Harding fra bello e sublime

Il direttore alla guida della Mahler Chamber Orchestra per l'Associazione Scarlatti

Recensione
classica
Associazione Alessandro Scarlatti Napoli
09 Ottobre 2016
Al secondo concerto della stagione dell'Associazione Scarlatti è protagonista il direttore Daniel Harding con la Mahler Chamber Orchestra. Un concerto autorevole dove il segno dell'invenzione interpretativa della bacchetta inglese crea appeal e curiosità - si ripresenta al pubblico napoletano con un abito sinfonico, [i]n. 39 K. 543[/i], [i]n. 40 K. 550[/i] e la [i]Jupiter[/i] di W. A. Mozart. E ci si sorprende sempre per nuove riletture in un universo sinfonico di infinite possibilità. Su tutto è la concertazione di Harding a valorizzare la ricca trama sinfonica, con intelligenza e perfezione formale. Essa è assai appassionata, selvaggia e patetica, piena di slancio, delicata e festosa. Il principio del contrasto timbrico e sonoro barocco sembra essere la scelta attraverso la quale Harding guida l'orchestra. Equilibrio tra dimensioni e proporzioni caratterizzano l'Adagio e Andante con Moto della [i]Sinfonia in Mi bemolle maggiore[/i]. Curato il Minuetto. Non un gran suono all'inizio, un po' grezzo, soprattutto gli archi: meglio legni e ottoni, per tutto il concerto. L'incrocio perfetto di eroismo e di genialità è raro: ma in compenso nulla è abbandonato alla velleità e alla casualità. Dinamiche ed equilibri per un buon ascolto non mancano. Una miscela timbrica sapiente però si raggiunge con una stupenda tinta brunita soltanto sul finale Allegro e dopo un respiro, che non basta neanche per gli applausi, si attacca immediatamente l'Allegro della [i]n. 40 in sol minore[/i]. Il contrasto di volumi, le modulazioni che sembrano effetti timbrici, il carattere inaspettato del Trio # incisivo e sempre declamato – a preparare davvero l'Allegro finale, acquistano significato decisivo e divengono connotazione di stile e di personalità per Harding. Manca un po' di tensione nelle pause e modulazioni, tensione assoluta, quella alla Karajan. Harding è stato spesso oggetto di aspre critiche, sopratutto in Italia, a causa di uno spirito spesso leggero, delicato, decisamente naïf: nessuno può negargli la misura classica dei tempi direttoriali ed il fascino del suo gesto – sempre compatto, omogeneo e lineare. Pur in una sala già adibita alla musica del Teatro delle Palme di Napoli, con acustica comunque da riverificare, l'orchestra talora si scopre stridente: Harding nella seconda parte fa una [i]Jupiter[/i] in stile antico, pre-Abbado, lento lento nell'Andante, e un po' nervosa nel fraseggio dopo. Diciamo pure che Harding sembra essere lì tra il bello e il sublime, tra l'ingenuità del calcolo e la spontaneità dell'effetto. Manca contemplazione, e in queste tre ultime di Mozart l'introspezione è più che evidente. Per la Scarlatti, ottimo il ritorno all'antico con la "nuova" versione del programma di sala.

Orchestra: Mahler Chamber Orchestra

Direttore: Daniel Harding

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