Pittura e musica

Indagando sui rapporti tra Russolo e Boccioni

Recensione
classica
Non dimentichiamo che Russolo era pittore, non musicista, e che quindi tutto il discorso sugli intonarumori deve essere visto da questa prospettiva. «La sua esperienza pittorica» spiega Luciano Chessa durante il workshop bolzanino «era stata prima simbolista, poi si diresse verso quella geniale reinvenzione del cubismo che è il dinamismo plastico futurista, in cui la figura non scompare, ma viene dissolta, trasfigurata dal suo movimento. Russolo e Boccioni avevano l’ambizione di creare pittoricamente un universo. Per questa ragione ho inteso l’arte dei rumori come ricreazione sintetica del mondo: anzitutto in quanto molteplicità caotica dei vari suoni, dei vari timbri, poi con l’idea che questi raggiungano un punto di fusione in cui l’autore sintetizza il caos e crea un’armonia del mondo intesa come armonia d’unità. Boccioni parla di “unità” come momento in cui lo scontro di diversi colori e diverse forme raggiungono una sintesi e diventano riconducibili ad un unico momento chiave, che agisce spesso come simbolo. Sono convinto che Russolo abbia applicato al suono, nell’arte dei rumori, i concetti che aveva sviluppato con Boccioni in pittura: [in Russolo] hai il caos dei vari timbri, però forte è l’idea che questi timbri caotici possano raggiungere un punto di fusione in cui il caos viene riconciliato in questo senso di unità cosmica». Un’operazione metafisica quella di Russolo, che, al contrario di quello che si potrebbe immaginare ascoltando gli stridii degli intonarumori, non cercava di ricreare il caos, ma nutriva la speranza di ricreare un organismo unico. Ecco perché le ricostruzioni parziali dell’orchestra futurista degli ultimi trent’anni non hanno soddisfatto Chessa, portandolo alla ricomposizione dei primi 16 strumenti, vale a dire della prima serie di intonarumori così come apparvero sul palco nel primo concerto della loro storia, datato agosto 1913. Durante le giornate di lavoro presso l’ex-Alumix di Bolzano, il gruppo di studenti del Conservatorio di Trento sta affrontando diverse partiture, che prevedono formazioni da 6 a 16 strumenti. Solo due sono le partiture storiche, mentre altre dodici sono state scritte da autori contemporanei che si sono messi alla prova (anche lo stesso Luciano Chessa) per sfruttare la gamma espressiva degli intonarumori. Domani arriverà Blixa Bargeld ad illustrarci “The Mantovani machine”. Vi racconteremo….

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