Deludente Roméo et Juliette alla Scala

Non convince la Juliette di Nino Machaidze

Recensione
classica
Teatro alla Scala Milano
06 Giugno 2011
Nato per l'enorme spazio all'aria aperta della Felsenreitschule (Salisburgo 2008), l'allestimento di Roméo et Juliette compresso in palcoscenico a scena fissa scandisce l'azione introducendo oggetti posticci. A esempio, per evocare il convento un carretto con la croce che entra in processione, per il finale quattro sarcofagi trasparenti, con la falsa morta Juliette che raggiunge il suo a mo' di sonnambula. Tutto concorre ad appesantire la già gracile drammaturgia di Gounod. A questo si aggiunga che la regia di Bartlett Sher è quanto di più ovvio si possa immaginare, più interessata al folklore dei cortei mascherati, alla vitalità dei gruppetti facinorosi (nell'ouverture si assiste anche allo stupro di una cameriera) che ai protagonisti. Che finiscono per corteggiarsi come di regola può fare un tenore con un soprano. Nino Machaidze, attesissima alla prova di Juliette, è fascinosa e disinvolta, ma insiste troppo a bamboleggiare e a far mossette come in una soubrette da operetta, mentre rimane di ghiaccio quando affronta il dramma. La voce è risultata generosa, pur se ha avuto una sfortunata defaillance nel quarto atto che le ha attirato dei buu, ma poco duttile e flessuosa per Gounod e del tutto tetragona al francese. Pronuncia approssimativa e sillabe impastate, eppure il soprano aveva già sostenuto la parte a Salisburgo e nel 2009 anche a Venezia. Ben più convincente Vittorio Grigolo come Romeo. Di bell'aspetto, anche se con gestualità stereotipate, ha affrontato con decisione i momenti più impervi, dimostrandosi a suo agio nelle esplosioni di volume come nelle sfumature. Quanto all'orchestra il risultato è più che positivo. Il franco-canadese Yannick Nézet-Séguin è attento ai dettagli, alle necessarie dolcezze, senza però mai lasciar spazio agli sdilinquimenti sonori. Buona l'accoglienza del pubblico, con qualche dissenso per Franck Ferrari (Comte Capulet).

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