Lo sguardo di Macbeth

A Bologna l’opera di Verdi in un nuovo allestimento di Jacopo Gassman, al debutto nella regia lirica, con la direzione di Daniel Oren

Macbeth (Foto Andrea Ranzi)
Macbeth (Foto Andrea Ranzi)
Recensione
classica
Bologna, Comunale Nouveau
Macbeth
12 Aprile 2024 - 18 Aprile 2024

La storia del Macbeth di Giuseppe Verdi al Teatro Comunale di Bologna, iniziata solo due anni dopo il successo dell’esordio fiorentino, è lunga e segnata da presenze importanti. Per restare alle sole regie, fra le firme più recenti ci sono quelle di Luca Ronconi e di Robert Wilson, autore dell’allestimento più recente che comunque risale a una decina di anni fa. Ultimo a misurarsi con il capolavoro della giovinezza di Verdi è Jacopo Gassman, nome importante, vent’anni di teatro di prosa alle spalle e che proprio con questo titolo debutta nella regia lirica. Nello palcoscenico non facilissimo del Comunale Nouveau, il regista opta per uno spettacolo di elegante linearità anche nel segno scenografico di Gregorio Zurla e nei costumi dalle linee altrettanto essenziali anche nelle scelte cromatiche e senza chiare connotazioni temporali di Gianluca Sbicca. La chiave dichiarata (anche nella sua recente intervista  al gdm) è fortemente introspettiva e centrata sulla coppia protagonista. Una certa timidezza nei movimenti delle masse è risolta con un accorto uso di sipari e pannelli scorrevoli che ridisegnano abilmente lo spazio tutto in orizzontale e definiscono spazi mentali privi come sono di coordinate precise. Parco anche nell’uso di immagini nel grande LED-Wall che fa da fondale, è invece piuttosto efficace nel costruire immagini incisive con i corpi dei suoi interpreti. Una su tutte, quella sull’Ouverture con Macbeth in controluce che guarda noi spettatori, come anche nel simmetrico finale, affatto rassicurante, come se Macbeth, risparmiato da Macduff in questa versione, continuasse a vivere come eternamente vive il male che è in tutti noi.

Se le immagini della scena sono spesso giocate su contrasti di luce e ombra, la direzione musicale di Daniel Oren si muove piuttosto in un mondo fatto di ombre e, verrebbe da dire, di silenzi. Tempi sempre distesi e mai febbricitanti, all’Orchestra del Teatro Comunale Oren soprattutto sollecita e ottiene un suono brunito e denso e un esemplare equilibrio con le voci in scena. I protagonisti del primo cast Roman Burdenko e Ekaterina Semenchuk cedevano il passo nella seconda delle recite del cartellone a George Gagnidze e Daniela Schillaci: se il primo, in evidente difetto di prove, si affidava soprattutto alla rodata e solida professionalità in una sorta di omaggio alla tradizione, più aderente alla sobrietà del disegno registico era invece la seconda, non esattamente “brutta e cattiva” come voleva Verdi ma e dotata di uno strumento vocale robusto e dagli acuti taglienti come lame. Di grande classe vocale il Banco di Riccardo Fassi così come il Macduff di Paolo Antognetti, quest’ultimo protagonista con il Malcolm di Marco Miglietta di una trascinante “Patria tradita” nel quarto atto. Di delicata espressività la Dama di Lady Macbeth di Anna Cimmarrusti e del medico di Kwangsik Park. Di grande valore, infine, l’apporto del Coro del Teatro Comunale preparato da Gea Garatti Ansini, che in “Patria oppressa” offre uno dei momenti musicali più alti della serata.

Alla seconda recita sala gremita da un pubblico informale e giovane, molto generoso di applausi per tutti.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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