Lilya Zilberstein e Daniele Gatti alla Chigiana

Mozart e Ciajkovskij in Piazza a Siena con l’Orchestra del Maggio Musicale Fiorentino

Lilya Zilberstein, Daniele Gatti (Foto Roberto Testi)
Lilya Zilberstein, Daniele Gatti (Foto Roberto Testi)
Recensione
classica
Piazza del Campo, Siena
Lilya Zilberstein, Daniele Gatti
19 Luglio 2023

Il concerto in Piazza del Campo è stato ideato nel 2021, in piena epidemia di Covid19, per accogliere un buon numero di spettatori nel pieno rispetto delle regole sul distanziamento e allo stesso tempo per raggiungere potenzialmente tutti gli italiani grazie alla doppia diretta - televisiva e radiofonica - della RAI. Quest’iniziativa non è finita col Covid, anzi quest’anno i concerti in piazza sono due e sono diventati i momenti di maggior coinvolgimento dei senesi nelle attività dell’Accademia Chigiana, grazie al luogo in cui si svolgono, al nome degli interpreti e alla popolarità dei programmi.

Questa volta erano circa duemilacinquecento gli spettatori muniti di biglietto e altrettanti e forse più erano quelli in piedi dietro le transenne o seduti ai tavoli dei ristoranti, caffè e pizzerie che cingono la piazza. Questo è il bello dei concerti in piazza. Erano meno il vocio e il rumore di stoviglie provenienti dai quei locali - particolarmente fastidiosi durante i “pianissimo” - e l’acustica dispersiva, a cui poneva rimedio l’amplificazione, inizialmente non molto ben equilibrata ma rapidamente sistemata.

Lilya Zilberstein e l’Orchestra del Maggio Musicale Fiorentino diretta da Daniele Gatti hanno iniziato con il Concerto n. 23 in la maggiore K 488 di Mozart, offrendo un’esecuzione semplicemente perfetta di un capolavoro esemplare di quella perfezione che è stata a lungo considerata l’essenza del classicismo mozartiano. Nel primo movimento il suo suono della Zilberstein è sempre limpido e luminoso, il fraseggio equilibrato e scorrevole, le dinamiche attentamente calibrate. Tra il pianoforte e l’orchestra di Gatti più che dialogo c’è totale fusione, perché questo movimento esige omogeneità di suono e non vuole contrasti. Nell’Adagio in fa diesis minore il pianoforte si isola in una solitudine pensosa, malinconica e desolata, ma anche qui la Zilberstein non cede assolutamente al sentimentalismo romantico e rimane in un empireo d’incontaminata bellezza, dove - precisamente nella sezione centrale in la maggiore - anche la malinconia è circonfusa di una luce serena. Pianista e direttore sono perfetti anche nel brillante finale, un Allegro assai in cui il pianoforte instaura un vivace dialogo (ora sì) con l’orchestra, che risponde brillantemente, mettendo in luce il valore delle sue prime parti.

Senza intervallo si passa in un mondo totalmente diverso con la Sinfonia n. 6 in si minore op. 74 di Čajkovskij, la “Patetica”, iperromantica, ipersentimentale, iperdrammatica. Ma davvero è così? Gatti non è totalmente d’accordo e ci convince delle sue ragioni. Certamente l’Adagio introduttivo suona meno cupo e pessimista del solito anche per quell’accompagnamento di stoviglie e di allegro chiacchiericcio di cui si è detto sopra. Poi Gatti infonde una penetrante nostalgia alla prima parte dell’Allegro non troppo, ma senza eccessi sentimentali, anzi con un nitore ed un equilibrio che - sarà per quel che si era appena ascoltato - si vorrebbero quasi definire mozartiani. Fino a quando non compare il fato, minaccioso, tragico: un’irruzione drammatica, molto teatrale, senza alcuna transizione e preparazione, come farà poi Mahler nelle sue sinfonie, ma non nella prima, che precede la “Patetica” di cinque anni. Con l’indicazione di tempo Allegro con grazia il secondo movimento autorizza, anzi sollecita, l’eleganza e la levità che Gatti ottiene dall’orchestra. Segue uno Scherzo sui generis, cui Gatti dà un passo veloce e leggero come quello degli elfi del Sogno d’una notte di mezza estate e di altri Scherzi di Mendelssohn, che furono un modello per tanti compositori dell’Ottocento. Il movimento finale è – come deve essere –  un addio alla vita, ma non ostenta la disperazione e anzi esprime rassegnazione e distacco da questo mondo, finché un altro improvviso cambio di scena non ci precipita in un’atmosfera funerea, senza un barlume di luce e di speranza: qui l’interpretazione di Gatti è agghiacciante e tremenda proprio in quanto evita ogni atteggiamento esteriore e ogni facile sentimentalismo. Anche il suo gesto, sempre molto misurato e privo di enfasi, dice molto di come non voglia puntare sugli effetti, sul sentimentalismo e sulla teatralità di questa Sinfonia, che forse è proprio quel che il pubblico della piazza si aspetterebbe dalla “Patetica”. Infatti gli applausi esprimevano ammirazione più che entusiasmo, mentre in una piazza così bella e in una sera così calda ci si immaginerebbe un pubblico più caloroso. 

 

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