Undicimila corde al Festival Wien Modern 

11.000 Saiten, di G. F. Haas, per 50 pianoforti e orchestra da camera

11.000 Saiten (Foto Markus Sepperer)
11.000 Saiten (Foto Markus Sepperer)
Recensione
classica
Konzert Haus, Vienna
11.000 Saiten
01 Novembre 2023

Il festival Wien Modern alla seconda serata, del 1 novembre, ha presentato un brano stupefacente: 11.000 Saiten, per 50 pianoforti accordati a distanza di 2 cent [di semitono] e orchestra da camera (2020), di Georg Friedrich Haas. Il compositore, austriaco di Graz, è una delle stelle della musica contemporanea per brani ormai diventati classici come in vain, il Concerto per trombone e orchestra, o l’opera Morgen und Abend, su libretto dello scrittore norvegese Jon Fosse recentissimo Nobel. Il suo percorso artistico e accademico possiamo riassumerlo, un po’ semplificando, come scuola europea post-seriale filtrata dallo spettralismo francese, con alcuni aspetti di minimalismo statunitense. Ma serve solo come riferimento di cornice, perché Haas è compositore originalissimo. Attualmente ricopre la prestigiosa cattedra di Composizione alla Columbia University di New York. Non meno di rilievo per capire la figura di questo intellettuale le sue riflessioni coraggiose, e molto personali, di cui la recente autobiografia reca memoria (Durch vergiftete Jahren, che potremmo un po’ liberamente tradurre Anni avvelenati). Ma veniamo a 11.000 Saiten, cioè undicimila corde, perché questo numero è la somma delle corde percosse da 50 pianoforti. La composizione è stata commissionata dal Wien Modern, con il Klangforum Wien e la Fondazione Busoni-Mahler di Bolzano. A Bolzano in agosto si era tenuta la prima mondiale, grazie alla collaborazione del Conservatorio Monteverdi e alla partecipazione entusiasta e internazionale di decine di pianisti aderenti all’avventurosa call della Fondazione Busoni. Eravamo presenti, nell’hangar della Fiera di Bolzano, alla memorabile première, e ci sarà utile il confronto fra le due esecuzioni come filo narrativo per il lettore. A Bolzano l’acustica del sito ‘industriale’, enorme spazio in cemento, era connotata da un riverbero amplissimo, fino a 10” di delay del suono, mentre le 24 parti dell’orchestra da camera erano state raddoppiate con la Jugend Mahler Orchester. Il risultato era stato di travolgente tempesta sonora, nei tutti, suono su suono quasi a saturare le frequenze udibili (procedimento alla Ligeti, cui Haas più volte ha reso omaggio), mentre in zone meno dense perduravano oscillazioni, o vaghe risonanze; ci era sembrato un lavoro di splendida scrittura orchestrale, con la massa tellurica dei 50 pianoforti a fare da motore armonico. Consideriamo infatti che il pianoforte accordato al diapason più grave dista da quello più acuto di un semitono, e quindi il suono dell’insieme delle tastiere arriva in forma di fascia, un bordone densissimo. A Vienna il brano è stato allestito al Konzert Haus, più che secolare sala da concerto dall’acustica perfetta, con un’orchestra da camera di solisti a parti reali (straordinari gli strumentisti del Klangforum), e la compagine pianistica degli studenti del Dipartimento L. v. Beethoven della Universität für Musik und darstellende Kunst. Tutto molto compatto, facendo tesoro anche di correzioni e raffinamento della partitura che il complesso bolzanino aveva compiuto lavorando prima del debutto, con lo stesso Haas. L’acustica estremamente trasparente, quasi secca con il tutto esaurito dei 1.400 spettatori metteva alla prova il lavoro, che ne usciva rafforzato, convincente; se ne coglievano dettagli di sublime mélange orchestrale, come ad esempio il diafano inizio: corde pizzicate, arpa e cembalo, punteggiature di metallo -celeste e vibrafono- fascia di fisarmonica, e subito archi in ppp, i pianoforti arriveranno al terzo minuto con un crescendo cromatico impressionante. Tutta l’energia dell’esecuzione era molto ben direzionata e meno riverberata e, anche se a volte la secchezza produceva qualche esilità nelle zone più deserte della partitura, tutto consentiva al pubblico una fruizione più analitica e meno fusionale. Ne risaltava sapienza costruttiva, raffinatezza armonico-orchestrale, e soprattutto solidissimo impianto formale, per 66 minuti di attenzione sempre ridestata, colpita da rimandi anche spaziali fra tastiere lontane e strumenti, scossa dal terremoto in ff con un tuono di grancassa, abbandonata in decrescendo di armonici e cromatismi sovracuti, con un finale in pp di cluster e lievi glissandi a dirci addio. O meglio: arrivederci. La produzione ha impegnato così intensamente tutti gli attori in gioco, committenti, organizzatori, esecutori (il team di accordatori! santi subito) che, grazie alla sponsorship dei pianoforti Hailun, sarà a Praga allo Spring Festival in giugno, e ad Amsterdam e Pechino nel corso del 2024. Vale un viaggio. 

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