Matthew Herbert suona la guerra a Transart

Il nuovo progetto dell'autore britannico parte dai bombardamenti della Libia

Recensione
classica
Transart Bolzano
27 Settembre 2012
Cambio di programma all'ultimo minuto per il concerto di Matthew Herbert a Transart. L'artista britannico ha presentato ieri sera la sua nuova opera in prima esecuzione assoluta The end of silence nei capannoni di un'azienda che si occupa di carpenteria in legno, l'ennesimo spazio industriale che il festival contemporaneo bolzanino ricerca anno dopo anno per ambientare le sue proposte di forte sperimentazione artistica. Diversamente da quanto annunciato, l'opera di Herbert non si è basata sulla fonte sonora registrata durante il crollo delle Twin Towers, bensì sui recenti bombardamenti in Libia. La decisione dell'autore, come ha spiegato il direttore artistico Kainrath aprendo la serata, è maturata dal suo incontro con un giornalista che ha vissuto quei giorni di guerra, i cui racconti ed immagini hanno spinto Herbert a creare un'opera realmente noisy sulle violenze, la più forte e rumorosa di tutto il cartellone del festival. E così è stato. Su un palco ricreato tra gli scatoloni della Rothoblaas, difronte a un numeroso pubblico di neofiti ed affezionati, Herbert si è esibito assieme a Sam Beste, Tom Skinner e Yann Seznec in una performance impattante di un'ora, scandita visivamente dalla gestualità necessaria per gli strumenti elettronici in primo piano, azionati da lunghi fili rossi, quasi movimenti arcaici delle Parche tessitrici nella suggestione indotta dallo spaesamento sonoro di una guerra. Si parte dal terrificante caos delle bombe per arrivare a sezioni ritmicamente più definite, ma non si tratta dell'atmosfera sofisticata di One One, non c'è lo swing come in There's Me and There's You, non si balla alla One Club. Siamo in un capitolo oscuro che diventa chiaro messaggio politico, perché la fonte sonora è la guerra e non c'è arte che la renda piacevole.

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