Un Flauto Magico lineare ed elegante

È stato un allestimento lineare, elegante e nella media buono, quello di Die Zauberflöte firmato da Pizzi per l'apertura dello Sferisterio 2006: punti forti proprio la regia e alcune componenti musicali (soprattutto il Tamino di Dmitry Corchak).

Recensione
classica
Macerata Opera Macerata
Wolfgang Amadeus Mozart
28 Luglio 2006
Scenografia lineare ma assai elegante: un grande tempio di fogge neo-classiche e architettura simmetrica (ben calato nell'architettura dello Sferisterio) articola con efficacia lo spazio atipicamente oblungo del palco, nel quale Pizzi può muovere bene i personaggi (le uniche asimmetrie, piccoli particolari di rottura e imperfezione a destra, servono a farli entrare da lì, a simboleggiare l'inizio del percorso iniziatici) e sfruttare le cromìe, delle luci - curate da Sergio Rossi, calibrate sul grigio-pietra del tempio - e dei costumi, giocati sullo spettro nero-grigio-bianco-rosso. Si coglie saltuariamente la perfettibilità di qualche particolare, ma è la regia il punto forte di un allestimento nella media buono, anche musicalmente, laddove si fanno apprezzare l'ottimo Tamino di Dmitry Corchak, la pulizia e l'affiatamento delle Tre Dame (Sara Allegretta, Giacinta Nicotra e Victoria Massey), l'ottima realizzazione complessiva del ruolo di Papagena da parte di Elena Rossi, e la prova positiva dell'Orchestra Regionale delle Marche. L'allestimento funziona comunque con professionalità e gioco di squadra, nonostante alcune componenti siano ampiamente migliorabili: Angeles B. Gulin (Pamina) manca a volte d'appoggio e scivola su passi significativi delle proprie arie, Andrea Concetti è un buon Papageno con una resa un po' rigida del tedesco recitato, Victoria Joyce si difende bene come Regina della Notte, Thomas Morris caratterizza vocalmente fin troppo Monostatos, Panajotis Iconomou (Sarastro) fraseggia bene ma non ha bassi, il Coro Lirico "Bellini" fa fatica qua e là. Guillaume Tournaire governa onorevolmente il tutto, ma con poche nuance (concentrate più nel 2° atto) e una certa mancanza di direzionalità nei tempi.

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