentazione del box – dalle rigidità compositive accademiche europee per accogliere festosamente le suggestioni del minimalismo (il termine era in voga da pochissimo, attraverso il libro di Michael Nyman)  d’oltreoceano e mescolarlo con la tradizione folk e classica, le innovazioni ritmiche del rock e timbriche dell’elettronica.

Usciti senza la pretesa di un successo commerciale (c’era sì inizialmente la distribuzione della Island, ma la circolazione di quelle musiche era prevalentemente underground), questi 10 lavori riemergono oggi (alcuni non erano mai stati ristampati prima, nemmeno in cd) in una sorta di affresco dai dettagli potentissimi, a cui non serve attribuire proletticamente alcun valore profetico o pionieristico, perché resta vivo nella sua attualità (o inattualità, che spesso è condizione speculare e inscindibile) e bellezza.

Non rimane dunque che tuffarsi in questa “oscurità”, co-curata allora da Eno con Bryars e Nyman, che coraggiosamente faceva debuttare su disco non solo gli stessi Bryars e Nyman (il suo Decay Music esce nel 1976), ma anche composizioni di John Adams e Christopher Hobbs, quel gioiello di New and Rediscovered Musical Instruments suddiviso tra Max Eastley e David Toop o l’esordio della Penguin Café Orchestra.

Grazie alla popolarità delle musiche ambient hanno trovato più fama da subito sia Discreet Music dello stesso Eno che il già citato The Pavilion of Dreams di Budd (con l’indimenticabile sax di Marion Brown cullato dalla celesta di "Bismillahi 'Rrahman 'Rrahim"), ma il cofanetto consente di recuperare anche cose meno citate come Machine Music con composizioni di John White e Gavin Bryars (la sua “The Squirrel And The Ricketty Racketty Bridge” per quattro chitarristi mette insieme Eno, Fred Frith, Derek Bailey e lo stesso Bryars) o Voices and Instruments, equamente suddiviso tra Jan Steele e composizioni di John Cage (se volete sentire la voce di Robert Wyatt a cappella alle prese con le parole di e.e. cummings questo è il disco per voi!).

Nell’ultimo anno di produzione, il 1978, la Obscure dà alle stampe anche la controversa opera di Tom Phillips, Irma, ripudiata poi dall’artista in quanto a sua detta oggetto di appropriazione da parte di Bryars: riascoltarla oggi è un’esperienza vagamente straniante, come galleggiare in una sorta di stato onirico di indefinibile collocazione temporale.

Il box, pubblicato dall’etichetta Dialogo, offre ovviamente, oltre alla rimasterizzazione e la riproduzione delle copertine e delle note originali, un ricco libretto con foto rare, materiali d’archivio e testi di Bryars, Bradford Bailey, Toop, Eastley, Richard Bernas, Tom Recchion, Bruno Stucchi e Walter Rovere.

Se avete ancora qualche spazio nella letterina a Babbo Natale, io ci farei un pensierino!

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