Scarlatti "romano"

La musica sacra di Alessandro Scarlatti al Roma Festival Barocco

Recensione
classica
Basilica di Sant'Apollinare Roma
22 Novembre 2015
Il Roma Festival Barocco ha dedicato un concerto ad Alessandro Scarlatti, il maggior compositore del periodo tra Sei e Settecento. Palermitano di nascita, fu attivo soprattutto a Napoli e Roma, lasciando una quantità impressionante di capolavori in tutti i generi musicali, particolarmente l'opera, la musica sacra e la cantata profana. La sua musica sacra, fino a ieri quasi totalmente inesplorata, solo ora sta tornando alla luce grazie alle ricerche di Luca Della Libera, che ne ha già pubblicata una parte in edizione critica, tra cui le tre composizioni presentate ora nella basilica di Sant'Apollinare in un'esecuzione esemplare dall'irreprensibile Odhecaton, diretto da Paolo Da Col. Apriva il concerto un Miserere del 1708 per doppio coro a nove voci, commissionato a Scarlatti dalla Cappella Pontificia, che voleva avere un'alternativa al celeberrimo Miserere di Allegri. Scarlatti si attiene allo schema di Allegri - dalla regolare alternanza di polifonia e canto gregoriano ad alcuni dettagli minori - ma la forma e l'armonia sono più elaborate e vanno perse così la semplicità e la purezza straordinarie che rendono inimitabile il modello. Ma quello di Scarlatti è comunque un brano notevole per severità e raccoglimento, come il testo richiede. Molto diverso il secondo brano in programma, un Salve Regina, che fa parte dei Concerti Sacri del 1697, l'unica raccolta di musica sacra pubblicata da Scarlatti in vita, forse come omaggio di benvenuto al nuovo viceré spagnolo di Napoli. Il coro a quattro voci è qui arricchito dalle sonorità di due violini e del basso continuo ed è evidente l'attenzione barocca alle parole del testo e ne nasce quasi un teatro sacro, da porre accanto alle sculture e gli altari del Bernini. Ma il vero capolavoro è la Missa defonctorum a quattro voci e basso continuo, scritta forse per la morte del figlio dell'imperatore Carlo VI a pochi mesi d'età, nel 1717. È solo un'ipotesi ma è particolarmente suggestiva, perché questo commovente Requiem non ha un tono cupo e tanto meno terrifico ma è prevalentemente soave e affettuoso, concludendosi con serenità nel Cum sanctis tuis, quasi un gioioso saluto a chi parte per raggiungere dei compagni di gioco. È un esempio veramente ammirevole di unione tra polifonia d'eredità palestriniana e sensibilità barocca per gli affetti. Come bis l'Odhecaton ha offerto il Da pacem, Domine di Pärt, eseguito anch'esso splendidamente.

Note: Edizioni critiche di Luca Della Libera, pubblicate da A-R Editions

Direttore: Paolo Da Col

Coro: Odhecaton

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