Dardust: perdersi in un viaggio cosmico

Dardust ci racconta Lost in Space, il 28 agosto a Rimini per UlisseFest

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Dardust è una delle metamorfosi creative del pianista, compositore e producer Dario Faini, protagonista di due appuntamenti il prossimo 28 agosto nell’ambito di UlisseFest - La festa del viaggio a Rimini: prima una chiacchierata con il nostro Jacopo Tomatis, poi il suo spettacolo Lost in Space, vero e proprio viaggio cosmico che, da un pianeta all’altro, ripercorre la mappa creativa di questo artista declinandola nella dimensione strumentale – ma anche, se vogliamo, simbolica – del piano solo.

Dagli studi in pianoforte classico presso l'Istituto musicale “Gaspare Spontini” di Ascoli Piceno, sua città natale, Dario Faini ha percorso una strada professionale che lo ha condotto a coltivare collaborazioni con artisti quali, tra gli altri, Irene Grandi, Alessandra Amoroso, Emma Marrone, Giusy Ferreri, Cristiano De André, Levante e Jovanotti. La consacrazione dal punto di vista mediatico è poi arrivata grazie alla vittoria di Mahmood a Sanremo 2019 con “Soldi”, brano prodotto dallo stesso Faini.

Parallelamente alla sua attività di autore e produttore in ambito pop – ricordiamo ancora le collaborazioni con Thegiornalisti, Fabri Fibra, Fedez, Ermal Meta, Rancore, fino ad arrivare al recente brano “Defuera” (con il nuovo marchio DRD e con Ghali, Madame e Marracash) – Dardust ha costruito un tracciato diverso, plasmato in prima persona come esecutore e interprete. Una via espressiva “altra”, nutrita di rimandi diretti e indiretti che vanno dallo Ziggy Stardust di David Bowie al duo Dust Brothers (Chemical Brothers) – da qui, appunto, il nome Dardust – ad altri riferimenti quali Sigur Rós e Björk. Poli d’attrazione che lo hanno spinto a cercare la sua ispirazione viaggiando tra Berlino, Reykjavík, Londra ed Edimburgo, costruendo un personale mondo musicale tra neoclassicismo minimalista ed elettronica, declinato a partire dal 2014 in un progetto tripartito composto dagli album 7, Birth e S.A.D. Storm and Drugs, quest’ultimo uscito lo scorso mese di gennaio.

Dopo il blocco causato dalla pandemia da Covid19, Dardurst ha ripreso la propria attività live inventandosi lo spettacolo Lost in Space, un concerto-racconto in piano solo ispirato ai viaggi musicali documentati dai dischi precedenti. Un progetto che ha avuto la sua anteprima in live streaming all’inizio di giungo nelle sue Marche – e precisamente nell’Area Archeologica “La Cuma” situata in provincia di Fermo – e che, dopo le tappe di Segrate (MI), Castiglione del lago (PG) e Lignano Sabbiadoro (UD), atterra il prossimo 28 agosto a Rimini in occasione dell’UlisseFest. Proprio in vista di questo appuntamento abbiamo fatto due chiacchiere con Dario Faini / Dardust.

Come stai vivendo questo periodo di ripresa delle attività musicali dal vivo nella fase post pandemia?

«Cerco di vivere questa ripartenza in maniera positiva, mettendo l’energia giusta nei progetti che porto avanti. In particolare, la ripresa delle attività dal vivo mi vede impegnato, tra l’altro, in questo progetto che porterò anche a Rimini, quarta tappa di un tour che mi permette di riprendere il contatto con il pubblico, elemento sempre molto stimolante per il mio lavoro».

Nella tua vita professionale hai declinato le tue attività in diverse denominazioni, separando anche dal punto di vista della comunicazione le varie realizzazioni. Quali sono le principali differenze che distinguono i tuoi ambiti di produzione?

«Beh, diciamo che pensando alla mia produzione possiamo adottare la distinzione tra musica applicata e musica assoluta, già cara a Ennio Morricone, per me un maestro e una figura imprescindibile della musica di oggi. In questo quadro, da un lato c’è tutta quell’attività dedicata alle collaborazioni con altri artisti, che si declina in diverse modalità, ma che presuppone una mediazione tra la mia creatività e quella dell’artista con il quale collaboro in quel momento. Un equilibrio che cambia di volta in volta a seconda delle persone con le quali lavoro e del ruolo che ricopro, ma sempre molto stimolante proprio grazie al confronto e allo scambio che questo modo di lavorare comporta».

«Dall’altro lato c’è la musica assoluta, un campo di libertà creativa e sperimentazione che mi permette di seguire un istinto compositivo meno vincolato dal punto di vista stilistico. A questo ambito appartengono le produzioni che fungono da materiale per lo spettacolo che porto a Rimini, progetti discografici nei quali ho seguito un mio cammino personale, un percorso che va oltre gli steccati rappresentati dai generi musicali, seguendo un istinto creativo completamente personale».

Venendo a Lost in Space, il materiale sul quale si basa questo spettacolo è tratto da una trilogia aperta da un disco titolato 7, scritto e registrato a Berlino. Viene spontaneo pensare, fatti gli ovvi distinguo di epoche e stili, a Bowie e alla sua trilogia berlinese realizzata con la produzione di Brian Eno…

«In un certo senso è vero che mi sono in qualche modo ispirato a Bowie e alla sua produzione, soprattutto per il senso di libertà che ho ritrovato nell’andare a Berlino, luogo di scoperte, sperimentazioni e sviluppo di nuove intuizioni creative, esattamente come è stato nella seconda metà degli anni Settanta per lo stesso Bowie. Per me la struttura della trilogia è strettamente legata ai viaggi che ho compiuto da Berlino a Reykjavík e Londra, e rappresenta un percorso nel quale ho potuto ricercare liberamente una voce espressiva completamente e profondamente mia. Non mi piacciono le etichette tra generi musicali e stili, mi appaiono come delle gabbie: la dimensione che ho ritrovato in queste esperienze mi ha permesso di lavorare alla mia musica in totale libertà».

Una libertà disegnata come un viaggio cosmico…

«Sì, Lost in Space è pensato come un viaggio in dieci tappe più una, un tragitto che parte da Nettuno e arriva al Sole, toccando alcuni pianeti del sistema solare oltre alla Luna. Un racconto che parla della musica raccolta in e Birth, e che arriverà anche a toccare S.A.D. Storm and Drugs, senza però evocare quell’elemento relativo alla presenza dell’elettronica che ne caratterizza anche la declinazione dal vivo, con una seconda parte molto dinamica e da ballare, quasi un vero e proprio rave: una dimensione live di quest’ultimo disco che, se le condizioni lo permetteranno, potremmo riprendere forse dal prossimo autunno. In Lost in Space, invece, mi confronto con la dimensione solistica, a tu per tu con il pianoforte, alle prese con la sfida di reinventare il clima sonoro dei diversi brani attraverso il timbro acustico del piano».

A Rimini suonerai nell’ambito dell’UlisseFest, la festa del viaggio, e la domanda è inevitabile: cos’è il viaggio per te?

«Domanda difficile… Diciamo che per me il viaggio, proprio il concetto di viaggio è fondamentale. Rappresenta la voglia, anzi il bisogno di esplorare, di andare oltre la propria zona di confort, di cercare nuove esperienze e anche, perché no, di rischiare. C’è sempre un certo grado di rischio quando ci si mette a esplorare spazi e mondi nuovi, un po’ come ho fatto nei mei viaggi creativi a Berlino o a Reykjavík, o anche come cerco di fare avventurandomi da solo e senza rete nell’universo di Lost in Space».

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