Un giovane argentino da Beethoven a Xenakis

Alejo Pérez sul podio per il secondo appuntamento sinfonico all'Opera di Roma

Recensione
classica
Teatro dell'Opera di Roma Roma
10 Gennaio 2016
Dicembre e gennaio stanno vedendo alcuni giovani sudamericani protagonisti sul podio delle due orchestre romane, le sole due sopravvissute delle quattro che erano fino a due anni fa. Dopo un venezuelano e un colombiano è ora la volta dell'argentino Alejo Pérez, giustamente e - possiamo dire - doverosamente confermato all'Opera dopo l'eccellente prova data tre anni fa nel Naso di Shostakovich. Anche il "pezzo forte" di questo suo concerto era di un autore russo, la Sinfonia n. 5 di Prokof'ev. L'avevamo sentita appena un anno fa con Valery Gergiev e l'Orchestra del Mariinsky, che ne avevano esaltato il carattere "meccanico", dandole sonorità sempre aggressive e tese, implacabili e materiche. Pérez è più duttile, non si tira indietro davanti ai momenti di motorietà meccanica, ma coglie anche molte pagine di eleganza neoclassica e passi di elasticità danzante. In ogni istante della vasta e complessa partitura il suo gesto limpido e preciso dà un totale senso di sicurezza all'orchestra, che risponde scattante e compatta come un sol uomo. Una bellissima esecuzione, salutata dal folto pubblico (c'era il tutto esaurito) con applausi convinti. Prima si era ascoltato un raro pezzo di Iannis Xenakis, Metastaseis, che nel 1954 precorreva i tempi e apriva un mondo sonoro nuovo. Al compositore greco nuoce essere sempre etichettato come inventore della "musica stocastica", che fa pensare ad aridi e astrusi calcoli matematici: questo pezzo invece ha colori, dinamismo e tensioni, è insomma un pezzo bellissimo, che si può tranquillamente ascoltare e apprezzare come qualsiasi musica valida, senza pensare alla matematica. La direzione "cartesiana" di Pèrez è di grande aiuto per sbrogliare la matassa e rendere chiara e comprensibile l'idea di Xenakis. Completava il programma il Concerto n. 3 di Beethoven, nell'esecuzione piuttosto piatta e meccanica del pianista François-Frédéroc Guy. Pérez ha fatto anche qui bene la sua parte, ma non è bastato per capire come si comporta davanti ai grandi classici, però la sensazione è che questo giovane argentino sia molto più di una promessa. Che abbia molte frecce al suo arco lo conferma il fatto che al festival di Salisburgo lo considerano un direttore "francese" e gli hanno affidato Werther nel 2015 e Faust nel 2016. E tra qualche giorno, sempre all'Opera, lo si potrà ascoltare nella Cenerentola.

Interpreti: François-Frédéroc Guy, pianista

Orchestra: Orchestra del Teatro dell'Opera di Roma

Direttore: Alejo Pérez

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